..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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domenica 31 dicembre 2017

Il criterio dell'Azione diretta

Le esigenze della biosfera e della biodiversità non possono essere negoziate nell'arena politica ma vanno calate nella pratica di un vissuto politico-sociale concreto e utopico allo stesso tempo, e in linea con la tradizione del rifiuto della delega e dell'auto-rappresentanza. La "guerra" per conservare spazi incontaminati (wilderness) non è semplicemente volta a preservare determinate possibilità di ricreazione all'aria libera, bensì si propone abbastanza aggressivamente di ricreare vaste aree di wilderness in tutti gli ecosistemi del pianeta: identificare aree chiave, chiudere strade, rimuovere insediamenti, e reintrodurre la vita selvaggia sradicata.
Il criterio dell'Azione diretta, ispirato ai principi della disobbedienza civile, include forme di protesta nonviolenta come i sit-in o tree-sitting, i raduni eco-pacifisti, il guerrilla-theatre, nonché le forme piu estreme collegate alle pratiche del sabotaggio ecologico (monkeywrenching). Flessibilità e capacità di adattarsi alle situazioni porta inoltre gli attivisti del movimento a non disdegnare di servirsi, all'occasione, di mezzi legali come le campagne di pressione per lettera o e-mail, la documentazione e raccolta di dati, la causa intentata contro privati responsabili di comportamenti non in linea con la legislazione sull'ambiente. Tali strategie vengono ritenute in alcuni casi necessarie, ma assolutamente non sostitutive dell'azione diretta nelle sue varie forme, definita come uno sforzo personale e focalizzato in prima linea nella guerra condotta contro il pianeta. Occorre rivendicare la funzione dell'arresto o della disobbedienza civile nel richiamare l'attenzione sui problemi della difesa delle foreste, della biodiversità e della wilderness.
Nel movimento, oggetto di dibattito particolare e l'opportunità di accettare o incoraggiare una strategia nonviolenta ma fortemente illegale come il sabotaggio ecologico, visto come massima forma di disobbedienza civile, da adottarsi in casi estremi: esso non viene ufficialmente riconosciuto ma parecchi attivisti lo praticano a titolo individuale (in ogni caso, con obiettivi mirati e modalità il più possibile nonviolente).

mercoledì 27 dicembre 2017

L’autorità di Alexandra David Néel

L'obbedienza è morte. Ogni istante in cui l'uomo si sottomette ad una volontà esterna, è un istante estirpato dalla sua vita. Quando un individuo è obbligato a compiere un atto contrario al suo desiderio o quando è gli viene impedito d'agire in funzione del suo bisogno, egli smette di vivere la sua vita personale e, se da un lato colui che comanda aumenta il suo potere nutrendosi della forza di colui che è sottomesso, colui che obbedisce viene annullato, assorbito da una personalità esterna; diventa nient'altro che forza meccanica, strumento a disposizione di un padrone. Quando si parla dell'autorità esercitata da un uomo su altri uomini, da un sovrano sui sudditi, da un padrone sugli operai, da un proprietario sui propri lavoratori domestici, si capisce immediatamente che egli impiega la vita dei propri sottomessi per la soddisfazione dei propri piaceri, dei propri bisogni, dei propri interessi: cioè a suo vantaggio, a favore dello sviluppo della propria vita a discapito degli altri. Ciò che in genere si riesce a cogliere in maniera meno chiara, è l'influenza nefasta delle autorità d'ordine astratto: le idee, i miti religiosi e non religiosi, le tradizioni, gli usi e costumi, ecc. qualunque manifestazione esterna dell'autorità ha sempre e comunque origine in un'autorità mentale.
Nessun tipo d'autorità materiale, legata a leggi o individui, trova attualmente forza e ragione in sé stessa. Nessun tipo d'autorità materiale si esercita realmente da sé, tutto si basa su delle idee.
Poiché l'uomo si curva in primis davanti alle idee, riesce ad accettarne in seguito la realizzazione tangibile delle diverse forme del principio d'autorità.
L'obbedienza è composta da due fasi distinte: si obbedisce perché non si può fare altrimenti; si obbedisce perché si crede che bisogna obbedire.
Nel momento in cui un organismo si costituisce, tutte le sue forze tendono verso un unico fine: conservare la sua esistenza personale alimentandola e difendendola contro qualsiasi tipo di influenza in grado di distruggerla o sminuirla.
In natura tutti gli esseri si sforzano verso la vita; tutti ricercano, secondo le proprie facoltà, il godimento ottenuto dalla soddisfazione del bisogno; tutti gli esseri fuggono dalla sofferenza, dalla privazione che è restrizione, diminuzione della vita. La vita universale ci appare come prodotta dal movimento incessante delle individualità molecolari che si aggregano secondo la loro composizione e gli ambienti che incontrano. Allo stesso modo l'uomo cosciente si unirebbe ai suoi simili secondo i suoi bisogni e le associazioni umane si formerebbero, dissolverebbero e riformerebbero seguendo solo la manifesta utilità.
Se la scienza non ci mostra nessuna traccia di governabilità dell'universo, perché immaginare che solo l'uomo debba fare eccezione? Non sarebbe invece più saggio concludere che, liberato da tutti gli ostacoli, egli si comporterebbe come tutti i corpi esistenti in natura: seguendo la legge propria che è in lui, non come un comando proveniente da un'autorità esterna, ma come una necessità del suo essere.

martedì 26 dicembre 2017

Cos’ è la civiltà di Lev Tolstoj

La teologia medievale, o la corruzione morale, avvelenarono soltanto i loro popoli, cioè una piccola parte dell’umanità; oggi l’elettricità, le ferrovie e i telegrafi rovinano il mondo intero. Ognuno si appropria di queste cose. Semplicemente non può far a meno di farle proprie. Ognuno ne soffre nella stessa maniera, costretto in egual misura a cambiare il suo modo di vivere. Tutti si trovano nella necessità di tradire quel che è più importante nella loro vita, la comprensione della vita stessa, la religione. Macchine, e per produrre che cosa? Telegrafo, per trasmettere che cosa? Libri, giornali, e per diffondere qual genere di notizie? Ferrovie, per andare da chi e dove? Milioni di persone aggregate insieme e sottomesse ad un potere supremo, per far che cosa? Ospedali, medici, farmacie per prolungare la vita, e a qual fine?
Quanto facilmente sia gli individui che nazioni intere prendono la loro cosiddetta civiltà per una vera civiltà; affinarsi con gli studi, avere le unghie pulite, andare dal sarto e dal barbiere, viaggiare all’estero, ed ecco fatto l’uomo civile. E per quanto riguarda le nazioni: quante più ferrovie è possibile, accademie, officine, navi, fortificazioni, giornali, libri, partiti, parlamenti. E così ecco fatta la nazione più civile.
Dunque un numero abbastanza grande di individui, come pure di nazioni, può esser interessato alla civiltà, ma non al vero progresso. La prima è facile e incontra approvazione; il secondo chiede severi sforzi, e perciò presso la grande maggioranza non incontra altro che disprezzo e odio, poiché rivela la menzogna della civiltà.

venerdì 22 dicembre 2017

La nuova alienazione

La scuola non è soltanto la nuova religione universale. È anche il mercato del lavoro in più rapida espansione che ci sia oggi nel mondo. La fabbricazione di consumatori è diventata il principale settore in sviluppo dell’economia. Nelle nazioni ricche, man mano che diminuiscono i costi di produzione, si assiste a una crescente concentrazione sia del capitale che del lavoro nella gigantesca impresa di preparare l'uomo a un consumo disciplinato. Nell'ultimo decennio gli investimenti di capitale in rapporto diretto con il sistema scolastico sono aumentati ancor più rapidamente delle spese per la difesa. La scuola offre occasioni illimitate di sprechi legittimi, fin quando non ci si renderà conto della sua distruttività e continuerà ad aumentare il costo dei palliativi. Se aggiungiamo agli insegnanti a tempo pieno i frequentatori a tempo pieno, ci accorgiamo che questa cosiddetta sovrastruttura è diventata il maggior datore di lavoro della nostra società.
È un fatto che viene spesso dimenticato dagli studiosi neomarxisti, i quali dicono che il processo di descolarizzazione dovrebbe essere rinviato o accantonato fin quando una rivoluzione economica e politica non avrà posto rimedio ad altre disfunzioni, ritenute tradizionalmente più fondamentali. Ma solo considerando la scuola un'industria si può programmare una strategia rivoluzionaria realistica. Per Marx il costo di produzione della richiesta di merci aveva un'importanza trascurabile. Oggi la maggior parte della manodopera umana è impegnata nel produrre richieste che possano essere soddisfatte da un'industria a forte intensità di capitale. La massima parte di questo lavoro viene fatto nella scuola.
Nello schema tradizionale, l'alienazione era una conseguenza diretta della trasformazione dell'attività lavorativa in lavoro salariato, che toglieva all'uomo la possibilità di creare e di essere ricreato. Oggi invece i giovani vengono alienati in partenza dalle scuole che li isolano mentre pretendono di essere sia produttrici che consumatrici della propria conoscenza, la quale è concepita come una merce messa sul mercato nella scuola. La scuola fa dell'alienazione una preparazione alla vita, togliendo così realtà all'istruzione e creatività al lavoro. Con l'insegnare la necessità di assoggettarsi all'insegnamento, prepara all'istituzionalizzazione alienante della vita. Una volta imparata questa lezione, le persone perdono l'incentivo a svilupparsi in modo indipendente, non trovano più niente che le attragga nello stato di reciproca relazione e si chiudono alle sorprese che la vita offre quando non è predeterminata dalla delimitazione istituzionale. E la scuola, direttamente o indirettamente, impiega una percentuale importante della popolazione. O tiene con se una persona per tutta la vita o fa in modo che essa si inserisca saldamente in qualche altra istituzione. La nuova chiesa universale è l'industria del sapere, che per un numero crescente di anni fornisce all’individuo sia l'oppio sia il banco di lavoro. Per questo la descolarizzazione è la premessa indispensabile di qualunque movimento per la liberazione dell'uomo.

domenica 17 dicembre 2017

Fermiamo le macchine

Qualsiasi rivolta contro il dominio non potrà rappresentare gli interessi generali se non trasformandosi in una ribellione contro la tecnica, una ribellione luddista. La differenza tra gli operai luddisti e i moderni schiavi della tecnica risiede nel fatto che quelli avevano un modo di vivere da salvare, minacciato dalle fabbriche, e costituivano una comunità, che sapeva difendersi e proteggersi. Per questo fu tanto difficile sconfiggerli.  La repressione diede luogo alla nascita della moderna polizia inglese e allo sviluppo del sistema della fabbrica e del sindacalismo britannico, tollerato e incoraggiato a causa del luddismo. Il cammino del proletariato comincia con un’importante rinuncia, anzi, i primi periodici operai L’Artisan del 1830 elogeranno le macchine sostenendo che alleviano il lavoro, e che il rimedio non è sopprimerle quanto sfruttarle loro stessi. Contrariamente a quanto affermavano Marx ed Engels, il movimento operaio si condannò all’immaturità politica e sociale quando rinunciò al socialismo utopico e scelse la scienza, il progresso (la scienza borghese, il progresso borghese), al posto della comunità e dello sviluppo individuale. Da allora l’idea per cui l’emancipazione non è progressista ha circolato negli ambienti della sociologia e della letteratura più che nel movimento operaio, ad eccezione di alcuni anarchici e seguaci di Morris o Thoreau. Così, per esempio, dobbiamo aprire il romanzo Metropolis, di Thea Von Harbou, per leggere arringhe come questa: «Dal mattino alla notte, a mezzogiorno, alla sera, la macchina ruggisce chiedendo alimento, alimento, alimento. Siete voi l’alimento! Siete l’alimento vivo. La macchina vi divora e poi quando siete esausti vi butta via! Perché ingrassate le macchine con i vostri corpi? Perché accettate le sue articolazioni con il vostro cervello? Perché non lasciate che le macchine muoiano di fame, idioti? Perché non le lasciate morire, stupidi? Perché le alimentate? Quanto più lo fate, più fame avranno della vostra carne, delle vostre ossa, del vostro cervello. Voi siete diecimila. Voi siete centomila! Perché non vi lanciate, centomila pugni assassini, contro le macchine?» Evidentemente, la distruzione delle macchine è una semplificazione, una metafora della distruzione del mondo della tecnica, dell’ordine tecnico del mondo, e questo è l’immenso compito storico dell’unica vera rivoluzione. È un ritorno al principio, al saper fare degli inizi che la tecnica ha proscritto.

venerdì 15 dicembre 2017

Cos’è l’anarchia

Anarchismo non è sinonimo di “famo come ce pare”, questo è lo stravolgimento di un’idea, oltre che di un termine. Il pensiero anarchico è sintetizzabile nella bella idea che vuole che ognuno sia così partecipe del bene comune da potersi governare da solo senza pregiudicare l’altro. Nulla a che vedere con il comunismo o la democrazia rappresentativa, cui è sott’intesa l’idea che le masse siano incapaci di evolvere e dunque bisognose di essere “governate”, per lo più da persone bramose di potere e ricchezza personale. Il terzo millennio è iniziato con una crisi profonda dei modelli e quasi sempre ciò è avvenuto perchè le idee, alla fine, camminano sulle gambe dei peggiori. Lo diceva già Lenin un secolo fa. Dunque non le idee mancano, ma uomini giusti che vogliano occuparsi di politica, intesa come cura della cosa pubblica. Mi rendo conto che è come se avessi detto “mi sento vivo da morire”. Infatti gli uomini “giusti” generalmente stanno alla larga dalla politica, che è l’arte del compromesso e talvolta della sopraffazione. Alla base di tutto questo discorso c’è l’uomo e le sue possibilità evolutive. Dunque dobbiamo dare per scontato che le possibilità ci sono, perchè ci sono sempre state e ci hanno condotto fuori dalla barbarie e dalla legge della jungla. Sappiamo anche che la barbarie arde sotto la cenere ed è pronta a riprendere vigore ogni volta che gli uomini “giusti” mollano. Dunque non si tratta di ripulire il mondo dai furbi, dagli ignoranti, dagli egoisti e dai sopraffattori (questa è davvero utopia, poiché i percorsi di crescita sono individuali, c’è chi evolve in un anno e chi non gli basta una vita intera), ma di far sentire queste persone come si sente un fumatore in un parco pieno do alberi: un disadattato, una persona fuori dal tempo, antica. In questa società occidentale i “disadattati” sono invece al potere e radicano nelle menti deboli questi ideali da par loro e gli uomini ‘giusti’ si nascondono nel privato, poiché le minoranze sono perseguitate fino a che il mondo sta in mano ai cosiddetti ‘governanti’. Ecco, spostare questi equilibri, capovolgere il sentire comune è il mestiere dell’Utopia. Dal mio punto di vista è sbagliato perfino il concetto di “maggioranza”, alla base della democrazia. Un esempio paradossale per spiegarmi meglio. Secondo il principio di maggioranza gli handicappati dovrebbero strisciare su e giù per le scale e invece ha vinto il principio di minoranza, non puoi più costruire case e uffici con barriere architettoniche perché non è vero che la maggioranza rappresenta sempre il meglio per tutti. I movimenti anarchici hanno frange che usano violenza, ritenuta commisurata alla violenza subita, perlopiù diretta alle cose e non alle persone, allo scopo di richiamare l’attenzione dei media. Su questo punto si può discutere all’infinito, ma alla fine non ne risulta sminuito il principio base: chi intende ‘governarci’, inevitabilmente ci pensa e ci tratta come bestiame, altrimenti non avrebbe scelto di guadagnarsi da vivere “governando” i propri simili. Questo è uno dei principi da abbattere, filosoficamente parlando, come fu abbattuto quello della schiavitù, della segregazione razziale e del lavoro minorile per dar posto al diritto all’istruzione, al lavoro e al suffragio universale. Tutto ciò è costato lacrime e sangue lungo centinaia di anni, in quanto non accade mai che si salga da qualche parte prendendo strade in discesa. La “globalizzazione” non è, come i media tentano di farci credere, un fenomeno ineluttabile, ma il tentativo di riunire il potere in pochissime mani. Questa oligarchia, economica, finanziaria e politica, si propone di governare il mondo più di quanto stia già facendo. Tutti i movimenti e i partiti, ad esclusione di quello anarchico, portano acqua a quel mulino. Il futuro penso che sia nel pensiero anarchico, poiché sempre più persone non intendono vivere la propria vita all’interno di un gioco di ruolo, dove tutto è previsto, indirizzato, manipolato, finto. Cito il pensiero anarchico poiché è una delle poche forme mentis che ci slegano dal forte bisogno di essere servi o padroni o entrambi e dunque non liberi di considerare la nostra unicità e, alla fine, solitudine nell’universo.
Anarchia è sinonimo di Utopia esattamente come lo era la Democrazia al tempo di Cesare. Dunque nessuna utopia, ma un’alternativa, una possibilità. Il fatto che tale alternativa necessiti di una rivoluzione sociale è vero, ma non più di quanto furono necessari altri stravolgimenti sociali per l’affermarsi del capitalismo, del fascismo e del nazionalsocialismo. L’idea che gli anarchici siano dei comunisti rivoluzionari non è esatta, ma si è radicata per via del fatto che ovunque ci sia stato da menar le mani per abbattere il potere costituito, gli anarchici c’erano e sempre in prima fila. A cominciare dalla Rivoluzione russa, ma anche prima. In verità, gli anarchici semplicemente sanno che senza rivoluzione sociale qualunque cosa si faccia è un piacere allo status quo, e allora si sono trovati spesso al fianco di movimenti rivoluzionari comunisti. Gli anarchici non fanno una questione di potere buono e potere cattivo, dunque non possono essere comunisti e statalisti. L’anarchia è anche altro… un modo di essere, una mentalità, un modo di vivere, un concetto e una visione differente della vita. É autonomia, rispetto, solidarietà, universalità, tolleranza, insomma… se la conosci t’innamori e dopo non potrai essere altro.
In vista e nella speranza di un sovvertimento sociale, gli anarchici sanno che opposte fazioni si contenderanno il potere. Per questa ragione la loro azione “pre-rivoluzionaria” è rivolta a promuovere il rifiuto di ogni forma di potere dell’uomo sull’uomo, a convincere insomma le masse che non esiste la necessità di essere servi o padroni, poiché questo assunto è solo un’invenzione di menti astute e antiche come il mondo, non una legge di natura.

mercoledì 6 dicembre 2017

La convivialità di Ivan Illich

Le persone vedono intorno a loro violenza, aggressività, odio... se ne lamentano, come per un atavico richiamo alla solidarietà, ma esse stesse sono violente, aggressive, odiose, sono intrappolate nel vortice del conflitto. Le persone, le masse, pensano che questa condizione conflittuale sia naturale, perché la vedono ovunque, la vivono, ma non si pongono alcuna domanda, il teorema della massa governata è il seguente: guardare, ipotizzare, sentenziare, tutt'al più verificare con quanto dice la propaganda di regime, la quale non può che darle l'informazione più rassicurante -per la massa come per il sistema- quella che la riporta con amore dentro il gregge. Un Piero Angela qualsiasi vale milioni di pastori. La verità sta oltre l'apparente, che poi è pure costruito. Un contesto coercitivo, qual è quello statalizzato, genera inevitabilmente conflitti, ed è il conflitto che genera l'odio, non viceversa. Un contesto libero, invece, rende le persone serene e poco inclini ai conflitti, quindi all'odio. Il senso del libro “La convivialità” di Ivan Illich è anche quello di far conoscere, diremmo meglio riconoscere, l'entusiasmante e antico incontro di un essere umano con l'altro in un rapporto reciproco sereno, libero, dove finalmente possa esprimersi la vera natura dell'essere umano, che è fondata sull'amicizia, sulla cooperazione, sulla curiosità della scoperta, sul mutuo appoggio e l'accordo.
Non è neanche questione di ideologia, ma di buon senso e di conoscenza delle cose, una conoscenza che supera il superficiale propagandato e dato -come certo- in pasto alle masse. E sul buon senso e l'analisi ragiona l'anarchia che, in quanto disposizione naturale e umana, lungi dall'essere un dogma, ha la triste sorte di ricevere gli attacchi del sistema e della società ormai sistematizzata. Tutte le credenze e le convinzioni della società possono essere facilmente scardinate, così come le parole usate dai governanti, il senso stesso della legge dello stato... tutto è smontabile, ed è stato smontato mille volte, e rivela una colossale menzogna, una macchina infernale di propaganda continua, inesorabile, che annichilisce le coscienze e le rende docili e sempre pronte a creare conflitti, sì che la massa, la società statalizzata, guardando intorno a sé tanto odio, anziché eliminare il conflitto che lo genera (usando il buon senso), chiami sempre in suo soccorso la macchina che lo crea. È un circolo vizioso.

domenica 3 dicembre 2017

La squola la squola la squola

È molto difficile parlare della scuola, è come parlare di qualcosa che ti è sopra e che ti tiene anche se tu capisci che non è bello, e vorresti fuggire; è come accusare qualcosa che sai essere sbagliata e vecchia e cattiva perché spesso ti fa male, ma non riesci a spiegare il motivo di questa situazione, perché ormai sei nel cerchio, assuefatto, rincretinito, e senti che non è giusto vivere la scuola e tutto ciò che essa comporta nel modo in cui sei costretto a viverli, ma ormai è tardi per potere capire e fare capire quello che soffri: la tua mente ormai è evaporata tra le sermoniche blaterature di vecchi libri-professori troppo disumanizzati per ascoltare te uomo e che ridono da-grandi-sempre-esatti-con-esperienze-piene-dei-miei-sputi; quando vedono la tua disperazione di vivere, il tuo mondo che non è solo scuola e libri-di-merda-di-sempre ma vita-di-uomo per non morire nelle parole studiate di libri lontano da me.
Ogni mattina mi alzo presto per andare a scuola; ogni mattina passi scontenti, ogni mattina una grande pena per le quattro o cinque ore che devo sopportare, ma questo solo quando ero ancora deluso nelle mie giovani speranze della scuola, quando erano illusioni di scuole di vita, di cose e persone interessanti, di professori che ti vedono persona e non registratore pappagallesco di parole imparate in forme mnemoniche per il numero (voto) dell’ingresso in società, questo ora non più.
Ora solo l’indifferenza della giornaliera monotonia, ora la rabbia di sopportare questa ineducazione alla vera vita, questo insegnamento che ti fa bravo uomo di merda per cui il professore ha sempre ragione oppure bravo alunno che vede solo rosa e Gesù Cristo che ha salvato il mondo. E non puoi ribellarti contro il professore che ti chiama cretino-stupido-ignorante-cafone, perché gli anni saltano e sei sempre bastonato nei tuoi urli di disperazione. Devi sempre solo tacere o blaterare almeno da sei (6= sufficiente … per vivere?!!!) e devi far presto per fuggire quando “il periodo di preparazione alla vita della società” è finito, ma ormai sei cretino perché ti hanno vinto e tu non sai più se sei tu o Cicerone o Napoleone o Alessandro Manzoni e radice quadrata di buon-uomo-con-la-vita-onesta-assicurata (leccando i piedi sporchi del raccomandatore con bustarella). E non ditemi per questo “perché ci vai?” perché non voglio agonizzare con 70.000 lire al mese con moglie e figli risparmio per il televisore-casa-frigorifero, e non voglio diventare l’acciaio di catene di montaggio (tic-tac per giorni-anni-vite) e la sola speranza (leggi: illusione) di (non) vivere in modo poco migliore(?) (differenza =illusione) è diventato bravo scolaro, studioso, disciplinato (bla bla bla) e prendere il biglietto di ingresso al mondo dei grandi (la vispa Teresa …) (biglietto = diploma, licenza, calcio nel sedere) o meglio prendere pezzo di carta più utile per funzioni più igieniche se non fosse la vita lavoro- soldi-vecchiaia e morte (onorata se son dottore, banale se sono operaio). 
Per questo vado a scuola, per prendere i segni sufficienti della mia insufficiente vita.


(Tratto da Mondo Beat numero 1, 1 marzo 1967)

mercoledì 29 novembre 2017

L’economia come disarmonia e conflitto

Non c’è un tempo, non c’è un luogo, un’esperienza umana dove la supremazia dell’economia abbia mai prodotto alcuna soluzione globale. L’economia al posto di comando significa inesorabilmente disarmonia e conflitto, perché ogni volta che essa funziona, funziona soltanto per un settore o per una parte (se poi non funziona non funziona per nessuno se non per LORO). Bilanci, fatturati, e indici di produzione appartengono a una grande bugia, perché nel mondo sottomesso all’economia, in testa a tutte le classifiche c’è la produzione di infelicità. Questa è la merce definitiva, il prodotto dei prodotti.
Perché l’economia non domina soltanto l’esistenza sociale, ma è scivolata ben dentro le menti, i comportamenti, le relazioni personali: guadagno, risparmio, investimenti, ricavi e costi, sono categorie che l’umanità è arrivata ad applicare a ogni circostanza; in questo senso l’economia è la più diffusa e micidiale delle sostanze inquinanti, la vera droga pesante con miliardi di tossicodipendenti. Il prezzo antropologico che l’umanità paga per qualche dose/bustina di benessere economico è lo sterminio e la depressione delle ricchezze vitali.
Non è certo nelle mani degli economisti che c’è un futuro per l’economia. Perché come tutti coloro che pretendono di seguire una fredda oggettività, gli economisti costruiscono una disciplina estranea alla ricchezza vitale. E ormai sempre più una disciplina separata, specializzata, freddamente oggettiva e razionale, non è soltanto odiosa, è anche profondamente stupida.
Alleggerire l’economia da ogni primato e da ogni privilegio è il solo modo per riservarle una possibilità di salvezza (sempre se vale la pena salvarla).
È in una dimensione di ricerca globale di nuove forme di vita, che ci potrà essere una terapia per l’economia. Alla borsa, nelle banche e nelle menti andrebbe messo un cartello con scritto: senza espansione della felicità niente sviluppo economico.

sabato 25 novembre 2017

Fuori dal gregge

lo vivo fuori dal gregge; vi rifuggo tutti, voi. i vostri pastori e i vostri cani. Ho detto addio a tutto ciò che vi appassiona; ho rotto con le vostre tradizioni; non voglio saperne niente della vostra società pazzoide; le sue menzogne e la sua ipocrisia mi disgustano. In mezzo alla vostra falsa civilizzazione io mi isolo; mi rifugio in me stesso; non trovo pace che nella solitudine. Non voglio più frequentarvi; mi metto al riparo da voi, perché siete tutti colpiti dalla follia: vi affannate per vivere più velocemente; vi affrettate, correte, vi spurgate. La vostra esistenza febbrile vi impedisce di pensare, di sognare, di sentire. E tutta questa frenesia non ha altra causa che il vostro accanimento per il guadagno: guadagnare denaro è per voi la legge suprema; arricchirvi, ecco il vostro unico scopo.
Non sapete che lavorare, sudare e votare. È per lo sporco denaro. questo dio della nostra sporca epoca. che dichiarare la guerra; è per lui che uccidete e vi fate uccidere. Vi rendete infelici per lui; vi esaurite. Vi suicidate per lui. Non vi passa neanche per la testa di ridurre i vostri bisogni, di rinunciare ai vostri desideri, di pacare il vostro cuore. Nessuno di voi manifesta l’intenzione di rompere con l’infernale stato di cose attuale.
Ah! Siete stati gettati nell`ingranaggio sin dalla nascita. Ma che dico? Prima che veniste al mondo, la vostra sorte era già decisa, la vostra vita tracciata e, da che avete fatto la vostra apparizione, vi hanno sottoposti a ogni sorta di influenza, familiare innanzitutto, scolastica poi, più avanti militare, e infine sociale.
Vi hanno insegnato a modellare la vostra esistenza su quella dei vostri genitori; hanno diretto i vostri sentimenti; hanno soffocato le vostre aspirazioni; vi è stata insegnata una morale; vi hanno inculcato delle credenze religiose; vi hanno prescritto doveri civici, obblighi mondani; vi hanno plasmati, impastati, triturati; vi hanno stritolati sotto tutte le convenzioni, sotto tutti i pregiudizi, sotto tutti gli errori.
Vi hanno imposto regole; vi hanno circondato di costrizioni; vi hanno eretto davanti barriere; vi hanno assegnato limiti; vi hanno forgiato catene. Hanno talmente annichilito la vostra individualità che infine avete perso la coscienza di voi stessi. E quando un non-conformista, facendo tabula rasa dei falsi valori, cerca di spiegarvi il sublime poema della vita, di svelarvi la verità, di denunciare gli artifici che la snaturano, le convenzioni che la mutilano, le menzogne che la imbruttiscono, vi rifiutate di ascoltarlo. Se questi prova a purificare il vostro spirito elevandolo al di sopra dei miasmi morbosi che esalano dalla materia, se vi predica la vita interiore, la sola che sia degna di essere vissuta, voi sogghignate e lo prendete per pazzo, lo alienate.
Sub-umani radunati in greggi, avete tutti la stessa mentalità gregaria; belate tutti, con lo stesso tono, gli stessi luoghi comuni.
È per questo che vi rifuggo, voi, i vostri pastori e i vostri cani.


Henri Gustave Jossot

martedì 21 novembre 2017

Auguste Vermorel

L'oggetto del socialismo è sopprimere il governo, abolire il principio arbitrario dell'autorità e sostituire alla gerarchia dei poteri politici l'organizzazione delle forze industriali.
È meglio per il popolo, o per la minoranza delle persone che sono consapevoli della loro idea, astenersi dal votare contro i suoi principi e contro la sua coscienza.
Ciò che si chiama libertà, nel linguaggio politico, è il diritto di fare leggi, cioè di incatenare la libertà.

Auguste-Jean-Marie Vermorel
Comunardo 1841-1871

lunedì 20 novembre 2017

Do It Yourself

Il motto Do It Yourself (DIY), cioè letteralmente fatelo da soli o fatelo voi stessi, presente spesso nella cultura punk, è l'invito a non delegare ad altri ciò che possiamo fare noi stessi.
L'etica del DIY è liberamente associata al punk e a vari movimenti anticonsumisti che rifiutano l'idea che ogni cosa di cui un individuo necessita debba essere per forza acquistata. Un famoso slogan anarcho punk difatti recita: «DIY not EMI'»; questa vuole essere una presa di posizione consapevole contro le major della distribuzione musicale. Molte delle prime band anarcho punk sono state edite dalla Crass Records, casa discografica di autoproduzione dei Crass.
Il DIY è un pensiero che può essere applicato in qualsiasi ambito della vita quotidiana, ma è comunque una chiara presa di posizione anti capitalista. Nello specifico campo della musica ci si riferisce a quegli artisti che, opponendosi al sistema stabilito dall'industria musicale attuale, preferiscono autoprodursi e autopromuoversi con mezzi propri. Un altro aspetto importante del DIY è la produzione e distribuzione di fanzine, ossia giornali autoprodotti, che cercavano di diffondere notizie e idee della scena punk. In Italia una delle prime esperienze di autoproduzione con le fanzine fu OASK?! degli Indiani metropolitani nel "77; questi ultimi erano i fricchettoni e rappresentavano il primo movimento punk italiano, che in comune al punk inglese, nato nello stesso periodo, aveva l'impostazione nichilista, ma era un movimento libertario sorto come politico-ideologico, a differenza di quello inglese che prendeva le mosse semplicemente dalla cultura rock.
Il movimento che si ispira al DIY non è omogeneo, ma dal punto di vista politico esso assume un significato alternativo allo strapotere dello Stato e del capitalismo. Coloro che si ispirano a questo slogan sono molto spesso legati al movimento anarchico, quindi legati al principio dell'autogestione e dell'autonomia. La necessità di creare, di avere una certa indipendenza rispetto all'industria e alle multinazionali, in modo da sganciarsi dalle loro politiche consumistiche, li porta spesso a trovare soluzioni personali gratuite o a basso costo che vanno in antitesi alla mercificazione dominante.
In parole semplici, il fatelo da soli è una forma di autogestione, senza dover aspettare o sperare nella volontà degli altri per realizzare le proprie idee o convinzioni.

venerdì 17 novembre 2017

Squat

Con il termine squat s'intende quell'azione volta ad occupare una proprietà pubblica o privata. Gli occupanti o squatters, compiono queste azioni per due ragioni principali: motivazioni economiche e/o politiche.
Il termine squatter - squatter (sku̯å′të) s. ingl. [der. di (to) squat «accovacciarsi» (a sua volta dal fr. ant. esquater «comprimere»), poi «occupare senza averne diritto»] - nel XIX secolo indicava i coloni inglesi che occupavano i territorî liberi dell'Australia senza averne titolo legale.
Le occupazioni di proprietà pubbliche e private si sono susseguite nel corso di tutta la storia dell’umanità. É quindi ben difficile stabilire con precisione il momento della nascita del movimento degli squatters.
§         In Italia le prime occupazioni dei cosiddetti CSOA (Centro Sociale Occupato Autogestito) nascono negli "anni '70", i primi a Milano, con lo scopo di contrastare l'alienazione della vita metropolitana, di promuovere informazione alternativa e controcultura e di sganciarsi dalle restrizioni dei partiti istituzionali.
Un momento drammatico della storia degli squat italiani si è verificato nel marzo del 1998, quando vengono arrestati a Torino tre squatters, Edoardo Massari, Maria Soledad Rosas e Silvano Pelissero, tutti accusati di ecoterrorismo. Dopo il suicidio di "Baleno" (soprannome di Edoardo Massari) e Soledad, Silvano Pelissero viene assolto dalle accuse, rivelatesi infondate, di appartenenza al fantomatico gruppo terroristico dei "Lupi Grigi".
§         In Francia, le prime tracce degli squatters risalgono alla Parigi del 1912, quando l’anarchico Georges Cochon e alcuni operai tappezzieri costituirono l’Unione Sindacale dei Locatieri. La stampa libertaria e les chansonniers (Charles d'Avray, Montéhus...) esaltarono le loro azioni che gli portarono ad occupare hotels, negozi, case e vari luoghi insoliti (la camera dei deputati, caserme, prefetture), divenendo molto conosciuti anche grazie ad un opuscolo pubblicato in «l'Humanité» tra il 17 novembre 1935 e il 17 gennaio 1936.
§         In Australia il termine squatters nasce in riferimento agli agricoltori che, pur non avendo alcun diritto legale, nel XIX secolo occupavano le pubbliche terre. Dal 1824 queste occupazioni sono state via via regolamentate, molte volte senza alcun successo. Purtroppo spesso questi "occupatori" si sono trasformati in grandi proprietari terrieri o in usurpatori dei territori degli aborigeni.
§         In Brasile, le occupazioni sono sempre state una necessità delle comunità più povere, obbligate ad "arrangiarsi" per trovare un tetto sotto cui riparsi. Le Comunità squatters brasiliane non sono altro che quelle che vengono chiamate favelas (es. la favela di Rocinha, Rio de Janeiro, è abitata da circa 500.000 persone, ma in tutto il Brasile si contano circa 25 milioni di persone che vivono nelle favelas). A San Paolo esiste un movimento, l’MSATC, che si prefigge lo scopo di agevolare le occupazioni di massa di case e di edifici abbandonati, utilizzando tutti i mezzi possibili (si avvalgono della collaborazione di avvocati che difendono gli occupanti sulla base della costituzione brasiliana che garantirebbe un tetto a ogni cittadino) per impedire lo sgombero. Esistono anche squatters rurali, come il movimento dei Sem-terra, fortemente osteggiato dalle autorità e dai capitalisti fondiari, che contano approssimativamente 1.5 milione di membri.
L’occupazione e l’autogestione di spazi pubblici (stabili abbandonati, ex fabbriche, ville, case sfitte, ecc.) sono giustificati dalla necessità di liberare degli spazi dall’influenza delle istituzioni e dei partiti. Le occupazioni si sono susseguite in varie città d'Italia, senza scopo di lucro, senza fini commerciali, senza mire partitiche, fino a diventare luoghi di abitazione di alcuni.
Nella quasi totalità dei casi gli occupanti sono impegnati nelle lotte dell'estrema sinistra, della sinistra extra-parlamentare e naturalmente degli anarchici. Sviluppano talvolta progetti legati anche alla diffusione di materiale ed informazioni anarchiche, sganciati però dalle logiche del profitto capitalistico. Gli infoshop sono un classico esempio di questi progetti.
Per riferirsi alle case occupate dagli anarchici spesso si usa la dicitura squat (e squatters per gli "occupanti"), preferita per differenziarsi dalla pratica degli altri centri sociali e per spiegare meglio il genere di lotta specifica che si porta avanti. È il sito web Tuttosquat che spiega il perché di questa scelta:
«Meglio la dicitura squatter anarchici... Abbiamo preso in considerazione il fatto che il termine squat viene usato in tutto l’occidente per indicare gli occupanti di case, dalla Francia, alla Svizzera, all’Inghilterra, alla Germania, agli Stati Uniti, all’Est. Non è una dissertazione sulle etichette ma il nostro modo di vedere le manipolazioni mediatiche rispetto ad un nome e alla dignità della pratica complessiva delle case occupate che investe più globalmente l’autogestione della vita e chiede la sovversione dell’esistente».

martedì 14 novembre 2017

Definizione minima delle organizzazioni rivoluzionarie

Definizione minima delle organizzazioni rivoluzionarie
Ovvero come riconoscere quelle che non lo sono
Considerando che l'unico fine di una organizzazione rivoluzionaria è l'abolizione delle classi esistenti attraverso una via che non comporti una nuova divisione della società, definiamo rivoluzionaria ogni organizzazione che operi con conseguenza per la realizzazione internazionale del potere assoluto dei Consigli operai, quale è stato abbozzato dall'esperienza delle rivoluzioni proletarie di questo secolo.
Una tale organizzazione o presenta una critica unitaria del mondo, o non è niente. Per critica unitaria intendiamo una critica pronunciata globalmente contro tutte le zone geografiche in cui sono installate le diverse forme di poteri socio-economici separati, e parimenti pronunciata globalmente contro tutti gli aspetti della vita.
Una tale organizzazione riconosce l'inizio e la fine del proprio programma nella decolonizzazione totale della vita quotidiana; non mira dunque all'autogestione del mondo esistente da parte delle masse, ma alla sua trasformazione ininterrotta. Essa conduce la critica radicale dell'economia politica, cioè il superamento della merce e del salariato.
Una tale organizzazione rifiuta di riprodurre al suo interno le condizioni gerarchiche del mondo dominante. L'unico limite della partecipazione alla sua democrazia totale è il riconoscimento e l'auto-appropriazione da parte di tutti i suoi membri della coerenza della sua critica: questa coerenza deve essere presente nella teoria critica propriamente detta, e nel rapporto fra questa teoria e l'attività pratica. Essa compie una critica radicale di ogni ideologia in quanto potere separato delle idee e idee del potere separato. Così essa è ad un tempo la negazione di ogni sopravvivenza della religione e dell'attualespettacolo sociale che, dall'informazione alla cultura di massa, polarizza; ogni comunicazione degli uomini intorno ad una ricezione unilaterale delle immagini della loro attività alienata. Essa dissolve ogni "ideologia rivoluzionaria" smascherandola come ratifica del fallimento del progetto rivoluzionario, come proprietà privata di nuovi specialisti del potere, come impostura di una nuova rappresentazioneche si erge al di sopra della vita reale proletarizzata.
Poiché la categoria della totalità è il giudizio ultimodell'organizzazione rivoluzionaria moderna, questa è infine una critica della politica. Essa deve esplicitamente mirare, con la sua vittoria, alla propria fine in quanto organizzazione separata.

ASSOCIAZIONE PER LA PROPAGAZIONE DELL'EPIDEMIA DI RABBIA CONTAGIOSA
Bologna, 23 settembre 1977


(Tratto dal pamphlet: Benvenuti nella città più libera del mondo)

mercoledì 8 novembre 2017

L’insurrezione selvaggia da Bedlam Rovers

I politici cercano in continuazione di prendersi cura dei lavoratori per migliorare le nostre condizioni. Il problema è che non li stanno mai ad ascoltare. Se lo facessero, capirebbero che in sostanza non vogliono lavorare, e non vogliono lavorare specialmente in un mondo come questo, né in qualsiasi altro programma di autogestione dei lavoratori. L’idea di autogestire la nostra schiavitù è ancor meno allettante dell’avere un nemico che fa schioccare la frusta. NOI sappiamo che l’industria non ci offre felicità né appagamento, perché ci viviamo dentro e perché l’abbiamo costruita. Questa storia dei politici di sinistra o dei sindacati che ci dicono che solo nelle fabbriche gestite dai lavoratori possiamo trovare la liberazione deve finire. Credete che la loro utopia eliminerà l’inquinamento e le sostanze tossiche prodotte dall’industria, l’abuso dei bambini e delle donne prodotto dal disprezzo che si prova per se stessi lavorando come bestie, e l’abuso di se stessi con droghe e alcol per riuscire a sopportare il lavoro o per essere più efficienti? A tutto questo la risposta è NO!
L’apparato industriale non può funzionare senza nocività. Contrariamente a quanto credono la maggior parte dei politici di ogni colore, non esiste una tecnologia eco-compatibile, il computer senza il quale non potete vivere non può essere fabbricato senza sostanze tossiche. Così, mentre liberate voi stessi, avvelenate anche l’aria che respirate e l’acqua che bevete, oltre a uccidere molte altre specie. Anche senza i capitalisti, il lavoro servile, duro, noioso, ripugnante continuerà ad esistere finché avremo bisogno di lavorare. Un’economia mercantile non può funzionare senza che la maggioranza delle persone continui a svolgere lavori di routine. Ora, se si crea un mondo in cui possiamo disporre di qualsiasi merce vogliamo: credete che la gente lavorerebbe meno? A quel punto lavoreremmo per la merce stessa, diventando quindi schiavi della merce e non più dei capitalisti. Non stiamo lottando per ottenere il nostro posto nella catena di montaggio e passare la vita lavorando. Non crediamo che gli esseri umani siano i razionali “eredi del pianeta”. I politici non hanno niente da offrire alla nostra rivolta quotidiana. Allora che cosa dobbiamo fare? Ci hanno fatto credere che per cambiare dobbiamo andare a destra o a sinistra. Fottetevene. La risposta è l’insurrezione selvaggia.

domenica 5 novembre 2017

Staccate la spina se volete la luce

“Se cerchi risultati differenti, non fare sempre le stesse cose”; così affermava Einstein quando voleva dire al mondo che le sue scoperte sono derivate dalla messa in discussione dei modelli scientifici secolari e delle convinzioni più radicate. Non fare sempre le stesse cose, altrimenti si ripetono inevitabilmente tutti gli errori e non si progredisce. Logico, no? Ora, immaginiamo un potente organismo di controllo e di diffusione del modello sociale, un organismo capace di nascondere o deviare la conoscenza di altri modelli, ci troveremo di fronte a una massa di governati (popolo) che non ha alcuna possibilità di pensare ad altro all'infuori di quello che già conosce e che viene costantemente propagandato, talmente propagandato che il modello dato in pasto alla massa diventa addirittura dogmatico. Siamo di fronte ad un'umanità storicamente plagiata, che da 3000 anni sbatte la testa alla ricerca della sua originaria libertà, ma che non può, non sa, o non vuole trovare, e le soluzioni che gli sembrano valide, quelle che il sistema gli vende a caro prezzo, risultano vane, fallaci, sono gli errori di sempre, la propaganda di sempre.
Quando una voce si alza a difesa di una vera soluzione, una voce che propone un modello-altro, l'aspetto dogmatico del paradigma imposto prende il sopravvento nelle coscienze plagiate, e produce nella massa un rifiuto esistenziale verso il modello-altro e anche verso colui che lo propone. I motivi di questo rifiuto sono molteplici, poiché l'inclinazione dogmatica di un pensiero si realizza attraverso l'impiego di molti strumenti, tutti inerenti alle tecniche di persuasione di massa. Cosa fare? Qual è il modo migliore per disingannare le coscienze plagiate e liberarle dall'unico modello che conoscono? Le risposte le abbiamo, ma per i motivi sopra descritti sono puntualmente e stoltamente attaccate dai più. Diciamo solo che la massa sta facendo il gioco del sistema, perpetuandolo inconsapevolmente, e quando se ne renderà conto rimpiangerà di aver fatto perdere così tanto tempo alla propria libertà. Poveri figli e nipoti. Quanto tempo ancora?

venerdì 27 ottobre 2017

Sono stato in rivolta per tutta la vita

Sono stato in rivolta per tutta la vita, scrisse in una sua lettera. E per un giovane nero cresciuto nel ghetto, la prima rivolta è sempre il crimine. George ebbe la sua prima esperienza con la legge americana a quattordici anni, quando fu arrestato a Chicago per il furto di una borsetta. Da quel momento in poi la sua vita è stata un susseguirsi costante di arresti, riformatori, rilasci provvisori, e altri arresti ancora. A diciotto anni fu condannato per un furto di settanta dollari a un distributore di benzina. Il suo avvocato gli promise che si poteva giungere ad un accordo con il pubblico ministero, se George si fosse dichiarato colpevole di rapina di secondo grado. Dati i suoi precedenti, gli disse, questa era la sua unica possibilità. “Non insistere con la corte per un processo che costa caro, e loro ti daranno una pena minore”. Invece ebbe una condanna a tempo indeterminato: da un anno a una vita.
La primissima volta fu come morire. Soltanto per esistere in gabbia occorre un grosso riadattamento psichico. Quello di essere catturato era sempre stata la prima delle mie paure. Può darsi che fosse innata. Poteva essere una caratteristica acquisita nel corso dei secoli di schiavitù nera.
La svolta decisiva della sua vita si ebbe quando scopri Marx, Lenin, Trockij, Engels e Mao. Durante i primi anni di prigionia non studiò altro che economia e discipline militari. Conobbe i guerriglieri neri, George “Big Jake” Lewis, e James Carr, W.L. Nolen, Bill Christmas, Terry Gibson e molti altri. Tentarono tutti insieme di trasformare la mentalità del criminale nero nella mentalità del rivoluzionario nero.
Le approfondite indagini sociali di Marx e degli altri diedero ai carcerati la possibilità di sentirsi membri della comunità umana, e membri di una fratellanza rivoluzionaria.
Dedicarsi alla rivoluzione in carcere ha un significato particolare, e un prezzo particolare. Essere individuati come rivoluzionari dalle autorità carcerarie comporta il rifiuto quasi permanente di ogni libertà provvisoria, separazione dagli altri detenuti, celle di isolamento (in genere nel braccio di vigilanza speciale del carcere), trasferimenti da un carcere all’altro, pestaggi, cibo pessimo. Ti scende addosso l’intera forza repressiva e punitiva di un sistema completamente totalitario: IL CARCERE.

lunedì 23 ottobre 2017

Rivoluzione, anarchia e comunismo di Carlo Cafiero

Anarchia vuol dire assenza di potere, assenza di autorità, assenza di gerarchia, assenza di ordine prestabilito – ordine stabilito dai pochi o dai primi, che è legge per i molti o per i secondi.
È mai possibile essere libero quando si è sottoposto ad un potere o ad una autorità qualunque? Si può mai considerare libero quell’uomo che può ricevere un comando da un altro uomo? Dov’è mai la nostra libertà, quando noi siamo costretti dalla legge a conformarci ad un ordine prestabilito, il quale ci riesce già insopportabile per il solo fatto che ci è imposto? Un vero amico della libertà deve essere nemico di ogni potere, di ogni autorità, di ogni comando, di ogni elevazione di uomo al di sopra di altri uomini, deve essere nemico di ogni legge, di ogni ordine prestabilito, deve essere, in una parola, un anarchista.
La vera libertà non si otterrà che nell’anarchia, che è per conseguenza il primo termine necessario della rivoluzione. Oggi, l’anarchia vuole che si attacchi, si combatta e si distrugga lo stato, che è l’organismo di tutti i poteri costituiti: la grande macchina politica che opprime l’uomo assicurandone lo sfruttamento. Ma fatta tavola rasa di tutto l’ordine esistente, l’anarchia esige che s’impedisca ogni nuovo impianto di autorità, ogni nuova supremazia, ogni nuovo dispotismo, ogni impianto di nuovo stato.
Oggi l’anarchia ha un carattere aggressivo e distruttivo: domani avrà un carattere preservativo e protettivo. Oggi è rivoluzione diretta: domani rivoluzione indiretta, impedimento della reazione.
Domani abbattuti gli ostacoli, l’anarchia sarà solidarietà ed amore: libertà completa di tutti. Essa formerà l’ambiente necessario allo sviluppo della felicità umana, allo sviluppo della vera libertà e della vera uguaglianza, all’avvenimento ed allo stabilimento definitivo della rivoluzione fra gli uomini. Anarchia sarà domani libero e completo sviluppo dell’individuo, che spinto solamente dai suoi gusti, dalle sue tendenze e simpatie, si assocerà con gli altri nel gruppo, nella corporazione od associazione che dir si voglia, le quali alla loro volta si federeranno liberamente nel comune, come i comuni nella regione, le regioni nella nazione e le nazioni nell’umanità. 

sabato 21 ottobre 2017

Emergenza smog. Ma davvero la questione è lasciare a casa la macchina?

Tutta l’area padana è ormai letteralmente avvolta, da giorni, da una cappa densissima di smog. I dati, per quanto disincarnati, fanno paura: oltre 35.000 decessi non accidentali legati all’inquinamento atmosferico in Italia, la stragrande maggioranza concentrata nell’area padana. Respiriamo ogni giorno una nuvola di merda.
Davanti a quella che è la vera “emergenza sicurezza” in Italia, la risposta sembra essere la moltiplicazione di campagne per la riduzione del danno che prendono di mira i comportamenti dei singoli: prendete meno l'auto, non accendete il riscaldamento e poi non fate sport all'aperto, non aprite le finestre. Tra poco arriveremo al "respirate meno".
È importante sottolineare che si tratta di un atteggiamento assolutamente trasversale, a Torino hanno fatto scalpore le dichiarazioni della giunta 5 stelle ma questo tipo di approccio colpevolizzante e individualizzante è anche sempre stato l’approccio storico della sinistra civica alle questioni ambientali. In sostanza si tratta di una prospettiva moralistica, che depoliticizza la questione inquinamento rinviando alle scelte dei singoli (senza, per altro, analizzare da cosa quest’ultime sono influenzate).
Sembra banale ma è importante invece sottolineare che l’inquinamento atmosferico è fortemente influenzato dal sistema produttivo in cui viviamo (inquinamento industriale, legato all’agricoltura intensiva etc.). E poi c’è la questione dei comportamenti. Il punto non è certo dire che le scelte di ognuno non hanno un impatto (ce l'hanno eccome) ma di capire che anche queste scelte non sono questione di pura volontà ma la risposta alle ingiunzioni che subiamo. Scelte che sono limitate per tutti ed influenzate in particolare dalla precarietà, dalla situazione abitativa, dal reddito. Per esempio, chi abita in centro ha più mezzi pubblici o può andare a lavoro addirittura in bicicletta, c'è sempre meno lavoro e quindi siamo costretti a farci sempre più chilometri per arrivarci, chi è benestante ha una casa ben isolata che gli permette di accendere meno il riscaldamento etc, etc..
Nel sistema capitalista, in particolare nello spazio metropolitano, la gestione dei flussi è da sempre studiata per massimizzare i profitti e non la salute delle persone. Il trasporto pubblico è caro, molte zone della città sono coperte poco e male perché le aziende che gestiscono bus e metro seguono criteri di redditività, in maniera generale le risorse sono usate per progetti inutili che fanno i profitti di pochi invece che per i bisogni di tutti (pensiamo alla Torino-Lione, con 10 km di TAV se ne fanno 16 di metropolitana).
Finché non capiamo che viviamo in un sistema malato il problema dell'inquinamento continuerà a riproporsi ciclicamente. E i politici non potranno che continuare a fare la danza della pioggia e a farci il predicozzo.

giovedì 19 ottobre 2017

Posso io vivere senza autorità?

Posso io vivere senza autorità?
Pormi questa domanda sarebbe lo steso che chiedermi: è possibile che io compia le funzioni della nutrizione, dei rapporti, della riproduzione cioè pensare, produrre, amare, divertirmi etc... senza poliziotti, senza giudici, senza soldati, senza agenti delle imposte, senza legislatori, senza organizzatori ed amministratori sociali? Giacché l'autorità è un fenomeno concreto e non un’astrazione, come vorrebbero farci credere coloro che dell’esercizio delle funzioni autoritarie vivono oggidì o sperano di vivere domani, coloro che hanno bisogno dei funzionari dell'autorità per conservare il possesso dei loro privilegi e dei loro monopoli. lo non provo alcuna difficoltà ai formulare una risposta a tale domanda e la risposta è questa: "lo non ho alcun bisogno che esistano dei funzionari dell`autorità perché si manifesti e si conservi la mia vita. Io posso perfettamente vivere ed evolvere. incamminarmi verso il mio destino, senza gendarmi, senza secondini, senza carnefici, senza applicatori di codici, senza preti, senza eletti come senza elettori. E non c'è un filosofo, un biologo od un fisiologo degno di questo nome, che possa provarmi che perché io assimili, disassimili, etc... è indispensabile che esistano dei rappresentanti dell'autorità. E potrebbe anche non esservi sulla faccia della terra neppure un solo esecutore dell'autorità, ed io compirei egualmente bene – ed anche meglio - le mie funzioni vitali. Io posso vivere senza autorità”.
L'uomo che si è reso conto che l’esistenza degli esecutori dell’autorità non e che una superstruttura, una escrescenza, una anormalità in rapporto alla vita, non è che un essere guarito, liberato, sbarazzato di un tumore di una tara intellettuale; ricondotto al uno stato di buona salute psicologica. Vero è che questo ritorno personale ad uno stato di salute normale non impedisce agli agenti dell'autorità di opprimerlo, di infastidirlo, di tormentarlo, anche, all'occorrenza. Ma ciò si deve al fatto che gli esseri umani che lo circondano vivono sotto l'imperio, sotto la suggestione del pregiudizio della necessità, della indispensabilità anzi, dell'esistenza dei rappresentanti dell'autorità. Giacché l'esistenza degli agenti delle istituzioni governative e statali - e queste istituzioni non funzionano che per mezzo dei loro rappresentanti - è la conseguenza della fede che ha nella loro necessità la grande maggioranza degli uomini, niente o male illuminati e, fisiologicamente parlando, malati. È questo un accidente. Accidente che non può in alcun modo impedire che l'uomo pervenuto - almeno con la mente - ad una concezione della vita ignorante Stato, governo, organizzazione autoritaria, polizia, tribunali, case di pena, esercito, dittatura, etc... sia un uomo affrancato, rinnovato, ritornato allo stato normale. E non avvi alcun sofisma, alcuna argomentazione, alcun cavillo che possa comunque infirmare questa constatazione.

Emile Armand