..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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mercoledì 16 agosto 2017

Il tiranno secondo Etienne de la Boétie:

«Vi sono tre tipi di tiranni: gli uni ottengono il regno attraverso l’elezione del popolo, gli altri con la forza delle armi, e gli altri ancora per successione ereditaria. Chi lo ha acquisito per diritto di guerra si comporta in modo tale da far capire che si trova, diciamo così, in terra di conquista. Coloro che nascono sovrani non sono di solito molto migliori, anzi essendo nati e nutriti in seno alla tirannia, succhiano con il latte la natura del tiranno, e considerano i popoli che sono loro sottomessi, come servi ereditari; e, secondo la loro indole di avari o prodighi, come sono, considerano il regno come loro proprietà. Chi ha ricevuto il potere dello Stato dal popolo […] è strano di quanto superino gli altri tiranni in ogni genere di vizio e perfino di crudeltà, non trovando altri mezzi per garantire la nuova tirannia che estendere la servitù ed allontanare talmente i loro sudditi dalla libertà, che, per quanto vivo, gliene si possa far perdere il ricordo. A dire il vero, quindi, esiste tra loro qualche differenza, ma non ne vedo affatto una possibilità di scelta; e per quanto i metodi per arrivare al potere siano diversi, il modo di regnare è quasi sempre simile».

Interessante l'analisi che Boétie fa sui modi in cui i tiranni convincono i cittadini a sottomettersi:

1) Abituarli all'abitudine e all'oblìo
«È incredibile come il popolo, appena è assoggettato, cade rapidamente in un oblio così profondo della libertà, che non gli è possibile risvegliarsi per riottenerla, ma serve così sinceramente e così volentieri che, a vederlo, si direbbe che non abbia perduto la libertà, ma guadagnato la sua servitù [...] È vero che, all’inizio, si serve costretti e vinti dalla forza, ma quelli che vengono dopo servono senza rimpianti e fanno volentieri quello che i loro predecessori avevano fatto per forza. È così che gli uomini che nascono sotto il giogo, e poi allevati ed educati nella servitù, senza guardare più avanti, si accontentano di vivere come sono nati, e non pensano affatto ad avere altro bene né altro diritto, se non quello che hanno ricevuto, e prendono per naturale lo stato della loro nascita. [...] Benché dunque l’indole umana sia libera, l’abitudine ha sugli individui effetti maggiori che non la loro indole, e così essi accettano la servitù se sono sempre stati educati come schiavi».

2) Abbrutirli
Qui Boétie elenca una serie di divertimenti, 'distrazioni poco serie' di cui i tiranni si servono per impoverire culturalmente il popolo, una sorta di televisione ante-litteram, com'è stata la musica elettronica e vuota degli anni '80 dopo l'impegno sociale dei cantautori nei '70, praticamente la strategia romana del 'panem et circenses'. Infatti dice:
«Così i popoli, istupiditi, trovando belli quei passatempi, divertiti da un piacere vano che passava loro davanti agli occhi, si abituavano a servire più scioccamente dei bambini che, vedendo le luccicanti immagini dei libri illustrati, imparano a leggere».

3) Dividerli
Se è vero che 'il popolo unito non sarà mai vinto', allora la strategia di Stato deve intervenire per fare in modo che il popolo venga diviso e litighi. Ma, al contempo, è necessario che il tiranno, il capo del governo, venga percepito come l'entità unificatrice, il tutore, il padre raccoglitore di tutte le istanze, l'eliminatore delle discordie interne al popolo (che il tiranno stesso aveva messo). Lo Stato deve essere percepito come un dogma, il cui rappresentante, il capo, dev'essere un Hammurabi o un faraone, colui che unisce il popolo sotto uno scettro (carta costituzionale).
«gli imperatori romani non dimenticarono neanche di assumere di solito il titolo di tribuno del popolo, sia perché quella era ritenuta sacra, sia perché era stata istituita per la difesa e la protezione del popolo, e sotto la tutela dello Stato. Così si garantivano che il popolo si fidasse di più di loro, come se dovesse sentirne il nome e non invece gli effetti. Oggi non fanno molto meglio quelli che compiono ogni genere di malefatta, anche importante, facendola precedere da qualche grazioso discorso sul bene pubblico e sull’utilità comune».

4) Gerarchizzarli
«non lo si crederà immediatamente, ma certamente è vero: sono sempre quattro o cinque che sostengono il tiranno, quattro o cinque che mantengono l’intero paese in schiavitù. È sempre successo che cinque o sei hanno avuto la fiducia del tiranno, che si siano avvicinati da sé, oppure chiamati da lui […]. Questi sei ne hanno seicento che profittano sotto di loro, e fanno con questi seicento quello che fanno col tiranno. Questi seicento ne tengono seimila sotto di loro, che hanno elevato nella gerarchia, ai quali fanno dare o il governo delle province, o la gestione del denaro pubblico […].Da ciò derivano grandi conseguenze, e chi vorrà divertirsi a sbrogliare la matassa, vedrà che, non seimila, ma centomila, milioni, si tengono legati al tiranno con quella corda […]. Insomma che ci si arrivi attraverso favori o sotto favori, guadagni e ritorni che si hanno sotto i tiranni, si trovano alla fine quasi tante persone per cui la tirannia sembra redditizia, quante quelle cui la libertà sarebbe gradita»