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domenica 15 ottobre 2017

Vivere in una società anarchica, un esempio concreto

Come avete potuto facilmente intuire, tra gli obiettivi di questo blog c'è anche quello di far conoscere l'anarchia nella sua vera essenza, nel suo reale significato. Certamente non tutti i post sono di marca anarchica in senso stretto, questo articolo, invece, vuol far comprendere con un esempio concreto in che modo può compiersi l'anarchia, come si manifesta in una società e quali sono i suoi risultati (nel caso specifico illustrato).
Ad onor del vero, dobbiamo pur dire che molte delle nostre azioni o dei nostri pensieri sono di natura anarchica, ma non ce ne accorgiamo semplicemente perché non sappiamo cosa sia davvero l'anarchia. Ci sono stati casi, anche in Italia, in cui tutto lo spirito dell'ideale anarchico è emerso con la sua forza a sostegno benefico di tutta la collettività. Ed è proprio di un caso italiano che vogliamo parlarvi.
Breve e necessaria introduzione è ricordare che anarchia vuol dire letteralmente 'senza governo', ma gli anarchici non hanno mai inteso questa 'assenza di governo' come caos tout-court (l'associazione anarchia=caos, semmai, è frutto di una vile semplificazione da parte della propaganda diffamatoria di Stato), vedremo bene, invece, cosa sia un 'non governo'. Inoltre, va detto, l'anarchia è sostanzialmente amore per l'umanità, è collaborazione, autogestione, fratellanza. Vedremo anche questo, praticamente, senza 'se' e senza 'ma'.
Il più delle volte, l'interlocutore ignorante (che ignora), cade nella questione relativa al possibile problema sociale da affrontare attraverso l'anarchia (anziché attraverso il governo statale), sostenendo che questa non possa garantire un'organizzazione tale da risolvere quel dato problema. Errore. Anarchia è super-organizzazione (quindi ha anche delle regole, contrariamente a quel che erroneamente si crede, e non potrebbe essere altrimenti).
Facciamo finta di vivere in una città libera, anarchica, egualitaria, solidale. Purtroppo, dopo un triste giorno di pioggia ininterrotta, il grande fiume che attraversa la città rompe gli argini e invade tutto, ogni cosa al di sotto dei 5 metri viene sommersa, negozi, abitazioni, musei, fabbriche, opere d'arte, giardini... tutto distrutto, almeno un metro di fango si spalma sopra ogni cosa e porta -questo sì- caos e distruzione, anche la morte. Cosa fa una comunità anarchica di fronte a questo grande disastro? Delega alla Protezione Civile? No di certo, anche perché una Protezione Civile, nella forma orrenda in cui la conosciamo, non può esistere in quella città. Una comunità anarchica non delega il potere, fa da sola, si sbraccia e lavora per il bene collettivo, senza chiedere nulla, spontaneamente. Non dimentichiamo che a risolvere i problemi del mondo non è dio, ma sempre e solo gli uomini e le donne (la Protezione Civile, il governo, lo Stato, non sono divinità). Ecco che i cittadini, a poco a poco, trovano da soli la soluzione migliore per autorganizzarsi, ora in questo quartiere ora in quell'altro, creano catene di solidarietà concreta, offrono ospitalità e cibo, si autodispongono per togliere macerie e fango, pazientemente, ma con costanza e abnegazione, prendono ad una ad una le opere d'arte e le puliscono, così pure i libri antichi, ogni cosa. Pian piano tutto ritorna come prima e senza che nessuno abbia ordinato a quei cittadini 'vai là e aiuta' oppure 'non ti muovere da lì', ecc. anche perché, generalmente, i cittadini sanno benissimo da soli cosa sia giusto fare o cosa non lo sia, e tra i cittadini ci sono esperti in vari settori, che sanno distinguere e suggerire soluzioni, senza bisogno di dittatori.
Ebbene, tutto questo è successo il 4 novembre 1966 a Firenze, dopo l'alluvione disastrosa. Migliaia di giovani, spontaneamente e senza alcuna direttiva imposta dall'alto, si sono autogestiti e hanno salvato persone, opere d'arte, libri antichi, hanno offerto aiuto a tutti, predisposto gli animi alla collaborazione, infuso speranza e forza. Vennero chiamati 'gli angeli del fango', venivano anche dal resto del mondo (da non sottovalutare l'aspetto cosmopolita dell'anarchismo), non erano schiavi, nè padroni di nessuno. Firenze era rimasta viva anche durante quei lunghi giorni, i cittadini si sentivano sempre vicini alla loro città, forse ancora più di prima.
Quello fu un esempio concreto di comunità anarchica autogestita. Ce ne sono tanti di questi esempi, guarda caso soprattutto dove c'è una tragedia, ma ancora oggi i media di regime ben si guardano dall'associare a questi straordinari esempi di solidarietà la parola greca 'senza governo'.
Ora pensate a L'Aquila, ad Amatrice e ai loro terribili terremoti gestiti dal governo, pensate a Livorno e alla sua alluvione. La tv non ha neppure dedicato una virgola alla presenza solidale degli anarchici (tra gli altri, è ovvio) che pure c'erano e hanno dato una mano, purtroppo nei limiti imposti dalla Protezione Civile. Noi crediamo che se L'Aquila o Amatrice fossero stati una comunità anarchica, libera dai vincoli di Stato e di governo, a quest'ora i cittadini avrebbero risolto gran parte dei loro problemi e avrebbero, con l'aiuto anche nostro (di tutti), già ricostruito le loro case e forse anche il centro storico. Anche per questo motivo i governi e gli Stati sono da noi considerati (e lo sono) prigioni da abolire.