..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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domenica 23 dicembre 2018

Il dominio della tecnologia

La tecnologia è qualcosa di più di cavi, silicio, plastica e acciaio. È un sistema complesso che comprende la divisione del lavoro, l'estrazione di risorse e lo sfruttamento, a vantaggio di coloro che la rendono operante.
Il punto di contatto e il risultato della tecnologia sono sempre una realtà alienata, mediata e distorta. A dispetto di quanto affermano gli apologeti del postmodernismo e altri tecnofili, la tecnologia non è neutra. I valori e gli obiettivi di coloro che producono e controllano la tecnologia sono sempre inglobati in essa.
La tecnologia si distingue dai semplici attrezzi sotto molti aspetti. Un semplice attrezzo equivale a un utilizzo temporaneo di un elemento nell'ambiente immediatamente circostante per uno scopo specifico. Gli attrezzi non richiedono sistemi complessi che alienano l'utilizzatore dall'azione. Questa separazione è insita nella tecnologia e crea un'esperienza malsana e mediata, che sfocia in varie forme di autorità.
Il dominio aumenta ogni volta che viene creata una nuova tecnologia "che fa risparmiare tempo", poiché si rende necessaria la costruzione di altra tecnologia per sostenere, alimentare, mantenere e riparare quella originaria. Ciò ha portato con grande rapidità all'instaurazione di un sistema tecnologico complesso, che sembra avere un'esistenza indipendente dagli esseri umani che l'hanno creato.
I sottoprodotti di scarto della società tecnologica stanno inquinando il nostro ambiente sia fisico che psicologico. Siamo derubati della vita a favore della Macchina e degli effluenti tossici del combustibile che alimenta il sistema tecnologico: ci stanno soffocando in un ambiente concepito esclusivamente ai fini dell'efficienza meccanica e dell'espansione tecnologica.
Il sistema tecnologico distrugge, elimina o subordina metodicamente il mondo naturale, costruendo un mondo adatto solo per le macchine. L'ideale verso cui tende il sistema tecnologico è la meccanizzazione di tutto ciò che incontra.

sabato 22 dicembre 2018

Il carcere


Spettrali strutture di cemento, o sagome massicce di pietra.
Uomini armati sui camminamenti.
Filo spinato, profili di mezzi blindati.
Isolamento dai territori, dai legami, dagli affetti.
La violenza dei pestaggi e delle perquisizioni corporali; dei trasferimenti improvvisi.
Imposizione e regolamentazione dei ritmi della giornata in cui non è possibile ritagliare nessun spazio proprio.
La spersonalizzazione di una cella spoglia in cui nessun oggetto può diventare familiare ma rimane permanentemente freddo; estraneo, distaccato.
L’asetticità di un colloquio con i vetri; la separazione; la lontananza.
I corpi vengono tastati e frugati continuamente.
Dal muro di cinta ascoltano le voci, nei cortili, nei corridoi ci sono microfoni, i colloqui vengono registrati, la corrispondenza saccheggiata e censurata; l’occhio sempre vigile delle telecamere nelle docce e nei cessi.
Carcere fuori dal tempo e dagli spazi della vita.
Carcere significa morte e resurrezione.
Chi ne ha varcato le mura buie, è sceso all’inferno, ha camminato in tenebre spettrali.
È un toccato che ha conosciuto la faccia nascosta dell’universo dei vivi.

martedì 18 dicembre 2018

Il desiderio

L'uomo dei desideri è stato scacciato dal suo corpo dal lavoratore in cui si è trasformato. L'economia non ha potuto prendere il potere se non economizzando la vita, trasformando l'energia libidica in forza di lavoro, gettando l'interdetto sul godimento, sulla gratuità naturale in cui il desiderio si compie e rinasce senza sosta.
Le pulsioni del corpo - i bisogni primari di nutrirsi, di muoversi, di esprimersi, di giocare, di accedere al piacere sessuale - sono stati irregimentati in una guerra di conquista dedicata al profitto ed al potere. È una guerra che, pur non riguardandoli affatto, li colpisce tuttavia fin nella loro volontà di sfuggirle.
Separato dai suoi desideri di realizzazione, l'individuo ritrova di fronte a sé soltanto le molteplici modalità della sua morte. Il lavoro diventa un comodo suicidio, con un'ipocrisia tutta sociale: comincia col togliere l'essenziale della vita e la routine fa il resto.
Se non esistesse nel cuore dell'infanzia una così precisa castrazione, credete forse che tante generazioni avrebbero permesso, con la loro servitù volontaria, tante tirannie secolari?

sabato 15 dicembre 2018

La teoria dell’ordine spontaneo

I gruppi di volontari, organizzatisi in ogni caseggiato, in ogni strada, in ogni quartiere, non avranno difficoltà a mantenersi in contatto e ad agire all’unisono... se i sedicenti teorici «scientifici» si asterranno dal ficcare il naso... Anzi, spieghino pure le loro teorie confusionarie, purché non venga loro concessa alcuna autorità, alcun potere! E le meravigliose capacità/organizzative di cui dispone la gente - che così raramente gli viene concesso di mettere in pratica - consentiranno di dar vita, anche in una città grande come Parigi, e nel bel mezzo di una rivoluzione, a una gigantesca associazione di liberi lavoratori, pronti a fornire a se stessi e alla popolazione i generi di prima necessità.
Date mano libera alla gente, e in dieci giorni il rifornimento alimentare funzionerà con la precisione di un orologio. Solo coloro che non hanno mai visto la gente lavorar sodo, solo quelli che hanno passato la vita tra montagne di documenti, possono dubitarne. Parlate del genio organizzativo del «grande incompreso», il popolo, a chi ha assistito, a Parigi, ai giorni delle barricate o a chi ha avuto modo di vederlo in azione durante il grande sciopero dei portuali londinesi, quando si trattò di dar da mangiare a mezzo milione di gente affamata: essi vi dimostreranno quanto sia più efficace dell’ufficiale inettitudine di Bumbledom”.
(tratto da Pètr Kropotkin, La conquista del pane)

Una componente importante nell’impostazione anarchica dei problemi organizzativi è costituita da quella che potremmo definire la teoria dell’ordine spontaneo. Essa sostiene che, dato un comune bisogno, le persone sono in grado, tentando e sbagliando, con l’improvvisazione e l’esperienza, di sviluppare le condizioni per il suo ordinato soddisfacimento; e che l’ordine cui si approda per questa via è di gran lunga più duraturo, e funzionale a quel bisogno, di qualsiasi altro imposto da un’autorità esterna.
Kropotkin derivò la sua versione di questa teoria dai suoi studi sulla storia della società umana e dalla riflessione sui fenomeni che caratterizzarono i primi passi della Rivoluzione francese e della Comune parigina del 1871. Essa è stata confermata in quasi tutte le situazioni rivoluzionarie, nelle forme organizzative con cui la gente reagisce alle catastrofi naturali, e in ogni attività che si svolga in assenza di modelli precostituiti di organizzazione o strutture gerarchiche dell’autorità. Il principio di autorità permea a tal punto ogni aspetto della nostra società che solo nelle rivoluzioni, in situazioni di emergenza o nell’ambito di «happening» il principio dell’ordine spontaneo riesce a emergere. E abbastanza, comunque, perché ci si possa fare un’idea del comportamento umano che gli anarchici considerano «normale» e gli autoritari semplicemente una stranezza.

giovedì 13 dicembre 2018

Tutti sono unici


Io fondato la mia causa su nulla. Che cosa non deve essere mai la mia causa! Innanzi tutto la buona causa, poi la causa di Dio, la causa dell'umanità, della verità, della libertà, della filantropia, della giustizia; inoltre la causa del mio popolo, del mio principe, della mia patria; infine, addirittura la causa dello spirito e mille altre cause ancora. Soltanto la mia causa non deve essere mai la mia causa. "Che vergogna l'egoista che pensa soltanto a se". Il divino è la causa di Dio, l'umano la causa dell'uomo. La mia causa non è né il divino né l'umano, non è ciò che è vero, buono, giusto, libero, ecc., bensì solo ciò che è mio, e non è un causa generale, ma unica, così come io stesso sono unico. Non c'è nulla che mi importi più di me stesso.
l'Unico a parer suo, non può essere oggetto di pensiero. L'Unico non è un fatto, ma un fare, un creare, un prodursi, un farsi. L'Io stirneriano è puro divenire e il divenire come tale è inintelligibile. La sola comprensione che possiamo averne è quella che emerge quando il soggetto che pensa si sia identificato con il suo stesso pensiero. Ma come abbiamo visto, il pensiero che pensa non è definibile se non mediante altro pensiero.
Poichè anche l'Unico è fondato su nulla ed è Unico perché la piena e definitiva consapevolezza di essere non fondato, allora l'Unico è pure, per intrinseca definizione, un non-centro. Esso non rivendica di essere il centro assoluto, ma un centro. Certo, in questo centro egli è assoluto, ma assoluto nella sua esistenza, cioè nella sua unicità-fattualità, per cui egli è l'Unico di se stesso mentre è nulla di ogni altro. Ne deriva che tutti sono unici, ma se tutti sono unici viene meno ogni dimensione assolutizzante. 

domenica 9 dicembre 2018

Cosa vogliono i gilets jaunes: il manifesto in 40 punti della rivolta francese


Circola ampiamente in rete un documento in quaranta punti che sintetizza le richieste fondamentali del movimento dei Gilets Gialli. Non sappiamo quanto la sua stesura abbia coinvolto le strutture di questo movimento o quanto sia effettivamente condiviso dall’interezza dei comitati territoriali dei gilets. In ogni caso ci pare condensi alcuni dei nodi fondamentali che fanno da leva alla rivolta.
Per questo ci sembra un documento utile alla comprensione del fenomeno e pertanto lo riportiamo di seguito integralmente. Anche nei suoi aspetti più delicati e soggetti a opzioni conservative, come la questione della regolazione dei flussi migratori o quella della sicurezza pubblica, questa carta rappresenta, ci sembra, prima di tutto una reazione alla crisi della civiltà neoliberista e al trentennio di devastazione da questa procurato. Una risposta che passa certo anche per forme che rinnovano una fiducia nello Stato e nella comunità nazionale, ma c’è una dialettica aperta attivata dalla movimentazione sociale e dedicarsi a grandi affreschi per denunciare le contraddizioni in seno a questo movimento sarebbe un passatempo fin troppo scontato. I temi della lotta contro il caro-vita, per il potere del salario, per il diritto alla mobilità, per il reddito diretto e indiretto, per le tutele sociali, la questione dell’ecologismo, della fiscalità e dell’uso del denaro pubblico restano comunque nodi inaggirabili su cui linee in conflitto si possono scontrare ma che non possono evitare nel determinare il destino politico di queste risposte alla crisi.
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• Eliminazione del crescente fenomeno dei senzatetto con una lotta senza quartiere alla povertà.
• Più progressività nelle imposte sul reddito, vale a dire più scaglioni.
• SMIC (il salario minimo francese) a 1.300 euro netti.
• Promozione delle piccole imprese nei villaggi e nei centri urbani. Fermare la costruzione di grandi aree commerciali intorno alle principali città che uccidono le piccole imprese. Più parcheggi gratuiti nei centri urbani.
• Ampio piano di isolamento termico delle abitazioni per promuovere interventi ecologici facendo al contempo risparmiare le famiglie.
• Tasse: che i grandi (McDonald, Google, Amazon, Carrefour, ecc.) paghino TANTO e i piccoli (artigiani, piccole imprese) poco.
• Lo stesso sistema di sicurezza sociale per tutti (compresi gli artigiani e le partite IVA). Fine della RSI (piano sociale per i lavoratori indipendenti).
• Il sistema pensionistico deve rimanere solidale e quindi socializzato. Nessun pensionamento a punti (In Francia è stata introdotta una riforma del sistema pensionistico che prevede il calcolo in base a un sistema di punti. Ogni anno l'importo dei contributi versati in relazione ad uno stipendio o ad un reddito di riferimento viene convertito in punti, a seconda del valore di acquisto unitario del punto applicabile all'esercizio in questione).
• Fine dell'aumento delle tasse sul carburante.
• Nessuna pensione inferiore a 1.200 euro.
• Qualsiasi rappresentante eletto avrà diritto al salario medio. Le spese di trasporto saranno monitorate e rimborsate se giustificate. Diritto al buono per il ristorante e ai chèque-vacances (simili ai ticket usati da noi come retribuzioni).
• I salari di tutti i francesi, nonché delle pensioni e delle indennità devono essere indicizzati e adeguati all'inflazione (tipo la nostra vecchia scala mobile: alla perdita del potere d’acquisto dei salari aumentano gli stessi).
• Proteggere l'industria francese: proibire le delocalizzazioni. Proteggere il nostro settore industriale vuol dire proteggere il nostro know-how e il nostro lavoro.
• Fine del lavoro distaccato. È anormale che una persona che lavora in territorio francese non benefici dello stesso stipendio e degli stessi diritti. Chiunque sia autorizzato a lavorare in territorio francese deve essere alla pari con un cittadino francese e il suo datore di lavoro deve contribuire allo stesso livello di un datore di lavoro francese.
• Per la stabilità del lavoro: limitare ulteriormente il numero di contratti a tempo determinato per le grandi aziende. Vogliamo più CDI (contratti a tempo indeterminato).
• Fine del CICE (Credito d'imposta per la competitività e l'occupazione). Usare questi soldi per il lancio di un'industria automobilistica francese a idrogeno (che è veramente rispettosa dell'ambiente, a differenza della macchina elettrica).
• Fine della politica di austerità. Smettiamo di rimborsare gli interessi sul debito dichiarati illegittimi e iniziamo a rimborsare il debito senza prendere i soldi dai poveri e dai meno poveri, ma perseguendo gli $80 miliardi di evasione fiscale.
• Affrontare le cause della migrazione forzata.
• I richiedenti asilo siano trattati bene. Dobbiamo loro alloggio, sicurezza, cibo e istruzione per i minori. Collaborare con l'ONU affinché i campi di accoglienza siano aperti in molti Paesi del mondo, in attesa dell'esito della domanda di asilo.
• Che i richiedenti asilo respinti siano rinviati al loro Paese di origine.
• Che sia implementata una vera politica di integrazione. Vivere in Francia significa diventare francese (corso di francese, corso di storia francese e corso di educazione civica con certificazione alla fine del corso).
• Salario massimo fissato a 15.000 euro.
• Creare lavoro per i disoccupati.
• Aumento dei fondi per i disabili.
• Limitazione degli affitti. Alloggi in affitto a costi più moderati (soprattutto per studenti e lavoratori precari).
• Divieto di vendere le proprietà appartenenti alla Francia (dighe, aeroporti, ecc.)
• Mezzi adeguati concessi al sistema giudiziario, alla polizia, alla gendarmeria e all'esercito. Che gli straordinari delle forze dell'ordine siano pagati o recuperati.
• Tutto il denaro guadagnato dai pedaggi autostradali sarà utilizzato per la manutenzione di autostrade e strade in Francia e per la sicurezza stradale.
• Il prezzo del gas e dell'elettricità sono aumentati in seguito alle privatizzazioni, vogliamo quindi che siano nuovamente nazionalizzati gli enti gestori e che i prezzi scendano in modo significativo.
• Cessazione immediata della chiusura di piccole linee di trasporto, uffici postali, scuole e degli asili nido.
• Pensare al benessere dei nostri anziani. Divieto di fare soldi sugli anziani. L'era dell’oro grigio è finita. Inizia l'era del benessere grigio.
• Massimo 25 studenti per classe dalla scuola materna alla dodicesima classe.
• Risorse adeguate destinate alla psichiatria.
• Il referendum popolare deve entrare nella Costituzione. Creare un sito leggibile ed efficace, sotto la supervisione di un organismo di controllo indipendente in cui le persone possano presentare una proposta di legge. Se questo disegno di legge ottiene 700.000 firme, questo disegno di legge dovrà essere discusso, completato e modificato dall'Assemblea Nazionale, che avrà l'obbligo (un anno dopo il giorno in cui sono state ottenute le 700.000 firme) di inviarlo al voto di tutti i francesi.
• Ritorno a un termine di 7 anni di mandato per il Presidente della Repubblica. L'elezione dei deputati a due anni dall'elezione del Presidente della Repubblica ha permesso di inviare un segnale positivo o negativo al Presidente della Repubblica sulla sua politica. Ha aiutato a far sentire la voce della gente.
• Pensionamento a 60 anni e per tutti coloro che hanno lavorato usando il fisico (muratore o macellaio per esempio) diritto alla pensione a 55 anni.
• Un bambino di 6 anni non si mantiene solo, continuazione del sistema di aiuto PAJEMPLOI (servizio sociale dedicato all’infanzia attualmente valido fino ai 6 anni di età) fino a quando il bambino ha 10 anni.
• Promuovere il trasporto di merci su rotaia.
• Nessuna prelievo alla fonte.
• Fine delle indennità presidenziali a vita.
• Vietare ai commercianti di pagare una tassa quando i loro clienti usano la carta di credito. Tassa sull'olio combustibile marino e sul cherosene.

sabato 8 dicembre 2018

Rivoluzione di Erich Muhsam


La rivoluzione è il movimento tra due condizioni.
Non ci s’immagini al proposito un rullo che gira lentamente, bensì un vulcano che erutta, una bomba che esplode o anche una suora che si spoglia.
Ogni rivoluzione è attiva, singolare, improvvisa e destinata a estirpare le proprie cause.
La rivoluzione si ha quando una situazione è divenuta intollerabile che tale situazione sia quella stabilizzata delle condizioni politiche e sociali di una nazione, o quella spirituale e religiosa di una cultura, o quella caratteristica di un individuo.
La forza motrice della rivoluzione sono nausea e anelito al mutamento, sua espressione sono distruzione e ricostruzione.
Distruzione e ricostruzione in una rivoluzione sono la stessa cosa.
Ogni voglia di distruggere è una voglia di creare (Bakunin).
Alcune forme di rivoluzione: uccisione del tiranno, deposizione del potere dominante, distruzione delle tavole antiche (nelle convenzioni e nell’arte), creazione di un arte nuova, il coito.
Alcuni sinonimi di rivoluzione: dio, vita, fregola, ebbrezza, caos.
Lasciateci essere caotici!

giovedì 6 dicembre 2018

Una libertà senza limiti

Le organizzazioni sono mezzi per stabilizzare la creatività, controllare il dissenso e indebolire le tangenti controrivoluzionarie (principalmente determinate dalla leadership o dai quadri d’élite). In genere insistono sull’aspetto quantitativo, anziché su quello qualitativo, e offrono poco spazio al pensiero o all’azione indipendente. Le associazioni informali, basate sull’affinità, tendono a ridurre al minimo l’alienazione delle decisioni e della loro attuazione e la mediazione fra i nostri desideri e le nostre azioni.
Siamo anarchici che desiderano una libertà senza limiti. Lottiamo per la liberazione, per un rapporto decentrato e non mediato con il nostro ambiente e con coloro che amiamo e con cui abbiamo affinità. I modelli organizzativi ci offrono solo altra burocrazia, controllo e alienazione, uguali a quelli che riceviamo già dall’organizzazione attuale.
Occasionalmente può esistere una buona intenzione, ma il modello organizzativo deriva da una mentalità intrinsecamente paternalistica e diffidente, che sembra in contraddizione con l’anarchia. I veri rapporti di affinità nascono da una profonda comprensione reciproca nell’ambito di relazioni intime basate sui bisogni della vita quotidiana, non di relazioni basate su organizzazioni, ideologie, idee astratte. Tipicamente, il modello organizzativo reprime i bisogni e i desideri dell’individuo per “ il bene della collettività”, nel tentativo di uniformare sia la resistenza che l’immaginazione. Dai partiti alle piattaforme e alle federazioni, sembra che con l’aumentare della scala dei progetti diminuiscano il significato e l’importanza che essi hanno per la vita di ciascuno.

domenica 2 dicembre 2018

Due parole sulla nocività


Nell’universo spettacolarizzato della vita sostenibile, tutto serve sempre ad illudere, a condizionare, a stroncare ogni possibile germe di pensiero veramente critico nei confronti dell’ordine esistente. Così, anche quando ci si misura con un livello di nocività arrivata ormai fin dentro i nostri corpi, tutto sembra sempre scontato, giustificato. Il concetto di sostenibilità rientra a tutti gli effetti nel gioco delle parole utilizzato per illudere e convincere. Sostenibilità significa, materialmente, contenimento della nocività, e rincorrere la prospettiva della limitazione dell’avvelenamento vuol dire darlo per scontato per poi delegare alle istituzioni costituite il potere di stabilire i parametri di tollerabilità. Circostanza che non soltanto toglie dalle mani della gente ogni possibilità di opposizione diretta, ma consente alle istituzioni stesse di fare il bello e il cattivo tempo sull’argomento, alzando i limiti legali d’inquinamento ogni volta che la tossicità sarà in aumento.
La mesta realtà in cui viviamo parla proprio in questo senso: più aumentano le regolamentazioni, le autorizzazioni, le certificazioni e i rigidi disciplinari “bio”, più la vita si contamina; più si intensificano le normative di tutela dei consumatori, più i consumatori sono vessati e costretti a fare di necessità virtù. Nel mondo delle Dichiarazioni Universali dei Diritti Umani, delle Convenzioni di Ginevra e delle Nazioni Unite sono i pezzi di carta che contano, e i poteri forti, ben protetti da questi incartamenti che dispensano a piene mani per ammutolire i sudditi, possono continuare a fare tutto ciò che vogliono: anche le guerre, i genocidi mirati, le eco-devastazioni. Inventare soluzioni formali, ossimori e carte degli intenti per far fronte a problemi concreti, vuole dire non voler affrontare i problemi concreti. La forma non è la sostanza, e sistemare le cose in modo puramente formale significa solo darsi una parvenza di risoluzione.

sabato 1 dicembre 2018

La Repubblica degli Eguali di Babeuf


"La proprietà è la sorgente più importante di tutti i mali che pesano sulla società ... Il sole brilla su tutti, e la terra non è di nessuno. Orsù, dunque amici miei, turbate, sconvolgete, buttate all'aria, questa società che non è per voi. Prendete, dove che sia, tutto ciò che vi abbisogna. Il superfluo appartiene di diritto a chi non possiede nulla".
"Sgozzate senza pietà i tiranni, i patrizi, il milione dorato, tutti gli esseri immorali che dovessero opporsi alla nostra felicità comune!"
"La Repubblica degli Eguali, il grande asilo aperto a tutti gli esseri umani. Sono giunti i giorni della restituzione generale. Famiglie gementi, venite a sedervi alla tavola comune eretta dalla natura per tutti i suoi figli".
(Babeuf, rivoluzionario francese, noto col soprannome di Gracchus, allo scoppio della rivoluzione si volse alla vita politica. Per le sue critiche ai nuovi privilegi che la politica del Termidoro aveva instaurato fu arrestato nel 1795. Rilasciato nell'ottobre dello stesso anno, riprese l'attività politica avvicinandosi ai gruppi repubblicani e giacobini. Nel 1796 fondò con Buonarroti e Darthé una società segreta, La Società degli Eguali, con l'obiettivo di abbattere il Direttorio e instaurare una repubblica in cui la parità economico-sociale di tutti i cittadini sarebbe stata l'essenza di una nuova democrazia capace di fare a meno della proprietà privata e degli altri privilegi che generano discriminazioni e squilibri tra gli uomini. Attraverso questa organizzazione clandestina, capeggiata da un comitato centrale di salute pubblica, Babeuf svolse una vasta azione di propaganda tra i ceti popolari e nell'esercito. La sua azione mise capo a una cospirazione contro il Direttorio, la cosiddetta Congiura degli Eguali, che, scoperta per delazione di una spia, provocò l'arresto di Babeuf e di altri suoi compagni (1797). Nonostante la massiccia propaganda a carattere rivoluzionario, il movimento non riuscì ad assumere carattere nazionale, ma raccolse seguaci solo a Parigi, esaurendosi con il drammatico esito del processo in seguito al quale Buonarroti, Germain e altri furono condannati alla deportazione, mentre Darthé e Babeuf, condannati a morte, vennero ghigliottinati insieme il 28 maggio 1797).

mercoledì 28 novembre 2018

La natura stessa possiede caratteristiche precise


La natura stessa possiede alcune caratteristiche precise.
La prima è che ciascuno di noi sia un essere razionale, capace di riconoscere  e identificare la verità e per tanto agire conseguentemente. Poiché siamo dotati di una mente siamo provvisti anche di volontà, siamo cioè capaci di agire dirigendo le nostre azioni con convinzione e consapevolezza. Naturalmente questa non è che una possibilità che viene riconosciuta e sulla quale si fa affidamento per poter costruire una società coerente con questi principi, una società giusta.
La seconda è che ognuno di noi è un essere socievole e sociale ed è attraverso la società che ciascuno si esprime compiutamente condividendo i propri sentimenti. Ma allo stesso tempo l'essere socievoli non nega il fatto che ciascuno è anche un individuo e che questa caratteristica va non solo salvaguardata ma anche espressa. Non possiamo permetterci di perdere le nostre specificità, annullandoci nella massa o dipendendo da altri. Per essere davvero felici occorre garantire un equilibrio costante di queste due dimensioni, quella sociale e quella individuale.
La terza convinzione, che viene posta alla base della natura umana, è che gli uomini sono esseri progressivi, ovvero perfettibili, nel senso che possono non tanto raggiungere la perfezione quanto migliorare indefinitamente. Occorre essere ben consci non solo della forza dilagante del male, che si esprime soprattutto attraverso le istituzioni autoritarie, ma anche di quanto sia fragile la verità e forti i pregiudizi e le abitudini capaci di plasmare e condizionare efficacemente gli uomini.

venerdì 23 novembre 2018

Fronte contro la guerra


Mediterraneo sotto il tiro incrociato di governi che hanno trovato nell’alibi immigrazione la chiave di volta per instaurare i regimi della segregazione democratica, raccogliendo consensi nelle masse prima indifferenti e ora arruolate nel malpancismo nazionale. A farne le spese non solo i migranti, i cui flussi sono frenati dai muri eretti a suon di miliardi di dollari ed euro nelle frontiere turca e marocchina e nei lager libici, ma anche le azioni e i sentimenti di solidarietà, le possibilità offerte a fatica a popoli in fuga verso destini meno infami nelle periferie delle metropoli di un occidente sognato e bestemmiato.
Di là dal mare spenti i riflettori su Gaza e sul Nord Siria, la pace si confonde col silenzio dei mass media, o almeno questo è il modo di occultarne l’inconsistente paragone a uno straccio di tregua. Il sangue cola sui corpi dei palestinesi che continuano ad assediare il muro dell’odio e del razzismo, mentre le armate turche si assemblano alla frontiera curda per preparare il colpo finale all’autonomia del Rojava, forti della complicità internazionale con la dittocrazia di Erdogan.
Di qua del mare le strutture di morte battenti bandiera a stella a strisce o NATO o tricolore accolgono nuove batterie di missili, nuove di droni e altre armi pronte a segnare il destino di genti, nazioni, terre, e, in definitiva, del mondo intero. E Sigonella, nell’isola contesa, si gonfia a dismisura di sistemi, tecnologia, strumenti, marchingegni, ordigni per queste guerre che chiamano a bassa intensità solo perché è intensamente bassa l’attenzione delle persone, deviata, stordita, da mille diversivi, da rigurgiti egoistici e cecità benaccette che aiutano a mantenere la coscienza in uno stato di incoscienza.
Alle spalle di cotanto merdaio, il cui tanfo avrebbe dovuto far schizzare di indignazione chiunque mantenesse un 2% di cervello acceso, lorsignori lavorano senza tregua all’operazione ovattamento e predisposizione degli individui all’accettazione di un mondo in divisa militare. Non c’è solo la crisi a far guardare con desiderio al mestiere di sbirro-soldato, c’è il piegamento della cultura alle necessità militari, con poche e nulle reazioni: scuole, università, spettacolo e sport sono la tavola imbastita per questa indigestione di progetti, contratti, accordi, alternanze, telefilm, ricorrenze, commemorazioni, gare e meeting in cui l’ordine delle armi, la sicurezza armata, vengono collocate e mostrate in vetrina per essere poi vendute. Militari e poliziotti diventano inquietanti presenze nel mondo dell’istruzione; magistrati e ufficiali dei vari corpi dello stato sono i nuovi professori di legalità, mandati a propagandare lo stato indefesso incorrotto degli eroi che lotta contro mafiosi d’ogni risma e mele marce insediate nelle istituzioni. E quando non sono questi figuri ad andare nelle scuole e università, sono queste a recarsi in gita, o per scambio/alternanza/accordo nelle caserme, nelle basi militari, nelle fabbriche di morte per avvicinare i ragazzi a questo mondo perfetto in quanto ordinato gerarchicamente e come tale, modello indiscutibile di rettitudine e ideali democratici.

martedì 20 novembre 2018

I soldatini della scuola di piombo


La scuola, un modello ripetitivo simile ad una catena di montaggio, tempi prestabiliti, libri prestabiliti, materie prestabilite. Gli studenti non hanno diritto di scelta. Classi, cioè settori, cioè muri, pareti divisorie. Tutti al proprio posto, in quel settore prestabilito, in quel banco prestabilito, come l'operaio alla catena, come il soldato alla garitta. Campanella, stop veloce, cambio del nastro trasportatore. Avanti un altro prodotto, veloci che siamo indietro col programma. Pausa minima, giusto il tempo per pisciare (se è libero), vietato distrarsi troppo, altrimenti si rischia di pensare. Prof posso? Tutti attenti, c'è il comunicato, la circolare del preside, parla della “centralità dello studente”. Si dovrebbe ridere? Scrivere sul diario sotto dittatura: “L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” (lavoro forzato, si pensa). Si dovrebbe ridere? No, tu in bagno non ci vai, sei già andato prima. Fermo lì, non ti muovere altrimenti nota! Non parlare. Prima alza la mano. Chiedi sempre il permesso per buttare la carta. In piedi, entra il preside, non strisciate le sedie. Prendere il quaderno, controllo esercizi domestici. Tu hai preso 4, mentre lei è molto più brava di te. Domani tu non tardare come al solito. In fila per bene! Fine corsa, avanti col prossimo turno. Ogni giorno così, per anni, fino a che non sei dichiarato “maturo”.

venerdì 16 novembre 2018

L’affinità come organizzazione

Siamo anarchici che desiderano una libertà senza limiti. Lottiamo per la liberazione, per un rapporto decentrato e non mediato con il nostro ambiente e con coloro che amiamo e con cui abbiamo affinità. I modelli organizzativi ci offrono solo altra burocrazia, controllo e alienazione, uguali a quelli che riceviamo già dall’organizzazione attuale.
Occasionalmente può esistere una buona intenzione, ma il modello organizzativo deriva da una mentalità intrinsecamente paternalistica e diffidente, che sembra in contraddizione con l’anarchia. I veri rapporti di affinità nascono da una profonda comprensione reciproca nell’ambito di relazioni intime basate sui bisogni della vita quotidiana, non di relazioni basate su organizzazioni, ideologie, idee astratte. Tipicamente, il modello organizzativo reprime i bisogni e i desideri dell’individuo per “ il bene della collettività”, nel tentativo di uniformare sia la resistenza che l’immaginazione. Dai partiti alle piattaforme e alle federazioni, sembra che con l’aumentare della scala dei progetti diminuiscano il significato e l’importanza che essi hanno per la vita di ciascuno.
Le organizzazioni sono mezzi per stabilizzare la creatività, controllare il dissenso e indebolire le tangenti controrivoluzionarie (principalmente determinate dalla leadership o dai quadri d’élite). In genere insistono sull’aspetto quantitativo, anziché su quello qualitativo, e offrono poco spazio al pensiero o all’azione indipendente. Le associazioni informali, basate sull’affinità, tendono a ridurre al minimo l’alienazione delle decisioni e della loro attuazione e la mediazione fra i nostri desideri e le nostre azioni.

sabato 10 novembre 2018

Sfidare la vera anima del capitalismo

Per almeno 5000 anni i movimenti popolari si sono concentrati sulle lotte per il “debito”. C'è una ragione per tutto questo: il debito è il mezzo più efficiente mai creato per mantenere relazioni fondamentalmente basate sulla violenza e su diseguaglianze violente, facendole sembrare giuste ed eticamente corrette. Quando il trucco non funziona più, esplode tutto. E quello che sta accadendo adesso. Il debito ha chiaramente dimostrato di essere il fattore di maggior debolezza del sistema, il punto in cui si perde il controllo e consente agli oppositori infinite opportunità di gestione. Si parla di sciopero del debito, di cartello dei debitori. Si potrebbe iniziare con garanzie contro gli sfratti: di quartiere in quartiere, aiutandoci gli uni con gli altri. La forza della contrapposizione non sta solo nello sfidare i regimi del debito, ma nello sfidare la vera anima del capitalismo, la sua base morale, ora svelata da una serie di promesse tradite, per fare ciò occorre creare una nuova realtà.
Un debito è solo una promessa e il mondo di oggi è pieno di promesse che non sono state mantenute.
Tutto questo sistema si sta sbriciolando. Quello che rimane è solo ciò che riusciamo a prometterci a vicenda, direttamente, senza la mediazione di burocrazie economiche e/o politiche. La rivoluzione inizia con il chiedersi: che tipo di promesse fanno gli uomini e le donne liberi e come possiamo costruire un mondo nuovo attraverso queste promesse?


martedì 6 novembre 2018

Rifiuto dell'ideologia

Non si è mai abbastanza chiari: non esiste un'ideologia green-anarchista o anarco-primitivista. Gli anarchici essenzialmente si identificano in un desiderio e in azioni che li proiettano in uno stile di vita basato su ciò che non è presente. Anarchia fondamentalmente equivale ad "anti-autorità", e come è semplice constatare, non significa per tutti la stessa cosa. Non esiste una visione singola dell'anarchismo. Il suffisso "-ismo" usato in questa situazione ha un valore puramente convenzionale per identificare una vasta critica. Gli anarchici cercano un mondo libero dalla dominazione, dalle gerarchie: questo significa l'abolizione di tutti gli stati di potere. I punti "verdi" da liberare includono tutti i tipi di strutture autoritarie, ossia combattere la tecnologia, l'industrializzazione, e la civilizzazione stessa.
L'ideologia è un sistema di convinzioni rigido che si estende verso tutti gli altri regni di pensiero. Possiede una critica, un piano d'azione e una visione, che comprende organizzazione, piattaforme e così via. La sinistra tiene molto all'ideologia come mezzo per una rapida rivoluzione, mentre noi riteniamo che proporre alla gente un simile pacchetto completo non serva a riscoprire il suo vero potenziale, ma soltanto a fargli ingurgitare qualcosa per l'ennesima volta. Noi crediamo che l'ideologia sia uno strumento della civilizzazione, una parte della totalità del pensiero civilizzato che costringe le persone a una costante condizione abulica. I nostri interessi riguardano la determinazione di esseri autonomi, non di automi.
L'anarchia oltre non essere un’ideologia, non è per definizione, democrazia ( sia che essa sia democrazia sociale o diretta). Il bisogno di sottolineare questo punto può sembrare superfluo, ma è difficile fare riferimento all'imponente letteratura anarchica senza riconoscere che sia qualcosa di più di una democrazia radicale.
La democrazia, che ci si voglia credere o meno, è una forma di governo. E quindi, il governo è un'organizzazione governante, o il mediatore di tutte le attività politiche, sociali ed economiche di un determinato popolo. Così, possiamo dire che l'anarchia, per definizione, non è democrazia. Gli anarchici sono per un totale rifiuto di tutte le istituzioni e di tutte le strutture autoritarie per principio. Tutti i governi impongono loro stessi alla Terra e alla vita su di essa. Fino a quando esisteranno, non sarà possibile l'anarchia.
Green Anarchy

mercoledì 31 ottobre 2018

Rifiuto unilaterale dell’esistenza imposta


Il carattere principale della nostra epoca è l’alta velocità che hanno assunto le merci, siano esse prodotti industriali, informazioni o essere umani ridotti alla condizione di lavoratori-consumatori. Le reti telematiche, telefoniche e satellitari, le rotte del traffico aereo, automobilistico, ferroviario e marittimo stanno ingabbiando in modo sempre più accelerato la quasi totalità dello spazio e del tempo e con essi i sogni e i bisogni degli uomini: sembra non esserci più via di uscita, un altrove, in un mondo ovunque uguale a se stesso.
Per cambiare questo mondo occorre costruire assieme la pratica del rifiuto unilaterale dell’esistenza imposta dal capitalismo globale, attraverso l’autogestione delle proprie vite e l’autoproduzione singola e collettiva di quanto ci chiedono necessità e desideri, passando per l’autocostruzione dei luoghi in cui vogliamo vivere e dei modi in cui vogliamo interagire. Abbandonare il proprio posto nella catena ciclica del consumo di oggetti, spettacoli, per inventare nuovi modi di produzione e distribuzione, di autogestione dei luoghi in cui si abita attraverso decisioni minime, locali e condivise, sperimentare ognuno nei propri mondi arti e mestieri, quello di vivere liberi. Le nostre accademie e laboratori saranno palazzi e orti, boschi e acque. Anche se narcotizzata nella drogheria mediatica, un’insofferenza al modello di vita imposto e propagandato come democratico insorge nei modi più disparati, dappertutto: si aprono brecce, scoppiano ire, sfoghi di violenza ma anche sommosse, rivoluzioni, senza obiettivi né palazzi d’inverno. Sarà dura e toccherà a ciascuno, con le sue ragioni e la sua sensibilità, rendere questa avventura appassionante.

martedì 30 ottobre 2018

Ecco che cos'è l'anarchia di Piotr Kropotkin


Ecco che cos'è l'anarchia, e cosa sono gli anarchici:
Gli anarchici, signori, sono dei cittadini che, in un secolo nel quale dappertutto si predica la libertà d'opinione, hanno creduto loro dovere affidarsi alla libertà illimitata.
Sì signori, noi siamo, in tutto il mondo, alcune migliaia, alcuni milioni, di lavoratori che rivendicano la libertà assoluta, nient'altro che la libertà, tutta la libertà!
Noi vogliamo la libertà, cioè noi reclamiamo per ogni essere umano il diritto e la possibilità di fare tutto ciò che gli piace, e di non fare ciò che non gli piace; di soddisfare integralmente tutti i suoi bisogni, senza altro limite che le possibilità naturali, e i bisogni altrettanto rispettabili dei suoi vicini.
Noi vogliamo la libertà, e noi crediamo che la sua esistenza sia incompatibile con il permanere di un potere qualsiasi, quali che siano la sua origine e la sua forma, che sia stato eletto od imposto, monarchico o repubblicano, che si ispiri al diritto divino o al diritto popolare, alla Santa Ampolla o al suffragio universale.
La storia è li per insegnarci che tutti i governi si rassomigliano e si equivalgono. I migliori sono i peggiori. Negli uni c'è più cinismo, negli altri più ipocrisia! In fondo, sempre gli stessi comportamenti, sempre la stessa intolleranza. Anche quelli in apparenza più liberali hanno pronta, sotto la polvere degli arsenali legislativi, qualche buona piccola legge sull'Internazionale ad uso delle opposizioni fastidiose.
In altri termini, secondo gli anarchici, il male non consiste in una data forma di governo piuttosto che in un'altra. Risiede nel concetto stesso di governo, nel principio di autorità.
Il nostro ideale consiste nel basare i rapporti umani su di un libero contratto, che possa essere sempre rivisto e sciolto, al posto dell'attuale tutela amministrativa e legale, dell'attuale disciplina imposta dall'esterno.
Non c'è libertà senza eguaglianza! Non c'è libertà in una società in cui il capitale è monopolizzato nelle mani di una minoranza che si va riducendo tutti i giorni e in cui nulla è ripartito secondo giustizia, neppure l'educazione pubblica, che pure è pagata con i denari di tutti.
Noi crediamo che il capitale, patrimonio comune dell'umanità, poiché è il frutto della collaborazione delle generazioni passate debba essere a disposizione di tutti, di modo che nessuno ne possa essere escluso; d'altro lato nessuno deve potersene accaparrare una parte a danno degli altri.
Ecco perché siamo marchiati d'infamia. Scellerati che noi siamo! Noi reclamiamo il pane per tutti, il lavoro per tutti; per tutti l'indipendenza e la giustizia.

(Tratto dalla dichiarazione degli imputati anarchici davanti al tribunale correzionale di Lione, il 19 gennaio 1883)


venerdì 26 ottobre 2018

Gli Anarchici e i Consigli Operai


A Torino il 27 ottobre 1906 si stipulava un contratto collettivo di lavoro fra la FIOM e la fabbrica di automobili Itala e si istituiva, a dirimere le eventuali controversie circa l’applicazione del contratto, un organismo aziendale chiamato commissione interna: organismo strettamente aderente alla vita della fabbrica, composto da operai della fabbrica, eletto dalle maestranze della fabbrica. La C. I. si poneva dunque in una posizione autonoma in rapporto alle organizzazioni orizzontali e verticali del sindacato, anche se talvolta assumeva un ruolo ancor più collaborazionista del sindacato stesso.
Tuttavia proprio la C.I. doveva rappresentare la base organica sulla quale si sarebbe poi elevato il Consiglio di fabbrica.
Infatti nell’immediato dopoguerra ed esattamente nell’agosto 1919, sempre a Torino, nel maggior stabilimento della FIAT, alla FIAT-Centro, si dimette la commissione interna in carica e si apre il problema della sua reintegrazione.
In sede di discussione prevale la proposta di un allargamento di detta commissione realizzabile attraverso l’elezione di un commissario per ogni reparto. Alla FIAT-Centro vengono così eletti ben 42 commissari, pari ai 42 reparti in attività. Questi 42 commissari costituiscono il primo Consiglio di fabbrica.
Il contributo degli anarchici all’elaborazione della teoria dei Consigli si può compendiare in queste due essenziali aggiunte teoriche:
Solo nel corso di un periodo rivoluzionario i Consigli possono avere una efficienza rivoluzionaria, possono costituirsi in mezzi validi per la lotta di classe e non per la collaborazione di classe. In periodo controrivoluzionario i Consigli finiscono per essere fagocitati dall’organizzazione capitalistica, non sempre avversa ad una cogestione morale da parte dei lavoratori. Perciò avanzare dei Consigli in un periodo controrivoluzionario significa lanciare degli inutili diversivi e pregiudicare gravemente la formula stessa dei Consigli di Fabbrica, come parola d’ordine rivoluzionaria;
I consigli risolvono a metà il problema dello Stato: espropriano lo Stato delle sue funzioni sociali, ma non ledono lo Stato nelle sue funzioni antisociali, riducono lo Stato ad un pleonasmo ma non eliminano questo pleonasmo, svuotano l’apparato statale del suo contenuto ma non lo distruggono. Ma poiché non si può vincere lo Stato, ignorandolo, in quanto esso può far sentire in ogni momento la sua presenza mettendo in moto il suo meccanismo di coazione e sanzione, occorre distruggere anche questo meccanismo. I Consigli non possono compiere questa operazione e perciò richiedono l’intervento di una forza politica organizzata, il movimento specifico della classe, che porti a termine tale missione. Solo così si può evitare che il borghese, cacciato dalla porta nelle sue vesti da impresario, rientri dalla finestra travestito da poliziotto.

lunedì 22 ottobre 2018

Perchè la rivoluzione abbia successo

Ogni individuo umano è il prodotto involontario delle condizioni naturali e sociali in cui è nato e alla cui influenza continua ad essere sottoposto man mano che si sviluppa. Le tre grandi cause di tutta l’immoralità umana sono: la disuguaglianza politica, economica e sociale, l’ignoranza che naturalmente ne risulta e la necessaria conseguenza delle due cause precedenti, e cioè la schiavitù..
Di conseguenza, perché la rivoluzione abbia successo è necessario che si rivolga contro la condizione di vita e i beni materiali, che distrugga la proprietà e lo Stato. Diventerà allora superfluo accanirsi contro gli uomini e condannarsi così a soffrire l’inevitabile reazione che ogni massacro ha sempre prodotto e sempre produrrà in qualsiasi società.
Michail A. Bakunin

mercoledì 17 ottobre 2018

Oggi è un buon giorno per morire

"Ho sognato il cielo coperto da nuvole scure di cavallette sciamanti ovunque. Giravano impazzite sul nostro campo e poi, improvvisamente, cadevano senza vita sulla terra, ai nostri piedi. E il cielo ritornava pulito".
Toro Seduto sogna e racconta le sue visioni. E’ un’arte che ha appreso da piccolo e, per la precisione e la qualità del racconto, lo distingue da ogni altro Lakota Sioux. Cavallo Pazzo lo ascolta preoccupato. Gli hanno raccontato che migliaia di soldati blù stanno dirigendosi verso il loro campo. Messo in piedi nei pressi del torrente Little Big Horn, nel cuore delle Black Hills: il centro culturale, spirituale, strategico della nazione Sioux. Sono arrivati anche gli Cheyenne e gli Arapaho. Quelli, almeno, sopravvissuti alle varie stragi perpetrate dalle forze armate degli Stati Uniti. Come a Sand Creek, con donne e bambini fatti, letteralmente, a pezzi dai volontari di John Chivington. O nei pressi del fiume Washita, dove il 7° cavalleria ha caricato, all’alba, fra le tende delle famiglie che dormivano; mentre i guerrieri erano lontani, a caccia di bisonti. Una carica per massacrare, guidata da Custer e dalla musica della banda reggimentale che suonava “Garry Owen”. Cavallo Pazzo ascolta preoccupato e allerta tutto il campo. Le donne e gli uomini dormiranno armati e, i più, veglieranno nella tiepida notte di prima estate.
Di nuovo Custer e il suo 7° reggimento di assassini stanno arrivando per distruggerli. Hanno l’ordine di fare piazza pulita di ogni “selvaggio”. Il governo americano vuole l’oro delle Colline Nere. Il capitalismo imperiale ha fame di risorse per incrementare i profitti; di nuove ricchezze da strappare alla terra, a ogni costo. La disciplina del progresso che sta imponendo al mondo, lo pretende senza tregua. Il suo carburante proviene dallo sfruttamento di ogni risorsa e dal controllo totale delle vite. Dormono e vegliano, le donne e gli uomini Lakota, Cheyenne, Arapaho.
Aspettano l’alba e l’arrivo degli sciami di cavallette. Il sole si alza, finalmente, sul campo a due passi dal torrente che porta acqua fresca. Niente, però, succede e i sorrisi distendono i volti, fra i giochi dei bambini.
Si gioca e si parla e si ama, nel campo delle donne e degli uomini, ma tutti restano vigili e armati. La prima carica si scatena alle 3 del pomeriggio del 26 giugno 1876 e, subito, si risponde e si contrattacca. Tutti a cavallo, addosso agli assassini venuti per massacrare. Questa volta, però, non ci sono solo vecchi, donne e bambini come a Sand Creek e a Washita; ma i migliori combattenti delle grandi pianure.
Dopo un paio d’ore di scontri cruenti, fino al più selvaggio corpo a corpo, Custer e la maggior parte del suo reggimento giacciano, senza vita, al suolo.Cavallo Pazzo e Toro Seduto hanno guidato la resistenza e urlato oggi è un buon giorno per morire. Sono vivi e le cavallette morte ai loro piedi.
Sanno che non potranno vincere, alla fine; ma, hanno insegnato, per sempre, al loro popolo e a ogni altro essere umano, cosa fare per affermare il diritto di vivere in dignità.
Cavallo Pazzo sarà assassinato, a colpi di baionetta, il 5 settembre 1877 a Fort Robinson (Nebraska – USA).
Toro Seduto cadrà colpito dai poliziotti Lakota, venduti ai padroni Yankees, dopo un’ultima disperata ribellione, a STANDING ROCK, il 15 settembre 1890.
In questi giorni, a STANDING ROCK, i Lakota Soux stanno, ancora, resistendo per impedire la costruzione, deturpante e inquinante i corsi d’acqua, dell’oleodotto della compagnia Energy Transfer Partners; il cui tracciato prevede l’attraversamento dei fiumi Missouri e Mississippi, così come parte del Lago Oahe, vicino alla Riserva dei Sioux.
La protesta è stata lanciata, in primavera, da un’anziana Sioux di Standing Rock e dai suoi nipotini; decisi a bivaccare nel percorso dell’oleodotto a difesa della terra e del loro popolo. Durante l’estate, il movimento è cresciuto sino a contare migliaia di persone proveniente da ogni dove degli Stati Uniti. La repressione è stata, fin da subito, durissima, con botte e arresti indiscriminati (oltre 200). Si risponde con improvvisi blocchi stradali e manifestazioni senza tregua. I Lakota e tutte/i le/i solidali con loro, non indietreggiano. La lotta per il diritto alla vita e la liberazione della Terra continua.
Il nostro cuore batte al loro fianco.

martedì 9 ottobre 2018

Ridefinizione della lotta di classe

Parliamo di ridefinizione perché siamo preceduti da una definizione della conflittualità storica, alla quale nel periodo pre-imperiale si rapportava ogni destino: la lotta di classe. Questa definizione non è più operativa. Essa condanna alla paralisi, alla malafede e alla chiacchiera. Nel corso di un’altra epoca, non si può scatenare alcuna guerra, nessuna vita può essere vissuta. Per continuare la lotta, oggi, occorre liquidare la nozione di classe e, con essa, tutto il corteo di origini certificate, di sociologismi rassicuranti, di protesi identitarie. La nozione di classe, oggi, può servire tutt'al più a sciacquettare nel bagnetto di nevrosi, separazione e accusa continua con il quale, ci si diletta così morbosamente e da così tanto tempo in tutti gli ambienti della intellighenzia chic.
La conflittualità storica non oppone più due ammassi molari, due classi, gli sfruttati e gli sfruttatori, i dominanti e i dominati, i dirigenti e gli esecutori, tra i quali è possibile collocare ogni caso individuale. La linea del fronte, che non passa più nel bel mezzo della società, passa ormai nel bel mezzo di ciascuno, tra ciò che fa di ognuno un cittadino, i suoi predicati e il resto. Inoltre, in ogni ambiente si scatena la guerra tra la socializzazione imperiale e ciò che fin d’ora le sfugge. Un processo rivoluzionario può avere inizio da qualunque punto del tessuto biopolitico, da qualunque situazione singolare, accentuando fino alla rottura la linea di fuga che l’attraversa. Nella misura in cui intervengono tali processi, tali rotture, c’è un piano di consistenza comune, quello della sovversione anti-imperiale.
Ciò che fa la generalità della lotta è lo stesso sistema di potere, tutte le forme di esercizio e di applicazione del potere.
Far parte di un movimento rivoluzionario significa a grandi linee fissare le forme di vita nella loro diversità, intensificare, rendere più complesse le relazioni, elaborare tra noi nel modo più libertario possibile la distruzione di questa società.