..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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venerdì 30 marzo 2018

Il potere fa l’uomo ladro


Parlare di corruzione su un giornale anarchico potrebbe sembrare superfluo: la corruzione è infatti strettamente connessa all’esercizio del potere, quindi se il problema sta là, nel potere, la soluzione non può che essere l’abolizione del potere. Ma Sicilia libertaria è un giornale rivolto prevalentemente ad un pubblico non anarchico, con cui ci piace dialogare e approfondire le cose. Così preferiamo non dare per scontato quello che per noi scontato è.
Tanti, tantissimi, in questi giorni, hanno provato l’ebrezza di provare a sostituire i governanti tradizionali con altri nuovi, puliti, espressione autentica del popolo, addirittura rivoluzionari. Ne scriviamo in altre parti del giornale, quindi, tralasceremo di commentare l’esito elettorale in questo articolo; però ci pare degno di interesse constatare come, da parte di soggetti e realtà organizzate che si definiscono antagonisti e anticapitalisti, e fanno parte delle varie scuole della sinistra, si riproponga l’ennesima illusione (che per essi non è tale, ovviamente) che basti cambiare i vertici dello Stato o del Governo, basti prendere il potere, e le cose cambieranno in meglio.
Scriveva Carlo Cafiero oltre un secolo fa: “Il potere ubriaca, ed i migliori, investiti di autorità, diventano pessimi”. Sono parole semplici, ma estremamente sagge, e collimanti con gran parte delle culture popolari che da sempre sostengono le stesse cose. Nel Sud Italia un proverbio sostiene che “U cumannari è megghiu du futtiri”, e chissà perché comandare dovrebbe essere meglio del fottere, se non per quei privilegi, quelle godurie materiali ma anche spirituali, che l’esercizio del comando permette? Tanto è vero che stiamo ancora aspettando un potere che non solo a parole o nelle carte costituzionali, faccia davvero gli interessi del popolo, ovvero della massa dei subalterni che rappresentano la maggioranza del popolo. E difficilmente diventeremo ”così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni”, per citare un compagno che ci manca tanto.
Tornando alla corruzione, pertanto, essa è l’arte dell’essere “pessimi” di cui parlava Cafiero; mentre per un altro anarchico, Alexandre Berkman: “L’autorità corrompe chi la possiede e degrada chi ne è vittima”.
Può sembrar strano, ma stiamo ripercorrendo sentieri dialettici che nel 1871 e seguenti animarono il dibattito in seno all’Internazionale e portarono alla separazione/rottura tra l’anima marxista e quella antiautoritaria; quest’ultima sosteneva a spron battuto che il potere corrompe, e come fosse errato non prendere in considerazione gli aspetti psicologici, oltre che morali e poi materiali, connessi alla gestione del potere, dichiarando che lo scopo primario del proletariato dovesse essere non la conquista bensì l’abolizione del potere politico.
Le cronache quotidiane sono uno sgranare continuo del rosario dei cosiddetti scandali, in cui esponenti della politica, della pubblica amministrazione, del mondo finanziario, della chiesa, delle forze armate, ecc., sono coinvolti in fatti corruttivi, generalmente ruotanti attorno a arricchimenti illeciti, controllo di appalti, avanzamenti di carriera, favoreggiamento, e così via; fatti in cui spesso compaiono come attori comprimari la mafia o una delle tante organizzazioni criminali di cui è ricco il nostro paese. Nel 1991 crollarono il vecchio sistema dei partiti e quella che fu definita “prima Repubblica” in seguito alla scoperta della vastissima rete di corruzione, ruberie, malaffare in cui tutti i partiti erano coinvolti. Da allora sono cambiati i nomi di quasi tutti i partiti, sono cambiate le modalità di formazione della classe dirigente, una volta scomparse le vecchie scuole socialista, comunista e democristiana, ma la corruzione non solo non è diminuita, ma si è dimostrata per quello che è: un fattore endemico del sistema. I moralisti che provarono a rimpiazzare la vecchia classe politica – fra tutti pensiamo a un Di Pietro e la sua Italia dei Valori, e a un Bossi e la sua Lega Nord – sono inciampati in scandali che li videro diretti protagonisti di ruberie, distrazione di somme pubbliche, arricchimento illecito.
Nel 1988, prima di “mani pulite”, uscì un libro di Franco Cazzola, intitolato “Della corruzione”, in cui l’autore si sforzava di denunciare come si trattasse di un fenomeno patologico del sistema politico. A pag. 15 scriveva: “Sappiamo tutti che la corruzione c’è sempre stata, ha fatto la sua parte in ogni sistema sociale e politico; sappiamo che ciò che spinge a corrompere e a farsi corrompere è un insieme di passioni e interessi individuali o di gruppo quali la ricerca del guadagno, il desiderio del potere, la ricerca di uno status superiore nelle diverse gerarchie; e che tutto questo è in gran parte insito nella natura umana”.
Certo che questo ombrello della “natura umana” ne ha salvati di discorsi: la delinquenza, la violenza, l’invidia, il possesso, la proprietà, e quindi non poteva mancare la corruzione. Si tratterebbe di una sorta di condanna, che si va a trasformare in assoluzione per chi si lascia trasportare dalla propria natura.
Il fatto è che l’occasione (il potere) fa l’uomo ladro, ed è proprio l’occasione quella che va rimossa; bisogna diffondere e fare emergere il senso del collettivo, degli interessi comuni, della solidarietà, connessi con la possibilità (che va conquistata) di poter decidere tutti, dal basso, in organismi assembleari piccoli, federati tra loro, con compiti affidati a rotazione, con distribuzione delle competenze e dei ruoli, per eliminare le cause della corruzione. Ma “collettivo”, “interessi comuni”, vanno contestualizzati: non stiamo parlando “di tutti”, ma di chi è escluso, di chi vive nelle parti basse della piramide sociale e sopporta il peso dello sfruttamento, dell’oppressione, delle angherie, della corruzione. Utopia? Si certo. Anche sognare è un lusso che ci è sempre più negato, per farci adagiare sullo squallore di una quotidianità ingrigita.
Si può essere corrotti e corruttori; i secondi hanno bisogno dei primi, che da vittime possono trasformarsi in complici. Un piccolo favore fatto da un grande boss della politica o della criminalità, ti lega per sempre al sistema. Non esistono piccole e grandi corruzioni: l’una è sempre funzionale all’altra. Si comincia quasi sempre col poco. E’ inutile fare distinzioni, perché se cambiano le quantità, non muta la sostanza: è solo questione di tempo…
Il moralismo, la legalità, sono delle trappole: le leggi e le regole sono fatte per proteggere le ricchezze e le grandi proprietà; la legge non è “uguale per tutti”. Spesso c’è una corruzione legale o morale, fatta di applicazione di norme, leggi, regole vessatorie che assicurano lo stesso risultato a classi di privilegiati: ricchezza e potere, a danno, come sempre, della maggioranza. E allora si torna all’inizio del discorso: il problema sta nel potere.

lunedì 26 marzo 2018

Èmile Armand e l’individualismo

L’azione individualistica anarchica consiste nello sviluppare l’odio, il disgusto, il disprezzo personale per la dominazione dell’uomo sull'uomo per mezzo dell’uomo, delle collettività sopra o per mezzo dell’individuo. Consiste nel creare uno spirito di critica permanente ed irriducibile verso le istituzioni che insegnano, mantengono, preconizzano la dominazione degli uomini sopra i loro simili. E non soltanto contro le istituzioni, ma altresì contro gli uomini che queste istituzioni rappresentano, poiché e per opera di quelli che conosciamo queste. Infatti l’autorità è un astrazione, la si conosce solo attraverso i suoi rappresentanti e i suoi esecutori, esiste, per ciascuno di noi, sotto forma di deputati, giudici, gendarmi, carcerieri, agenti delle imposte, contribuenti, elettori.
Per Armand l’anarchismo è innanzitutto una filosofia di vita, non è solo un modo di praticare i rapporti sociali ma anche di vedere il mondo. Egli afferma che l’anarchico, nel senso forte della parola, è quell'individuo che esprime un’insofferenza esistenziale contro ogni forma d’autorità, che lotta contro il potere perché, prima di tutto, questo lo opprime direttamente, poi perché opprime anche gli altri. Naturalmente non vengono sottovalutate le possibili considerazioni sociali, collettive e interumane, ma il fattore determinante è rappresentato dall'azione condotta in prima persona, nel senso che è sempre il singolo soggetto l’alfa e l’omega di ogni riferimento giustificativo della prassi, la vera e unica certezza che dà valore agli scopi della lotta, la sola fonte che illumina la condotta umana.

martedì 20 marzo 2018

Voto, cambiamento, prospettive.


La vittoria del Movimento 5 Stelle alle elezioni politiche denota un voto di protesta sensibile alle sirene populiste, forse post-ideologico, ma che proviene sicuramente una richiesta di cambiamento. Dall’altro lato c’è un rafforzamento della Lega, che assorbe voti di Forza Italia e fascisti, e frena quelli delle frange più estreme interne od esterne alla coalizione.
Si può parlare di uno spostamento a destra in una situazione in cui da anni il liberismo ha cancellato buona parte dei diritti sociali, dalle pensioni alle norme sul lavoro, ridotto i servizi, dalla sanità alla scuola ai trasporti, rapinato i redditi più deboli in favore delle minoranze ricche, adottato politiche securitarie e sostanzialmente razziste in materia di immigrazione? Il PD, che ha assicurato queste politiche di destra, ora ne paga lo scotto poiché da questo partito gli elettori si attendevano “qualche parola di sinistra”.
Il fallimento della lista della sinistra in doppio petto di Liberi e Uguali ci indica come all’interno della macchina elettorale le posizioni che si richiamano al socialismo non trovano più sponda. L’astensionismo ha ulteriormente accresciuto la sua quota attestandosi sul 27% (37% in Sicilia), segno che, nonostante tutto, i tentativi di intercettarlo da parte sia dei 5 Stelle che del centro destra che, soprattutto da parte dei gruppi della cosiddetta sinistra antagonista (tutti assieme rastrellano l’1,5%), sono miseramente falliti.
Al momento in cui scriviamo le prospettive di formare un governo sono abbastanza nebulose; se non si attua una qualche ammucchiata difficilmente ci sarà un nuovo governo e si dovrà tornare a votare. E’ anche vero che, viste le dichiarazioni di responsabilità che in questi momenti tutti si affrettano a fare, l’ammucchiata PD-centro destra, o 5 Stelle-PD, o Lega-5 Stelle, o un governo di minoranza con appoggio esterno, potrà alla fine prevalere, con il pretesto della stabilità, o magari con lo scopo di modificare la legge elettorale.
Le due formazioni uscite comunque vincenti (5 Stelle e Lega) hanno adottato le posizioni più vicine alla pancia degli elettori, pur continuando a rassicurare banchieri e capitalisti sulla loro serietà e responsabilità. In materia di reddito di cittadinanza, di abolizione della legge Fornero, di lavoro, di tasse, si sono sbilanciati alquanto rincorrendo l’elettorato; i primi giocando sul fatto di essere ancora vergini di esperienza governativa; i secondi accentuando i toni canaglieschi e xenofobi facendo leva sulle difficoltà della gente in questi anni della crisi economica. Ciò però ci indica che, al di là dei risultati, la società mantiene una forte esigenza di riscatto, che emerge dalla crescente astensione e dai voti espressi, ma che questa esigenza non è raccolta dai partiti storici della sinistra, oramai in pieno naufragio. Nemmeno le forze che si muovono sul piano extraparlamentare ed extraistituzionale, tuttavia, riescono a offrire una prospettiva adeguata, se non in misura settoriale e localistica, e questo pone più di un interrogativo sulle strategie adottate, sulla capacità di tessitura sul territorio, sulla messa in pratica di percorsi di reale unità d’azione.
Lo abbiamo scritto in uno degli articoli sulla vicenda elettorale di Potere al Popolo: probabilmente il maggior disagio provato da questi settori è stato, nel tempo, quello di sentire che i propri sforzi nelle lotte quotidiane cozzassero con la difficoltà di potere incidere sulla società nel suo insieme; l’abbiamo definita una questione legittima e che sentiamo tutti come pregnante. Le soluzioni adottate per cercare di dare una risposta, però, ci sono sembrate inadeguate e fuorvianti. Con la voglia di cambiamento espressa dal voto; con l’enorme sfiducia che quasi un terzo della popolazione che non vota, esprime, c’è sicuramente molto spazio per agire dal basso, a partire da un collegamento di tutte le iniziative e le realtà sociali, unica via per dotarsi di prospettive autentiche di cambiamento.

Pippo Gurrieri

sabato 17 marzo 2018

L’ideologia è la pietra sulla tomba dell’insorto

La rivoluzione cessa dall’istante in cui bisogna sacrificarsi per essa. Perdersi e feticizzarla. I momenti rivoluzionari sono le feste in cui la vita individuale celebra la sua unione con la società rigenerata. L’appello al sacrificio vi suona come una campana a morto. Quando Vallès scrive: ”Se la vita dei rassegnati non dura più di quella dei ribelli, tanto vale essere ribelle in nome di un idea”, egli resta al di qua del suo proposito. Un militante non è mai rivoluzionario che contro l’idee che accetta di servire.  Il Vallès combattente per la Comune è dapprima il ragazzo, poi il baccelliere che recupera in una lunga domenica le eterne settimane del passato. L’ideologia è la pietra sulla tomba dell’insorto. Vuole impedirgli di resuscitare.
Quando l’insorto comincia a credere di lottare per un bene superiore, il principio autoritario cessa di vacillare. L’umanità non ha mai mancato di ragioni per far rinunciare all’umano. A tal punto che esiste in alcuni un vero riflesso di sottomissione, una paura irragionevole della libertà, un masochismo onnipresente nella vita quotidiana. Con quale amara felicità si abbandona un desiderio, una passione, la parte essenziale di sé. Con quale passività, quale inerzia si accetta di vivere per qualche cosa, di agire per qualche cosa, dove la parola cosa prevale con il suo peso morto dappertutto. Poiché non è facile essere sé, si abdica allegramente; al primo pretesto che capita, l’amore dei figli, della lettura, dei carciofi. Il desiderio del rimedio si eclissa dietro la generalità astratta del male.
Ciononostante il riflesso di libertà sa, anch’esso, aprirsi un varco attraverso i pretesti. Nello sciopero per gli aumenti dei salari, nella sommossa, non è forse lo spirito della festa che si desta e prende consistenza?
Trasformare il mondo e reinventare la vita è la parola d’ordine effettiva dei movimenti insurrezionali. La rivendicazione che nessun teorico crea perché è appunto essa a fondare la creazione poetica. La rivoluzione si fa tutti i giorni contro i rivoluzionari specializzati, una rivoluzione senza nome, come tutto ciò che emana dal vissuto, preparando, nella clandestinità quotidiana dei gesti e dei sogni, la sua coerenza esplosiva.

giovedì 15 marzo 2018

L’anarchia di Emma Goldman

L’Anarchia stimola le persone a pensare, a indagare, ad analizzare ogni proposizione; ma affinché la capacità mentale del lettore medio non venga sottoposta a sforzi eccessivi, comincerò con una definizione che poi elaborerò.
Anarchia: La filosofia di un nuovo ordine sociale basato sulla libertà, senza restrizioni provenienti da leggi emanate dall’uomo; la teoria che tutte le forme di governo sono basate sulla violenza, e sono quindi sbagliate e dannose, oltre che inutili.
Il nuovo ordine sociale si fonda, naturalmente, sulla base materialistica della vita; ma mentre tutti gli anarchici sono d’accordo che il male maggiore oggi è di natura economica, sostengono anche che la soluzione a questo male può essere trovata solo prendendo in considerazione ogni ambito della vita: individuale, oltre che collettivo; interno, oltre che esterno.
Un esame approfondito della storia dello sviluppo umano rivela due elementi in grave conflitto l’uno con l’altro; due elementi che soltanto adesso iniziano a essere compresi, non come estranei l’uno all’altro, ma intimamente legati e veramente armoniosi, se solo collocati nell’ambiente adatto: gli istinti individuali e sociali. L’individuo e la società stanno da tempo immemore conducendo una battaglia inesorabile e sanguinaria, lottando per la supremazia, perché sono stati a lungo incapaci di comprendere l’uno il valore e l’importanza dell’altro. L’istinto individuale e sociale - il primo un fattore potentissimo dell’impegno individuale verso la crescita, l’aspirazione e la realizzazione di sé; il secondo un fattore altrettanto potente per la sollecitudine reciproca e il benessere sociale. Non occorre andare lontano per trovare una spiegazione della tempesta che imperversa in seno all’individuo, e tra l’individuo e l’ambiente che lo circonda. L’uomo primitivo, incapace di comprendere il proprio essere, ancor meno l’unità di tutte le forme di vita, si sentiva totalmente dipendente da forze oscure e cieche, sempre pronte a farsi gioco di lui. Da quell’atteggiamento nacque il concetto religioso dell’essere umano come un semplice granello di polvere dipendente da forze superiori, che possono essere rabbonite solo da una resa totale. Tutti gli antichi miti si basano su quell’idea, che continua a essere il leitmotiv delle storie bibliche che trattano della relazione dell’uomo con Dio, con lo Stato, con la società. Ancora e ancora lo stesso ritornello, l’uomo è nulla, i poteri sono tutto. Così Jeovah era disposto a sopportare l’uomo solo a condizione di una resa totale. L’uomo può aspirare a tutte le glorie terrene, ma non deve diventare cosciente di sé. Lo Stato, la società e le leggi mortali cantano tutti lo stesso ritornello: l’uomo può aspirare a tutte le glorie terrene, ma non deve diventare cosciente di sé.
L’Anarchia è la sola filosofia che offre all'uomo la consapevolezza di sé; che sostiene che Dio, lo Stato e la società non esistono, che le loro promesse sono nulle e vuote, visto che possono essere mantenute solo dalla subordinazione dell’uomo. L’Anarchia insegna quindi l’unità della vita; non solo nella natura, ma nell'uomo. Non esiste alcun contrasto tra gli istinti individuali e sociali, non più di quanto esista un conflitto tra il cuore e i polmoni: il primo è il contenitore di una preziosa linfa vitale, il secondo il custode dell’elemento necessario a mantenere l’essenza pura e forte. L’individuo è il cuore della società, conservando l’essenza della vita sociale; la società è il polmone che distribuisce l’elemento necessario a mantenere l’essenza vitale (cioè l’individuo) pura e forte.
L’Anarchia è la grande liberatrice dell’uomo dai fantasmi che lo hanno tenuto prigioniero; è l’arbitro e il pacificatore delle due forze dell’armonia individuale e sociale. Per realizzare quell'unità, l’Anarchia ha dichiarato guerra alle influenze perniciose che hanno finora impedito la miscelatura armoniosa degli istinti sociali e individuali, dell’individuo e della società.

lunedì 12 marzo 2018

Eddi: perché mi sono unita alle YPJ


Eddi, compagna di Torino in prima fila in tante lotte, da quelle No Tav a quelle studentesche, da alcuni mesi ha deciso di unirsi alle Ypj, le Unità di Difesa delle Donne nella Federazione della Siria del Nord. A novembre aveva scritto una lettera (letta in occasione della manifestazione nazionale di Non Una di Meno contro la violenza sulle donne) in cui annunciava la sua scelta e raccontava del protagonismo e della centralità delle donne all'interno della rivoluzione della Siria del Nord.
Di seguito  la lettera di Eddi.

Ciao a tutte e tutti,
vi scrivo dalla Siria del Nord, un luogo che seppur martoriato da anni di dittatura e guerra civile, grazie all’enorme sacrificio di tante e tanti è oggi una terra libera. Una terra libera e di libertà soprattutto per le donne, che sono l’avanguardia di questa rivoluzione.
Questo protagonismo poggia su una chiara presa di posizione ideologica: il ruolo delle donne nella società è centrale ma schiacciato da millenni di patriarcato, il loro sfruttamento è il più brutale e radicato; se si vuole una società libera bisogna che le donne siano libere. Devono poter sostenersi economicamente e politicamente, formarsi, sviluppare al massimo le proprie possibilità, ambire a qualunque desiderio, sentirsi ed essere sicure e forti. Che siano in grado proteggere se stesse, le persone e la terra che amano.
Questa teoria si è fatta pratica: collettivamente si sono organizzate per rispondere a ognuna di queste esigenze e ogni giorno si trova il modo per superare i nuovi ostacoli. Le loro organizzazioni sono autonome: sono le donne la soluzione ai problemi delle donne! Ma è laddove questi problemi nascono, nella società con le sue contraddizioni, che bisogna seminare, perché si radichi un cambiamento che costruisca un futuro libero dalla violenza patriarcale. È con la loro autonomia e i loro saperi che le donne fanno da traino e garanzia perché si viva tutte e tutti insieme una vita ibera e dignitosa. In questo solco sono nate le YPJ, Unità di Difesa delle Donne, ed è la convinzione che tutto ciò valga anche in casa nostra che mi ha spinto a scegliere di farne parte.
Le Ypj sono un corpo militare che ha saputo riportare straordinarie vittorie sul campo di battaglia; hanno liberato migliaia di persone dall’orrore dell’isis, le proteggono dal regime siriano, non hanno mai arretrato di fronte agli attacchi di uno stato fascista e patriarcale armato di arsenali come la Turchia... ma non solo... Sono anzitutto un’organizzazione rivoluzionaria che incarna e sviluppa un cambiamento profondo, sociale, politico e culturale. Voglio spiegare questo concetto raccontando quella che viene chiamata la ‘teoria della rosa’; ogni creatura vivente ha le sue forme di autodifesa. Una rosa coltiva la bellezza dei suoi petali grazie alle spine che la proteggono da ciò che la minaccia. Ogni donna è una rosa e può coltivare la propria bellezza solo grazie alle sue spine, alla sua difesa. Potersi difendere vuol dire avere delle basi culturali, filosofiche e sociali del tutto diverse da quelle su cui si fonda il patriarcato. La rivoluzione delle donne è la rivoluzione delle rose. Ogni fiore pianta radici che smuovono la terra su cui cresce e coltiva le spine che permetteranno il suo sbocciare rigoglioso.
Le nostre lotte quotidiane contro la violenza sociale e delle istituzioni hanno tanto da condividere con quello che accade in Siria. La libertà e i saperi conquistati dalle donne qui sono la nostra libertà e i nostri saperi. Come ogni nostro avanzamento è anche loro. Viviamo in contesti diversi, sì, come diverse sono le forme della violenza usata contro di noi, ma il nemico è lo stesso. Ovunque siamo, la nostra forza sta nell’organizzare la nostra rabbia, la nostra voglia di riscatto, cambiamento e uguaglianza. Ovunque c’è violenza c’è un modo per difendersi, insieme.
A ognuna le sue battaglie, per tutte la lotta e la vittoria!
Sempre al vostro fianco,
Eddi

In questo video spiega le ragioni che l'hanno portata a unirsi alle Ypg e l'importanza di sostenere anche da qui l'esperimento rivoluzionario del confederalismo democratico, soprattutto in queste settimane in cui si trova sotto violento attacco da parte della Turchia di Erdogan.



venerdì 9 marzo 2018

Il lavoro altrui e la morale

...... Ci si risponde che oggi è impossibile di restar ricco, di conservare e ancor dì meno d'aumentare la sua fortuna, senza lavorare. E sta bene , ma intendiamoci: c'è lavoro e lavoro; c'è il lavoro della produzione, e c'è il lavoro dello sfruttamento. Il primo è quello del proletario, il secondo è quello dei proprietari, in qualità di proprietari. Colui che fa fruttare le sue terre, coltivate dalle braccia d'altri, sfrutta il lavoro d'altrui; colui che fa valere i suoi capitali, sia nell'industria, sia nel commercio, sfratta il lavoro d'altri. Le banche che si arricchiscono con le mille transazioni del credito, i finanzieri che guadagnano alla Borsa, gli azionisti che percepiscono dei grossi dividendi senza muovere un dito. Tutta questa gente sono lavoratori, ma che lavoratori, sommi dèi ! Dei grassatori, degli sfruttatori di strada. E si noti bene che i ladri e i briganti ordinari sono più seriamente dei lavoratori, perché, almeno, per arricchirsi, fanno uso delle loro proprie braccia. È evidente, per chi non vuol essere cieco, che il lavoro produttivo crea la ricchezza e dà al lavoratore la miseria; e che solo il lavoro improduttivo, di sfruttamento, dà la proprietà. Ma poiché nel la proprietà sta la morale, è. chiaro che la morale, tal quale l'intendono i borghesi, consiste nello sfruttamento del lavori altrui. 
Michail Bakunin

giovedì 1 marzo 2018

La nostra astensione (dal voto), la nostra partecipazione (alle lotte sociali)

Domenica 4 marzo noi non andremo alle urne.
Ci asterremo, come abbiamo sempre fatto. Eppure sentiamo il bisogno di spiegare bene il perché di questa scelta, che si ripete da un secolo e mezzo ma non é per noi una scelta obbligata. Non ci piace esser schiavi di niente e di nessuno. nemmeno in questo caso. Ci piace ragionare, argomentare, discutere.
La scelta dell’astensione ha un suo significato preciso, specialmente oggi, 2018.
Gli anarchici sono l‘unico movimento che non partecipa alle elezioni politiche. In un mondo in cui la gente che si reca alle urne va generalmente calando, siamo sempre più circondati da persone che apparentemente fanno come noi. E a togliere originalità e forza al nostro astensionismo c’é il fatto che sempre più cresce il numero di coloro che non vanno a votare, al punto che anche la media europea oscilla ormai intorno alla metà degli aventi diritto, con una tendenza ad un ulteriore ribasso.
Ma c‘é una sostanziale, abissale differenza tra l’astensione di chi, come noi, fa questa scelta perché interessato e impegnato quotidianamente nel tentativo di contrastare il potere e di favorire esperienze alternative di autogestione e comunque di critica, e il disinteresse per la vita sociale e, in questo contesto, anche per il voto, di chi se ne frega comunque.
Il nostro astensionismo niente ha a che vedere con quello di chi diserta le urne perché “se ne frega", “tanto non c’é più nessuno che sappia comandare”, ecc ... La nostra astensione é uno dei nostri modi per partecipare alla vita sociale, cercando di indirizzarla verso modalità di partecip/Azione diretta, autogestione, presa in carico dei problemi da risolvere.
Invece fregandosene, alla fine non fa che favorite il potere, i potenti. il loro dominio quotidiano.
Non a caso noi abbiamo sempre parlato del nostro come di un astensionismo rivoluzionario, maturato nel contesto della nostra attività sociale anche politica contro il potere in tutte le sue espressioni. Non serve a niente brontolare e lamentarsi il giorno delle elezioni, restare a casa e disertare le urne. se non ci siano dietro riflessioni e azioni che possano delegittimare il meccanismo elettorale e far comprendere alle persone, alla gente, che solo sforzandosi di riprendere in mano il proprio destino individuale e collettivo e cercando di costruire una società estranea a sfruttamento, repressione e ingiustizie, si potrà dar vita ad un percorso, non certo facile, che avrà bisogno della partecipazione di tanta, ma proprio tanta gente cosciente e interessata al proprio futuro.
Noi pensiamo che la delega ai potenti di turno per risolvere i problemi sociali, dalla disoccupazione alla violenza di genere, dai diritti negati alla mancanza di solidarietà, ecc., sia un messaggio sbagliato. Con la nostra scelta astensionista, ci schieriamo ancora una volta contro il qualunquismo e ... la delega.
Il 4 marzo noi non ci saremo. Alle urne, s‘intende. Ma per il resto sì, ci saremo eccome, come sempre, come ogni giorno, per portare avanti le nostre battaglie di libertà.
La nostra astensione è una rinnovata forma, una premessa di partecip/Azione, in direzione ostinata e contraria. E il fatto che la maggioranza degli aventi diritto al voto avrà, alla fine della giornata non votato come noi, non é di per sé il segno di una nostra vittoria.
Disertare le urne non basta, bisogna impegnarsi. Al di fuori e contro il potere.
E non solo il 4 marzo.
Disertare le urne, per intensificare il nostro quotidiano impegno sociale.
Questo il nostro messaggio. Il prossimo 4 marzo e oltre.