Correva l’anno 1894, la sinistra storica
di Crispi, in seguito ad un attentato allo stesso Crispi da parte
dell’anarchico Italiano Paolo Lega, e all’assassinio del presidente della
Repubblica Francese Carnot per mano dell’anarchico Caserio, inasprì duramente
le pene per chi commetteva reati di opinione contro il governo. Tra i
provvedimenti di massima sicurezza vi era prevista la pena del confino politico
e dell’allontanamento.
Quando quegli anarchici arrivarono su
San Nicola, la popolazione non li accolse ovviamente bene, si barricò in casa
per la paura, erano visti anche peggio dei detenuti per reati comuni, erano
considerati degli efferati assassini senza pietà. Venne inviato anche un
telegramma dagli isolani al loro deputato Matteo Imbriani, esortando che queste
settecento persone venissero mandate altrove, o almeno venissero relegate solo
a San Nicola, lasciando San Domino libera per le coltivazioni e per il lavoro.
Questi anarchici, che in quel periodo
erano tanto importanti e tanto temuti dall’intera classe politica e borghese
europea, avrebbero buttato le basi della sinistra socialista del ventesimo
secolo.
Alcuni di loro erano ex o futuri
parlamentari, altri erano semplici intellettuali con un odio comune verso le
monarchie assolutiste di fine ottocento, altri ancora erano giovani esasperati
dalla fame, con una comune linea ideologica, e che con le loro azioni
cambiarono la storia del ‘900 creando la scintilla che avrebbe portato al primo
conflitto mondiale.
Dopo il loro arrivo su San Nicola, i
coatti riuscirono in breve tempo a farsi voler bene dalla popolazione. Il loro
interesse per i problemi sociali della povera gente, la loro cultura e le loro
proteste verso le forze dell’ordine, affascinò vivamente gli isolani.
Istituirono addirittura una scuola, dove gli isolani portavano i loro figli, e
venne pubblicato anche un giornale “La Boheme” stampato direttamente su San
Nicola. Tale scuola venne in seguito chiusa dopo pochi anni, per paura di
contaminazioni ideologiche.
I loro rapporti con le forze dell'ordine
però non andavano bene, già dal 1895 cominciarono i problemi.
Le forze di polizia cercavano di
istigare i coatti anarchici, per sobillare disordini, ed essere trasferiti
altrove. Allo stesso tempo gli anarchici non ci stavano a queste provocazioni,
rispondendo apertamente e spudoratamente alle guardie della colonia ed ai
carabinieri.
Tali angherie, inasprite dalle pessime
condizioni di vita, venivano riferite dagli anarchici ai vari giornali nazionali,
e denunciate apertamente in parlamento degli esponenti della sinistra
parlamentare più estrema.
Nel frattempo a San Nicola continuavano
le rivolte, che scoppiavano a volte per i motivi più futili, una tensione
crescente che sfociò in quella che sarebbe stata la tragedia del 1 Marzo 1896.
Quel giorno alcuni coatti stavano
passeggiando verso le 9.00 di sera nella piazza di San Nicola; all’intimazione
da parte di alcune guardie a rientrare nei loro dormitori, gli stessi si
rifiutarono, cantando inni anarchici e sbeffeggiando le suddette guardie.
A tale rifiuto le guardie reagirono
fortemente, chiamando i carabinieri e le altre forze di polizia, colpendo i
coatti con sciabole e pugni. Partirono alcuni colpi di pistola. Una pallottola
frantumò la finestra della bottega di Pasquale Cafiero, altri colpi raggiunsero
il bar dell’isola.
Un colpo prese in pieno uno di quelli
anarchici, mentre usciva dal bar. Il suo nome era Argante Salucci di Santa
Croce sull’Arno. Tale Argante perse la vita senza neanchè aver partecipato agli
scontri. Ci furono vari feriti, sia tra i coatti che tra le forze dell'ordine.
Quel 1 Marzo rimase impresso a lungo
nella memoria dei tremitesi, un’isolana quel giorno abortì per la paura e
rischiò anche di perdere la vita.
Una lettera venne firmata da 19
tremitesi ed inviata al Resto del Carlino, che la pubblicò il 2 Marzo del 1896:
“Ieri
sera, domenica, poco dopo le otto e mezzo noi sottoscritti, isolani di Tremiti,
fummo spaventati da vivissima scarica di rivoltelle. S’immagini che scompiglio:
le donne e i bambini urlavano; e fortuna per noi che nessuno di loro restasse
ferito od ucciso, quantunque una palla forasse la porta, rompendo un cristallo
della casa e bottega di Pasquale Cafiero. Lo spavento si accrebbe per due altre
scariche che, a brevissimo intervallo, e ancor più nutrite che la prima,
rintronarono nell’aria. I sottoscritti, che nulla hanno a che vedere con gli
anarchici e colla polizia, protestano contro l’ommissione (sic) dei
sacramentali tre squilli che la legge impone come l’avvertimento di sciogliersi
e di ritirarsi. Se alle nostre creature non toccarono disgrazie, fu un vero
miracolo, ma chi può dire che sempre sarà così? Provveda dunque chi ne ha il
dovere.”
Il 1 Marzo 1896 segnò inoltre la fine di
tale nefasta epoca, sia a livello locale che nazionale; quello stesso giorno
durante la battaglia di Adua morirono 15000 italiani; Crispi in seguito a
questa sconfitta dovuta alla sua politica colonialista, diede le dimissioni,
mentre da quella data in poi gli anarchici delle Tremiti vennero lentamente
trasferiti tutti, chi per le prigioni del continente, chi per altri luoghi di
confino.
Tutto ciò che lasciarono sulle isole fu
il vivo ricordo di quegli inni anarchici, che rimase nella mente dei coloni
tremitesi per molti e molti anni.