..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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mercoledì 29 gennaio 2014

La Makhnovcina

Il filone reazionario della presenza contadina nella storia russa è spezzato dalla makhnovcina, la rivoluzione libertaria ucraina che prende nome da Nestor Makhno e che affonda le sue radici nella tradizione dei ribelli e della comune agricola. Nato a Gulae-Pole nel 1889, da poverissima famiglia contadina, Nestor Makhno era stato successivamente custode di vacche, lavoratore agricolo e operaio. Nella prigione Butirky di Mosca divenne amico di Piotr Arsinov, un vecchio operaio metallurgico ed ex bolscevico convertitosi all’anarchismo, il quale fece conoscere al giovanissimo ribelle le idee di Kropotkin e Bakunin. Liberato nel febbraio 1917, Nestor ritornò al paese natale per organizzare un’associazione di contadini di Gulae-Pole.
Gulae-pole era allora una cittadina di circa 30.000 abitanti, con diverse fabbriche. Un certo sviluppo della produzione e del commercio dei cereali aveva fatto sì che in questa zona scarsamente popolata si affermasse l’uso di manodopera salariata e di macchine al posto dei servi.
L’associazione dei contadini di Gulae-Pole s’impadronì delle terre dei latifondisti locali e le distribuì tra i contadini poveri. Vennero fondate comuni a partecipazione volontaria con 100-300 membri. Gli operai gestirono le piccole fabbriche e i cereali vennero scambiati con i manufatti delle città.
Per difendere questa piccola società anarchica, Makhno organizzò unita guerrigliere a cavallo capaci di grande mobilità e dotate di mitragliatrici montate su piccoli carri trainati da cavalli (tacanki). Si trattava di guerriglieri che potevano riunirsi con grande rapidità e disperdersi altrettanto rapidamente tra i contadini che li avvertivano in caso di attacchi controrivoluzionari. I comandanti erano in maggioranza contadini, ma non mancavano gli operai.
Alla fine del 1919, momento di maggior diffusione del movimento makhnovista, gli effettivi qi questa armata anarchica superarono le cinquantamila unità, che disponevano di armi strappate al nemico, compresi cannoni, treni e autoblinde. Dal 1917 al 1921 la bandiera nera dell’anarchia sventolò libera al vento proteggendo i lavoratori liberati dal lavoro salariato: la makhnovcina, forza di combattimento autonoma, funzionava come una repubblica di tacanki. Essa si rifiutò di accettare la cessione dell’Ucraina all’Austria - Ungheria e ai suoi alleati ucraini, che i bolscevichi avevano dovuto subire col trattato capestro di Brest – Litovsk.
In diverse occasioni Makhno aveva collaborato con i bolscevichi per respingere l’invasione dei russi bianchi, e nell’autunno del 1919 aveva dato un contributo fondamentale alla sconfitta del generale Denikin che avanzava al nord. Ma profonde restavano le differenze di metodo, di ideologia, di pratica politica e sociale. Trotzki, il fondatore e capo dell’Armata Rossa, era impegnato nella costruzione di un saldo potere rivoluzionario centrale, e aveva definito banditi i seguaci di Makhno. Né Trotzki né Lenin potevano ammettere l’esistenza di una forza alternativa organizzata. Il governo aveva messo in giro informazioni deformate su Makhno e nell’intera URSS bastava essere tacciato di makhnovista per rischiare la fucilazione.
Nel 1921 al primo congresso dei Sindacati Rossi, il leader bolscevico Bukharin intervenne per difendere le misure repressive del governo, accusando tutti gli anarchici di essere dei banditi che avevano lottato armi alla mano contro il governo di Mosca.





venerdì 24 gennaio 2014

La Resistenza e la difesa della terra e del territorio

Per noi, popoli del Mondo, la terra è la madre, la vita, la memoria ed il riposo di nostri antenati, la casa della nostra cultura e del nostro modo. La terra è la nostra identità. In lei, da lei e per lei siamo. Senza lei moriamo, anche se ancora vivi.
La terra per noi non è solamente il suolo che calpestiamo, seminiamo e sul quale crescono i nostri discendenti. La terra è anche l'aria che, fatta vento, scende e sale per le nostre montagne; l'acqua che come sorgenti, fiumi, lagune e piogge, si fa vita nelle nostre semine; gli alberi e le foreste che creano frutti ed ombra; gli uccelli che ballano nel vento e cantano tra i rami; gli animali che con noi crescono, vivono e si alimentano. La terra è tutto ciò che viviamo e moriamo.
La terra per noi non è una merce, nello stesso modo in cui non sono merce né gli esseri umani né i ricordi né i saluti che diamo e riceviamo dai nostri morti. La terra non ci appartiene, apparteniamo a lei. Abbiamo ricevuto l'incarico di essere suoi guardiani, di averne cura, di proteggerla, così come lei ci ha curato e protetto in questi anni di dolore e resistenza.
Noi siamo guerrieri. Non per vincere e soggiogare il diverso, che vive in un altro luogo, che ha altri modi. Siamo guerrieri per difendere la terra, nostra madre, la nostra vita. Per noi questa è la battaglia finale. Se la terra muore, noi moriamo. Non c'è domani senza la terra. Chi vuole distruggere la terra è tutto un sistema. Questo è il nemico da vincere. "Capitalismo" si chiama il nemico.
Noi pensiamo che non è possibile vincere questa battaglia se non ci accompagniamo nella lotta con gli altri popoli, se non lottiamo insieme agli altri che hanno altri colori, tempi e modi, ma soffrono anch'essi degli stessi dolori. Per questo camminiamo, con l'udito ed il cuore aperti, per gli angoli del nostro paese. Per cercare e trovare quelli che dicono o vogliono dire "Basta!", quelli che hanno scoperto che il nome del loro nemico è lo stesso che ci uccide e fa soffrire.
Noi pensiamo che non basta più solo resistere ed aspettare l'attacco, uno dopo l'altro, del prepotente e del denaro. Crediamo che la forza ora necessaria per sopravvivere, sia sufficiente per farla finita con le minacce. È l'ora.
Né all'albero né al bosco. Noi, per capire e sapere che cosa fare, guardiamo in basso. Non in segno di umiltà, non per consegnare la nostra dignità, ma per leggere ed apprendere quello che non è scritto, per cui non ci sono parole ma sentimenti, per vedere nella terra le radici che sostengono, là in alto, le stelle.


martedì 21 gennaio 2014

Dichiarazione universale dei diritti della madre terra

Preambolo
Noi, i popoli e le nazioni della Terra: Tenendo presente che facciamo parte di Madre Terra, una comunità indivisibile, viva, di creature in relazione e interdipendenti tra loro, con un destino comune; nel riconoscere con gratitudine che Madre Terra è la fonte della vita, del nutrimento e dell'apprendimento e che ci fornisce tutto l'occorrente per vivere bene; nel riconoscere che il sistema capitalista e tutte le forme di saccheggio, sfruttamento, abuso e contaminazione hanno provocato grande distruzione, degrado e sconvolgimento della Madre Terra, mettendo a rischio la vita per come la conosciamo oggi attraverso fenomeni quali i cambiamenti climatici; convinti che non è possibile, in una comunità viva e interdipendente, riconoscere solo i diritti degli esseri umani senza provocare uno squilibrio con la Madre Terra; nell'affermare che per garantire i diritti umani è necessario riconoscere e difendere i diritti della Madre Terra e di tutte le sue creature e che esistono culture, pratiche e leggi che fanno questo; consapevoli dell'urgenza di intraprendere un'azione collettiva risolutiva per trasformare le strutture e i sistemi che provocano il cambiamento climatico e le altre minacce alla Madre Terra; proclamiamo questa
Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra
e ne chiediamo l'adozione all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite come modello di realizzazione per tutti i popoli e tutte le nazioni del mondo, al fine che ogni individuo e ogni istituzione si assuma la responsabilità di promuovere il rispetto dei diritti riconosciuti in questa Dichiarazione, attraverso l'insegnamento, l'educazione e la presa di coscienza, per affermare, con misure e meccanismi nazionali e risoluti e illuminati, il loro riconoscimento universale ed efficace e il loro rispetto tra tutti i popoli e gli Stati del mondo.

domenica 5 gennaio 2014

Nessun burattino, nessun burattinaio

Nessuno potrà tirare nessun filo alla rivolta.
Nessuno potrà dire quel che è giusto o quello che è sbagliato.
Il nostro solco è la lotta, la rivolta per il nuovo mondo di cui nemmeno noi conosciamo i contorni.
Basta con i burattinai, basta con i tromboni dalle frasi fatte.
Il futuro sarà solcato dall'ombra delle nostre figure in un giorno assolato come in nella notte piovosa.
Non c'è nessun comunismo, nessun anarchismo, nessuna libertà nel nostro futuro se questo è un dogma, questa è roba da figli di puttana normati e borghesi.
Il nostro supposto è quello che sarà, qualcosa di diverso, che ancora non conosciamo, ma che già tracciamo con il nostro sangue.
Certo abbiamo dei riferimenti degli individui, donne e uomini come noi, che stimiamo ma non idolatriamo.
La dialettica non insegna se dobbiamo ricordare ripetendo beceramente (storico), non è forse vero che dobbiamo capire insieme agli altri che anche noi cambiamo? (dialettica)
... Tanti anni fa, all'uomo venne in mente un'idea degna del suo intelletto: quella di spiegare i fenomeni per lui incomprensibili affidandoli alle mani di un burattinaio, che potesse esercitare un supremo controllo sull'umanità.
Questo burattinaio in principio era diviso in varie persone, per poi col tempo venir considerato come unico essere, passando da iroso ed autoritario ad essere misericordioso e giusto.
Lo si chiami Giove, o Allah, o Javè, o Dio, il concetto resta immutato.
Questa materializzazione di un pensiero astratto che è l'origine delle cose, si è manifestata con la creazione di un'entità dalle fattezze umane che vigila da "dietro le quinte".
L'obiettivo che tristemente assilla ogni donna, ogni uomo è uno solo, ed è la verità.
Questa verità, che tutti cercano, che per alcuni rappresenta uno scopo di vita, e che per altri è secondaria perché irraggiungibile, ha portato le menti più illustri del nostro passato ad interrogarsi ed a imprimere le loro riflessioni.
È la continua ricerca, che spinge tutti noi ad evolversi a capire ed insieme ad altri ad apprezzare.
Non è una religione laica la nostra idea, ma bensì una profana bestemmia all'abitudine degli schemi dei fronti, delle democrazie progressive, passo dopo passo.
Come può il nuovo essere catalogato ancor prima di combattere per esso?
Quindi basta religioni e chi le professa, di ingiustizia e misericordia ne abbiamo piene le tasche.
Ma ancora le persone credono in essa.
Questo perché, se da un lato il "progresso scientifico" è riuscito a sostanziare uno pseudo progresso, dall'altro non è riuscito a spiegare abiura a cui tutti noi siamo costretti quotidianamente a soggiogare.
In effetti, i catto-comunisti prolificano abbondantemente ancora tra noi (così come altre religioni) perché risulta essere abbastanza modaiolo essere il grillo parlante al fine di poter essere professata/o.
La paura dell'ignoto, questo è la palla al piede che ci teniamo, la voglia di poter dare una spiegazione a tutto.
L'alternativa è il rifugiarsi nell'accettazione dell'esistenza "del paradiso e dell'inferno".
Quindi è la pigrizia, insieme alla paura, sembrerebbero essere la spiegazione razionale al perché ancora ha fede nel burattinaio.
Qual è la verità?
La risposta che parlando con franchezza più mi piace, è che non ci sono risposte.
Non siamo tenuti a sapere quale sia la verità, e dobbiamo vivere accettando la nostra ignoranza.
So che questo va abbastanza in conflitto con lo spirito di conoscenza che ci muove, ma questa potrebbe essere una grande prova di resistenza.
L'anarchia delle idee.