..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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martedì 29 settembre 2015

La ribellione di Max Stirner

La ribellione, però, non è alternativa o indifferente alla rivoluzione perché è molto di più. Essa è sempre comprensiva dell'avversità ad ogni dominio storico, anche se, contemporaneamente, indica l'impossibilità per sé di auto-determinarsi in quanto negazione metafisica dell'onticità stessa del dominio.
L'irrisolvibile anarchismo di Stimer è dunque,alla fine, l'irrisolvibilità dell'anarchismo medesimo, se inteso nella sua completa ontologia di negazione del dominio in quanto tale: concretamente, infatti, questo ultimo non esiste. Tuttavia, ogni rivoluzione che vuol essere veramente distruttiva dell' ordine esistente deve contenere almeno una parte della ribellione come superamento della storicità del dominio determinato; deve essere, in altri termini, pervasa da una dimensione metafisica. «Rivoluzione e ribellione non devono essere considerati sinonimi. La prima consiste in un rovesciamento della condizione sussistente o status, dello Stato o della società, ed è perciò un'azione politica e sociale; la seconda porta certo, come conseguenza inevitabile, al rovesciamento delle condizioni date, ma non parte di qui, bensì dalla insoddisfazione degli uomini verso se stessi, non è una levata di scudi, ma un sollevamento dei singoli, cioè un emergere ribellandosi, senza preoccuparsi delle istituzioni che ne dovrebbero conseguire. La rivoluzione mira a creare nuove istituzioni, la ribellione ci porta a non farci più governare da istituzioni, ma a governarci noi stessi, e perciò non ripone alcuna radiosa speranza nelle istituzioni. Essa non è una lotta contro il sussistente, poiché, se essa appena cresce, il sussistente crolla da sé, essa è solo un processo con cui mi sottraggo al sussistente. E se abbandono il sussistente, ecco che muore e si decompone. Ma siccome il mio scopo non è il rovesciamento di un certo sussistente, bensì il mio sollevarmi al di sopra di esso, la mia intenzione e la mia azione non hanno carattere politico e sociale, ma invece egoistico.
Giacché sono indirizzate solo a me stesso e alla mia propria individualità.
La rivoluzione ordina di creare nuove istituzioni, la ribellione spinge a sollevarsi, a insorgere.
La natura profondamente anarchica della ribellione è dunque chiara: essa è diretta ad ottenere una situazione in cui gli individui non siano più governati da istituzioni (cioè da poteri stabiliti), ma si autogovernino da se stessi (modello perfetto dell'anarchia).

venerdì 25 settembre 2015

Bobby Sands

Roibeard Gearóid Ó Seachnasaigh, ovvero Robert Gerard Sands detto Bobby, è stato un attivista e politico nordirlandese, volontario dell’IRA, Irish Republican Army. Come lui stesso disse, si arruolò perchè: “Avevo visto troppe case distrutte, padri e figli arrestati, amici assassinati. Troppi gas, sparatorie e sangue, la maggior parte del quale della nostra stessa gente. A 18 anni e mezzo mi unii all'IRA.”
Nel settembre 1977 fu processato per possesso illegale di armi da fuoco e condannato a 14 anni di carcere.
Sands scontò la pena nel carcere di Long Kesh, dopo che era stata costruita la parte nuova del carcere, costituita da 8 edifici a un piano a forma di H, che divennero tristemente noti come H-Blocks, "Blocchi H".
In prigione Sands divenne uno scrittore di giornalismo e poesia. I suoi articoli, scritti su cartine per sigarette o su pezzi di carta igienica, erano fatti uscire dal carcere con numerosi stratagemmi e furono pubblicati dal giornale repubblicano An Phoblacht-Republican News, voce del movimento, con lo pseudonimo "Marcella” (il nome della sorella).In carcere i prigionieri dell'IRA avevano organizzato una serie di proteste per cercare di riottenere lo status di prigionieri politici che il governo aveva negato per tutti i crimini commessi dopo il 1º marzo 1976, e non essere soggetti alle normali regole carcerarie.
Iniziarono con la blanket protest (protesta delle coperte) nel 1976, nel corso della quale i prigionieri si rifiutarono di indossare la divisa carceraria e si vestirono solamente di una coperta. Nel 1978, poiché venivano picchiati duramente dai secondini quando lasciavano le celle per andare al bagno a svuotare i buglioli i detenuti iniziarono la dirty protest (protesta dello sporco), escalation che vide i prigionieri vivere nello squallore: spalmavano gli escrementi sui muri delle celle, buttavano l'urina sotto le porte e li gettavano fuori dalla finestra della loro cella. Sovente i secondini con addosso “tute spaziali” ed enormi guanti, dal cortile antistante i Blocchi H li rigettavano dentro le celle. All’esterno i muri attorno alle finestre venivano lavati con grosse pompe, i cui getti d’acqua, come racconta Bobby Sands, finivano per allagare le celle. Dopo più di 4 anni di vita in condizioni disumane, i detenuti decisero di risolvere la questione una volta per tutte e il 27 ottobre 1980 iniziarono il primo sciopero della fame.
Il secondo sciopero della fame iniziò quando Sands, rifiutò il cibo il 1º marzo 1981. Sands decise che gli altri prigionieri avrebbero dovuto unirsi allo sciopero ad intervalli regolari, allo scopo di aumentare l'impatto "pubblicitario" e la pressione sul governo britannico ogni volta che un detenuto in sciopero raggiungeva la "fase critica" del digiuno.
Bobby Sands morì il 5 maggio 1981 a seguito dello sciopero della fame condotto ad oltranza.


Era ormai buio e nevicava leggermente quando mi svegliai. Non credo di aver dormito più di un ora quella notte, così lunga e tormentata. Il freddo intenso mordeva il mio corpo nudo. Per almeno mille volte mi ero girato e rigirato su un fianco, stringendomi addosso le coperte. Mi sentivo stanco e intontito, per il sonno che il freddo pungente mi aveva negato. Ero esausto. Tutte le ossa del mio corpo sembravano protestare per il tormento di un’altra note passata per terra, su di un umidi materasso di gommapiuma.
Neanche a dirlo: un’altra notte insonne. Avvilito e di cattivo umore me ne stavo tutto rannicchiato come una palla, per cercare di scaldarmi. Se avessi potuto prendere a calci qualcosa l’avrei fatto, ecco cosa provavo. Mi ero messo in ogni posizione possibile per sentire un po’ di calore, ma il freddo mi penetrava ancora. Le mie tre coperte troppo sottili, non potevano nulla contro il gelo terribile che entrava attraverso le sbarre di cemento della finestra senza vetri, situata sopra la mia testa.
“Dio mio, un altro giorno ancora,” pensai, ed era tutt’altro che un pensiero piacevole. Mi alzai e, nudo com’ero, attraversai nell’oscurità della cella per andare ad orinare in un angolo. Faceva un freddo terribile. Il puzzo della mio urina mi rammentò lo stato in cui mi trovavo e il pavimento si bagnò qua e là.
Cumuli di rifiuti erano sparsi dappertutto. Nella luce fioca figure scure e misteriose sembravano gridarmi addosso dai muri sporchi e sfregiati che mi circondavano. Il fetore degli escrementi e dell’urina era forte e persistente. Sollevai il piccolo recipiente dell’acqua dai rifiuti e mi sforzai di bere un sorso, nel vano tentativo di togliermi il cattivo sapore dalla bocca. Dio mio, faceva proprio freddo.
Man mano che l’albe si avvicinava il cielo si faceva grigio e i corvi si posavano sul filo spinato della recinzione coperto di neve, formando lunghe linee nere. “Un giorno mi sveglierò da quest’incubo,” pensai, mentre di nuovo mi stringevo addosso le coperte. C’era un silenzio sinistro, interrotto solo dal gracidare dei corvi. Sicuramente molti ragazzi erano già svegli e probabilmente se ne stavano raggomitolati nelle loro coperte, cercando di scaldarsi. Mi deprimeva l’idea di un porridge freddo e insipido, due fette di pane e mezzo bicchiere di tè per colazione. Era demoralizzante anche solo a pensarci.
Poi l’alba arrivò. A poco a poco dalle ombre della notte il mio incubo giornaliero cominciò a prendere forma. La sporcizia, i muri sfregiati, gli angoli più nascosti della mia tomba maleodorante mi diedero un nuovo buongiorno. Restai disteso ad ascoltare il mio respiro leggero e il gracchiare dei corvi.
Fuori nel cortile la neve era alta. Lo sapevo fin troppo bene. Avevo passato metà della notte raggomitolato in un angolo, mentre la neve, entrando tra una sbarra e l’altra della finestra, si posava sul mio materasso.
La noia cominciò a prendermi con le prime luci del mattino. Di lì a poco la giornata che avevo davanti mi sarebbe sembrata interminabile e presto la depressione sarebbe divenuta di nuovo la mia compagna. Me ne stavo là, inquieto e congelato per il freddo. Provavo un po’ di pena per me stesso, e il pensiero di un nuovo giorno continuava ad agitarsi nella mia mente.
Bobby Sands

giovedì 24 settembre 2015

La disciplina del lavoro

Nel mondo reale il capitalismo subordina l’aumento razionale della produttività e del surplus alla propria esigenza di tenere sotto controllo l’organizzazione della produzione.
Il senso di degradazione che molti lavoratori sperimentano sul lavoro deriva da un insieme assortito di prevaricazioni, le quali possono essere tutte riassunte nel termine “disciplina”. Nell’analisi di Foucault tale fenomeno appare piuttosto complesso, mentre in realtà esso risulta essere abbastanza semplice. La disciplina consiste nell’insieme di quei sistemi di controllo totalitari che vengono applicati sul posto di lavoro – sorveglianza, lavoro ripetitivo, imposizione di ritmi di lavoro, quote di produzione, cartellini da timbrare all’entrata e all’uscita - . la disciplina è ciò che la fabbrica, l’ufficio e il negozio condividono con la prigione, la scuola e il manicomio. Storicamente questo sistema risulta essere qualcosa di originale e terrificante. Un tale risultato va al di là delle possibilità di demoniaci dittatori del passato quali Nerone, Gengis Khan, o Ivan il Terribile. Nonostante le loro peggiori intenzioni, essi non disponevano di macchine atte a un controllo dei loro sudditi così capillare quanto quello attuato dai despoti moderni. La disciplina è un diabolico modo di controllo tipicamente moderno, è un corpo estraneo prima d’ora mai visto, e che deve essere espulso alla prima occasione.
Tale è la natura del “lavoro”. Mentre il gioco è esattamente il suo opposto. Il gioco è sempre deliberato. Ciò che altrimenti sarebbe gioco si tramuta in lavoro quando diviene una attività coercitiva.
Ricordiamoci sempre: delle regole ci si può prender gioco facilmente, come di qualsiasi altra cosa, basta volerlo. 

mercoledì 16 settembre 2015

L’azione, il pensiero divenuto visibile

La parola è solo il pensiero divenuto sonoro, l’azione il pensiero divenuto visibile. Il nostro ideale comporta dunque per ognuno la piena e assoluta libertà di esprimere il proprio pensiero su ogni cosa scienza, politica, morale senza altro limite se non quello del rispetto per gli altri; comporta anche il diritto di ognuno di agire come meglio gli aggrada, di fare ciò che vuole, pur associando ovviamente la propria volontà a quella degli altri uomini in tutte le opere collettive; la sua libertà individuale non si trova affatto limitata da questa unione, aumenta invece, grazie alla forza della volontà comune. Va da sé che questa assoluta libertà di pensiero, di parola e di azione è incompatibile con la conservazione di quelle istituzioni che pongono un limite alla libertà di pensiero, che fissano la parola sotto forma di impegno definitivo, irrevocabile, e pretendono anche di costringere il lavoratore a incrociare le braccia, a morire d’inedia per ordine di un padrone.
I conservatori non si sono affatto sbagliati quando hanno chiamato i rivoluzionari in modo generico «nemici della religione, della famiglia e della proprietà». Sì, gli anarchici respingono l’autorità del dogma e l’intervento del soprannaturale nella vita umana; in questo senso, per quanto ferventi nella lotta per il loro ideale di fraternità e di solidarietà, sono nemici della religione. Sì, vogliono l’abolizione del mercimonio matrimoniale, vogliono le unioni libere che si reggono solo sul reciproco affetto, sul rispetto di sé e della dignità altrui; in questo senso, per quanto teneri e devoti verso coloro coi quali condividono l’esistenza, sono nemici della famiglia. Sì, vogliono eliminare l’accaparramento della terra e dei suoi prodotti per restituirli a tutti; in questo senso, la gioia che proverebbero nel garantire a tutti l’usufrutto dei beni della Terra ne fa dei nemici della proprietà.

domenica 13 settembre 2015

Prospettive per una generazione

Una società folle si propone di predisporre il suo avvenire generalizzando l’uso di camicie di forza individuali e collettive tecnicamente perfezionate (case, città, territorio pianificato), che ci impone come rimedio ai suoi mali. Noi siamo invitati ad accettare, a riconoscere come nostro questo “corpo inorganico” prefabbricato; il potere medita di rinchiudere l’individuo in un altro sé, radicalmente altro. Al fine di adempiere a questo compito, effettivamente vitale per lui, oltre ai cortigiani (urbanisti, pianificatori del territorio), può contare sui fuorviati che fanno attualmente gli straordinari nelle scienze cosiddette umane. I servitori, segnatamente, di un’”antropologia” non più speculativa ma strutturale ed operativa, si adoperano attivamente ad estrarre una “natura umana” in più, ma questa volta direttamente utilizzabile, a somiglianza di una scheda della polizia, attraverso le diverse tecniche di condizionamento. Il risultato ultimo del processo così iniziato (ammesso che la crescita delle forze della nuova contestazione che l’accompagna dappertutto gliene dia il tempo) si denuncia fin d’ora come la versione modernizzata di una soluzione già sperimentata, il campo di concentramento, qui decentrata sull’insieme del pianeta. Le persone vi saranno assolutamente libere, soprattutto di andare e venire, di circolare, ma interamente prigioniere di questa libertà futile di andare e venire nei viali del potere.
Bisogna dirlo, non è possibile riorganizzare l’alienazione e l’oppressione nella società, in nessuna delle loro varianti, ma solo respingerle in blocco con questa stessa società.
Il compito di riunificare lo spazio e il tempo in una costruzione libera dello spazio-tempo individuale e sociale appartengono alla rivoluzione che viene: la disfatta dei “pianificatori”, essa coinciderà con una trasformazione decisiva della vita quotidiana, sarà questa, sarà questa trasformazione.

sabato 12 settembre 2015

La rivoluzione secondo Kropotkin

Premesso e stabilito ben chiaramente che la rivoluzione anarchica (rivoluzione per eccellenza di proletari, fatta da proletari all’infuori della direttiva di pretesi capi partito) , non può consistere nel rovesciamento di un Governo ma che deve mirare e sfasciare la complessa macchina dello Stato (burocrazia, organismi politici, leggi, esercito, ecc, ecc,). Il Kropotkin aggiunge che il primo atto della rivoluzione sarà la presa di possesso da parte del popolo di tutta la ricchezza sociale. Sarebbe assurdo pensare di prevedere a tavolino la direzione che essa potrà prendere, la quale dipenderà dalle circostanze. Il problema che la rivoluzione dovrà risolvere (sotto pena di fallire) è “immenso”. Si tratta infatti di abolire per sempre “lo sfruttamento dell’Uomo”.
Non c’è che un mezzo per arrivarvi: l’Espropriaione. Come effettuarla?
In un modo molto semplice: basta che il popolo insorto si impadronisca della terra, dei mezzi di lavoro e di tutte le derrate, e si organizzi così da metterle alla portata di tutti coloro “che ne hanno bisogno”.
Occorre, in altre parole, assicurarsi che a nessuno rimanga tanto da poter sfruttare il proprio simile … Il resto verrà da se.

mercoledì 9 settembre 2015

L'Odio, antico trucco usato dal Potere per il controllo sociale

È impressionante come sia facile far accettare qualsiasi cosa dopo aver infatuato una massa di persone lanciandola contro qualcuno.
In Italia si è creato un nemico “casta”, ma non perché fosse corrotta. Quello per certi oscuri poteri certo non è un problema... Lo si è fatto solo per bloccare con campagne di odio le libere coscienze e per favorire una “supercasta” che quella casta ormai inutile ai suoi disegni mondialisti voleva eliminare…
I nazisti condizionarono un intero popolo con l'odio per gli ebrei, trasformandolo per qualche anno in una macchina di morte.
Gruppi oscuri islamici, spinti da centrali internazionali, alimentano da decenni l’odio per l’Occidente nelle masse islamiche, generando schiere di fanatici.
La minaccia terrorizzante islamica, così costruita, genera campagne di odio emergenziale in occidente contro islamici, immigrati, ecc…
E si possono fare nuove guerre con il sostegno delle masse. Non si scherza con l'uso dell'odio.
Uno dei metodi principali per il controllo delle masse è proprio quello dell'odio. Importante per condizionare e contemporaneamente enorme ostacolo alla costruzione di una società armoniosa, basata su coscienze libere. Veramente capaci di fare il bene e di dare del filo da torcere agli antichi poteri di dominio.
Odiare fa male prima di tutto a chi odia: toglie serenità, lucidità, libertà...
In politica e nella società ci vogliono soluzioni intelligenti ed energiche dettate dal coraggio dell'Amore. Diffondere idee, conoscenze, consapevolezza, verità, libertà. giustizia, anche inflessibile. Ma accompagnata da vera compassione...
Alle onde di odio nelle quali ci vogliono coinvolgere opponiamo la ricerca della consapevolezza ed una genuina voglia di Bene, per tutti.

giovedì 3 settembre 2015

La legge secondo Kropotkin

Nell’attuale società, dice Kropotkin, gli individui sono corrotti da un’educazione, che converge tutti i suoi sforzi al fine di spegnere in essi lo spirito di indipendenza personale e di assoggettarli all’autorità.
Il grande principio educativo della famiglia e della scuola è l’obbedienza, così come la grande arma dello Stato è la Legge. Ahimè! Di leggi, che pretendono regolare ogni nostro atto, ne abbiamo a iosa. Si direbbe proprio che «le nostre» società non comprendono più come si possa vivere altrimenti che sotto il regime rappresentativo ed educativo da un manipolo di governanti.
Questa superstizione della legge si palesa tanto più assurda e tanto più strana quando si pensi che l’umanità ha vissuto secoli e secoli senza averne affatto, semplicemente uniformandosi a quegli usi e a quelle consuetudini che la costante ripetizione rendeva venerabili e che ognuno acquisiva sin dall’infanzia. Fu il desiderio di dominare, associato con la forza, che creò i legislatori. Preti e guerrieri, tenendosi per mano, si accordarono per «imporre alla società primitiva» delle consuetudini a loro vantaggiose. Proclamarono inviolabile e sacra la legge così emanata nel loro interesse ed inculcarono agli oppressi il dovere di sottomettervisi. La legge viene quindi sanzionata dal sacerdote e protetta dal guerriero.
La legge, continua Kropotkin, è l’abile fusione delle consuetudini utili alla società (intendi a tutte le società), con le consuetudini che offrono vantaggi ai soli dominatori e che, come tali, essendo dannose per le masse, debbono essere mantenute dal timore delle pene.
Il primo dovere del rivoluzionario, aggiunge Kropotkin, sarà quello di distruggere tutte le leggi esistenti. Tuttavia il borghese non si da per vinto. Egli fa soprattutto l’apologia delle libertà politiche come garanzia per tutti i cittadini senza distinzioni di classi. Ma a che cosa mai si riduce la libertà politica, poiché si deve subire la schiavitù economica? Si parla anche di diritti politici, ma in realtà chi non possiede ha soltanto dei doveri. Infatti i pretesi diritti e le decantate libertà non sono mantenute se non a patto che il popolo … “non faccia uso contro le classi privilegiate”. Il giorno in cui si avventurasse ad usarne, il Governo le ritirerebbe … per misura di ordine pubblico.

Resta dunque inteso: gli anarchici debbono ben stamparsi nella mente che non è alle leggi costituzionali che bisogna domandare i diritti … Bisogna, al contrario, esercitarli, e per farlo, occorre organizzarsi come forza capace di resistere e di prevalere in caso di conflitto con la classe dominante. “Le libertà non si danno, si prendono”.