..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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giovedì 31 gennaio 2013

Crepe nella fortezza Europa: assolti per legittima difesa

Si chiamava Yassine, era tunisino, e aveva 23 anni. Si tratta del migrante che è annegato nel corso dello sbarco di Capodanno nell’arenile tra Capo Granitola e Tre Fontane, costa Sud della provincia di Trapani. La dinamica della tragedia non ha niente a che fare con le avverse condizioni meteo. In questo caso, come in molti altri casi analoghi, gli scafisti hanno buttato a mare gli immigrati che erano a bordo del peschereccio utilizzato per la traversata. Dovevano alleggerirsi per sfuggire ai controlli. Poi, gli scafisti sono stati arrestati ugualmente ma per Yassine, che forse non sapeva nuotare o che, forse, era troppo stanco, non c’è stato niente da fare. Un altro ragazzo è ancora disperso. Yassine è stato identificato dai carabinieri attraverso le impronte digitali. Dagli accertamenti è risultato, infatti, che Yassine era già stato in Italia e che nel 2011 era stato espulso dal questore di Ravenna perché clandestino.
Qualche giorno prima, ma su un altro versante della Fortezza Europa, a metà dicembre, un’imbarcazione carica di immigrati, salpata dalla costa turca, si è rovesciata a causa del maltempo nei pressi dell’isola greca di Mitilene. Bilancio della tragedia: venti persone affogate, tutte tra i venti e i quarant’anni.
Dal 1988 sono morte lungo le frontiere dell’Europa almeno 18.673 persone.
Il dato è aggiornato al 10 novembre 2012 e si basa sulle notizie censite negli archivi della stampa internazionale degli ultimi 24 anni (fonte: fortresseurope.blogspot.it).
Una strage lenta e inesorabile le cui responsabilità gravano interamente sull’Unione europea (premio Nobel per la pace!) e sui governi che con le loro politiche, i loro accordi bilaterali, i loro pattugliamenti congiunti, hanno eretto un muro contro l’umanità che fugge da crisi, conflitti, guerre, povertà.
Il 2012 non è stato migliore. A novembre ha suscitato una certa attenzione
la lettera aperta scritta dal nuovo sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, e indirizzata simbolicamente all’Unione europea: «Eletta a maggio, al 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21 cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore (…) Quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?».
Nicolini, che viene da Legambiente, si indigna per l’assuefazione alle stragi di migranti e non è lontana da un’analisi condivisibile laddove ammette «che la politica europea sull’immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente». Certo, si tratta pur sempre del sindaco di Lampedusa, e le sue critiche alle politiche europee possono arrivare fino a un certo punto di compatibilità con il suo ruolo istituzionale. Ma in confronto al suo predecessore, De Rubeis, Nicolini è una campionessa di cultura democratica e progressista.
Certo è che il fronte della repressione nei confronti dei migranti rimane sempre molto caldo. I centri di identificazione ed espulsione continuano ad assolvere al loro ruolo terroristico nei confronti di chi vi viene trattenuto, ma forse mai come in questo 2012 appena trascorso si sono verificate così tante rivolte e fughe dai Cie di tutta Italia. Segno questo dell’aumentata capacità dei migranti di organizzarsi e affrontare scontri anche molto duri con le forze dell’ordine che, spesso, si trovano davvero in difficoltà nell’arginare la determinazione dei reclusi.
Solo pochi giorni fa il tribunale di Crotone ha emesso una sentenza davvero storica e, in un certo senso, sorprendente. Tre immigrati (un tunisino, un marocchino e un algerino) che a ottobre avevano partecipato a una rivolta all’interno del Cie di Isola Capo Rizzuto, sono stati assolti dalle accuse di danneggiamento e resistenza aggravata. I tre, insieme ai loro compagni di sventura, avevano divelto suppellettili e avevano scagliato oggetti contundenti contro le guardie che presidiavano il centro di detenzione. L’assoluzione si è basata sul concetto che la loro difesa è stata proporzionata all’offesa, ed è stata ricavata dall’articolo 15 della direttiva europea 115 del 2008 nel quale si sancisce che il trattenimento all’interno di un Cie dovrebbe essere l’“extrema ratio” nella “gestione” di un immigrato irregolare.
I provvedimenti di trattenimento dei tre imputati erano privi di motivazione, e pertanto mancava «l’indicazione delle ragioni specifiche in forza delle quali non era stato possibile adottare una misura coercitiva meno afflittiva del trattenimento presso il Cie». Il giudice ha anche considerato le pessime condizioni di vita nel Cie di Crotone, una struttura «al limite della decenza» e assolutamente inadatta all’accoglienza di esseri umani. Quindi, gli imputati sono stati vittima di «offese ingiuste», alle quali hanno opposto una «legittima difesa». In questo senso, il valore della dignità umana e della libertà personale è stato riconosciuto dal tribunale di gran lunga superiore al valore dei beni materiali distrutti durante la rivolta.
Una volta tanto, la legge riconosce quello che è immediatamente comprensibile da ogni essere umano dotato di buon senso. La sentenza di Crotone potrebbe rappresentare la classica eccezione che conferma la regola. Oppure potrebbe significare un cambio di prospettiva e, soprattutto, un importante precedente.
È chiaro che, se le cose dovessero migliorare, il merito non sarà del pur coraggioso e civile giudice di Crotone, ma di tutti gli immigrati che in questi anni si sono rivoltati, sono stati ammazzati, hanno lottato, hanno sofferto e non si sono mai arresi.

sabato 26 gennaio 2013

Abolire il potere politico

Nessuno ha il diritto di mettere un essere umano in condizione di potere politico, e, dunque di predominio su un altro uomo. Chiunque mette un uomo in una posizione di potere politico, dovrebbe condividere la responsabilità per ogni diritto violato da quell'uomo in seguito.
(Wendy McElroy)

venerdì 25 gennaio 2013

Astensionismo elettorale anarchico

Generalmente la decisione di non votare può rappresentare una forma di protesta, di insoddisfazione verso le proposte formulate dai partiti e quindi coinvolgere cittadini politicamente consapevoli, integrati e collocati al centro della società, l'attiva contrapposizione alla partecipazione elettorale degli anarchici, seppur con vari distinguo legati a fatti contingenti, è invece espressione della loro profonda ostilità nei confronti di un sistema legalitario e ad un ingresso nelle istituzioni. La mancata partecipazione elettorale può derivare anche da una condizione di apatia, di marginalità sociale e di disconnessione dalla politica, disinteresse o incuria e allora si preferisce parlare in questo caso di assenteismo.

L'astensionismo elettorale nella storia del movimento anarchico

Il socialismo, compreso quindi anche l’anarchismo, nasce prevalentemente come movimento antiparlamentare e quindi anche astensionista. Gli anarchici furono tra i primi a denunciare esplicitamente l’assurdità delle elezioni. Tra i più espliciti in tal senso è possibile citare citare Henry David Thoreau:
«Ogni votazione è una sorta di gioco d'azzardo, come la dama o il "backgammon", con una lieve sfumatura morale, un gioco con il giusto e l'ingiusto, con le questioni morali; e naturalmente le scommesse lo accompagnano. Il buon nome dei votanti non è in discussione. Può darsi che io dia il mio voto in base a ciò che considero giusto; ma non è per me vitale che il giusto prevalga. Sono disponibile a lasciare ciò alla maggioranza. L'impegno del voto, dunque, non va mai oltre quello della convenienza. Persino votare per il giusto è un non fare niente per esso. Significa solo manifestare debolmente agli uomini il desiderio che il giusto debba prevalere. Un uomo saggio non lascerà il giusto alla mercé del caso, né desidererà che esso prevalga mediante il potere della maggioranza».
Già nella terza risoluzione del Congresso di Saint-Imier del 1872 si poteva leggere che la «distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato» e che «in nessun caso la maggioranza di un qualsiasi congresso potrà imporre le sue decisioni alla minoranza». In sintonia con questi principi, per gli anarchici astenersi ha sempre significato non cadere nella trappola della scelta tra false alternative, non avallare un sistema politico strutturato sulle deleghe di potere e sulla gerarchia. Gli anarchici hanno storicamente preferito sviluppare le armi della critica intransigente e dell’(auto) organizzazione, ovvero di non essere governati, ma autogovernarsi, e di sviluppare azioni rivoluzionarie contro i principi del parlamentarismo e dei governi che impongono leggi e tasse.
Originale e controversa invece fu la posizione assunta da Camillo Berneri, il quale criticò l’idea che l’astensionismo potesse essere un dogma intoccabile dell’anarchismo, anche se mai egli si trasformò in parlamentarista o riformista (come accadde invece ad Andrea Costa e Francesco Saverio Merlino). Berneri semplicemente cercò di ridiscutere ogni aspetto dell’anarchismo in maniera da liberarlo dalle “incrostazioni dogmatiche”, distinguendo la “strategia” dalla “tattica”.
Un momento difficile della storia dell'anarchismo e dell’astensionismo si ebbe durante le fasi della rivoluzione spagnola: alle elezioni del febbraio 1936, la CNT, organizzazione anarco-sindacalista spagnola che allora aveva un peso rilevantissimo tra i lavoratori, non si appellò all'astensionismo e così molti anarchici andarono a votare per il Fronte Popolare, che infatti vinse le elezioni.
In seguito, addirittura, gli anarchici entrarono a far parte del governo della Catalogna prima e, successivamente, in quello nazionale (ottennero 4 ministeri).
Al di là di quelle particolari circostanze storiche, in ogni caso gli anarchici hanno sempre concordato sul carattere autoritario del sistema rappresentativo, come ben sottolineò Michail Bakunin:
«Il sistema rappresentativo, ben lungi dall’essere una garanzia per il popolo, crea e garantisce, al contrario, l’esistenza permanente di una aristocrazia governativa contro il popolo stesso ed il suffragio universale è unicamente un mezzo eccellente per opprimere e rovinare un popolo in nome proprio di una pretesa volontà popolare, presa come pretesto, o un gioco di prestigio grazie al quale si nasconde il potere realmente dispotico dello Stato, basato sulla Banca, la Polizia e l’Esercito.».
Nonostante queste radicali affermazioni, Michail Bakunin nel 1870 si dichiarò possibilista riguardo all'elezione di membri della I Internazionale, purché questo fosse un modo strategico per diffondere tra le masse i principi dell’anarchismo, grazie alle agevolazioni materiali (es. viaggi gratis) e a tutte una serie di vantaggi (es. maggiori possibilità di propaganda politica) che l’elezione comportava. In ogni caso l'anarchico russo, di fronte al parlamento rimase sempre e comunque antiparlamentarista e astensionista.
Più recentemente, dimostrando la continuità storica del pensiero anarchico, tale concetto è stato ribadito da Noam Chomsky: «In un regime totalitario la volontà del popolo non conta: ci sono dei manganelli per sistemare tutto. Ma se lo stato non può più fare uso del bastone il popolo può alzare la voce, allora bisogna controllarne il pensiero con la propaganda, fabbricando il consenso e con delle semplificazioni allettanti per ridurlo all'apatia. La comunicazione sta alle democrazie come la violenza sta alle dittature».


martedì 15 gennaio 2013

Elezioni: una tirannide legalizzata

Vi sono tre tipi di tiranni: gli uni ottengono il regno attraverso l'elezione del popolo, gli altri con la forza delle armi, e gli altri ancora per successione ereditaria. Chi lo ha acquisito per diritto di guerra si comporta in modo tale da far capire che si trova, diciamo così, in terra di conquista. Coloro che nascono sovrani non sono di solito molto migliori, anzi essendo nati e nutriti in seno alla tirannia, succhiano con il latte la natura del tiranno, e considerano i popoli che sono loro sottomessi, come servi ereditari; e, secondo la loro indole di avari o prodighi, come sono, considerano il regno come loro proprietà. Chi ha ricevuto il potere dello Stato dal popolo [...] è strano di quanto superino gli altri tiranni in ogni genere di vizio e perfino di crudeltà, non trovando altri mezzi per garantire la nuova tirannia che estendere la servitù ed allontanare talmente i loro sudditi dalla libertà, che, per quanto vivo, gliene si possa far perdere il ricordo. A dire il vero, quindi, esiste tra loro qualche differenza, ma non ne vedo affatto una possibilità di scelta; e per quanto i metodi per arrivare al potere siano diversi, il modo di regnare è quasi sempre simile.

Etienne de La Boétie (Discorso sulla servitù volontaria)






sabato 12 gennaio 2013

Elezioni: le pecore vanno al macello …

“Le pecore vanno al macello. Non si dicono niente, loro, e niente sperano. Ma almeno non votano per il macellaio che le ucciderà, e per il borghese che le mangerà.

Più bestia delle bestie, più pecora delle pecore, l'elettore nomina il proprio carnefice e sceglie il proprio borghese. Ha fatto delle rivoluzioni per conquistarne il diritto...”
Octave Mirabeau

Il potere di questa corrotta classe politica sta solo nel voto. Negandolo a nuovi e vecchi partiti che inevitabilmente saranno stritolati dai meccanismi di questo sistema, si avvierà una fase di cambiamento.
Il problema ora non é infatti scegliere un partito o l'altro, vecchi o nuovi che siano, ma sfiduciare l'intero sistema politico con una massiccia astensione che porterà obbligatoriamente ad una nuova Costituente, che rinnovi tutto il sistema politico ed istituzionale, cosa che nessun partito potrà mai fare all'interno di quello attuale.
Se si capirà, fuori dai tanti luoghi comuni, che una massiccia astensione dal rito che perpetua questo corrotto ed indegno potere é una vera opzione politica e non dell'antipolitica, riusciremo finalmente a voltar pagina.
Astenersi dal voto non é togliere un potere al cittadino, ma potenziarlo al massimo grado, e cioè sfiduciare e far sparire questa classe politica, questo sistema politico e non un qualsiasi partito, cosa che non risolverebbe niente.
Con questo sistema, votare per uno vuol dire votare per tutti gli altri ormai, dopo anni di urne, dovreste esservi accorti che non serve a nulla, tutte le richieste per cui avete votato sono restate inevase ... anzi, lorsignori non hanno fatto altro che aggiungere sciagura a sciagura, fino a consegnarci legati mani e piedi ad una cricca usurai che hanno sospeso la democrazia e stanno distruggendo il Paese.

mercoledì 9 gennaio 2013

Sono ateo, grazie a Dio!



Non lo si ripeterà mai abbastanza. Tutte le religioni sono menzogne, tutte le religioni sono oppressione, tutte le religioni sono strumenti di dominio. Chiese, moschee, sinagoghe o templi, si tratta sempre di luoghi in cui si entra e da cui si esce solo inginocchiandosi dinnanzi a chi sta in alto. Una delle più diffuse convenzioni sociali della nostra epoca è quella secondo cui ogni opinione religiosa debba essere rispettata, essendo considerato esecrabile solo il fanatismo. Come se il fanatismo non fosse una caratteristica intrinseca in ogni religione, come se lo stesso concetto di sacro non implicasse la punizione del trasgressore: quale punizione a quale trasgressore, è solo una differenza di sfumature. Se in Algeria ci sono fanatici integralisti che attaccano le donne che non portano il velo, come definire quelli che negli Stati Uniti aggrediscono i medici che accettano di praticare l’aborto?
Stiamo anche assistendo a curiose dispute in merito alla pretesa superiorità del cristianesimo rispetto alle altre religioni. C’è chi lo considera comunque migliore dell’islamismo, di cui viene evidenziato il disprezzo nei confronti delle donne. Eppure, tralasciando il cristiano trattamento riservato alle donne in passato, la rinuncia al piacere dei sensi, contrapposto alla necessità del concepimento, è a tutt’oggi parte integrante del cristianesimo. Le suore, e in particolar modo quelle di clausura, sono anch’esse un simbolo della negazione della donna. Se la donna tenuta rinchiusa e a cui viene imposto il velo desta orrore, la donna picchiata o ammazzata perché troppo disinibita non è forse un fatto diventato quasi normale nella sua quotidianità? Del resto, se spostiamo il discorso alla civiltà nel suo complesso, la donna apprezzata in oriente è quella vestita il più possibile, mentre in occidente è quella svestita il più possibile. Il che ha tutta l’aria di rappresentare i due poli di una medesima umiliazione.
È un fatto: non esistono religioni buone e religioni cattive. La religione, quale che sia, è la negazione dell’intelletto e dei sentimenti più autentici, la repressione dei desideri, la mortificazione della dignità, nonché l’incitamento alla rassegnazione, l’apologia della sottomissione, l’esaltazione della miseria. La religione protegge il potente, benedice il soldato, approva il gendarme, prepara il boia, mentre scomunica e condanna ogni pensiero e ogni gesto ribelle.
Ma non serve a nulla bestemmiare contro i padroni del cielo quando si rivolgono preghiere a quelli sulla terra. Gli uni non possono vivere e prosperare senza gli altri. «Né Dio, né Stato» era e continuerà sempre ad essere una condizione essenziale per la liberazione umana.

giovedì 3 gennaio 2013

Non insegnate ai bambini

Non insegnate ai bambini
non insegnate la vostra morale
è così stanca e malata
potrebbe far male
forse una grave imprudenza
è lasciarli in balia di una falsa coscienza.

Non elogiate il pensiero
che è sempre più raro
non indicate per loro
una via conosciuta
ma se proprio volete
insegnate soltanto la magia della vita.

Giro giro tondo cambia il mondo.

Non insegnate ai bambini
non divulgate illusioni sociali
non gli riempite il futuro
di vecchi ideali
l'unica cosa sicura è tenerli lontano
dalla nostra cultura.

Non esaltate il talento
che è sempre più spento
non li avviate al bel canto, al teatro
alla danza
ma se proprio volete
raccontategli il sogno di
un'antica speranza.

Non insegnate ai bambini
ma coltivate voi stessi il cuore e la mente
stategli sempre vicini
date fiducia all'amore il resto è niente.

Giro giro tondo cambia il mondo.
Giro giro tondo cambia il mondo.


2003 - 2013
Ricordando Giorgio


4'33"

4′33″ (pronunciato dall'autore Quattro, trentatré oppure Quattro minuti, trentatré secondi) è una composizione in tre movimenti del compositore sperimentale americano John Cage (1912–1992), composta nel 1952 per qualunque strumento musicale o ensemble; lo spartito dà istruzione all'esecutore di non suonare per tutta la durata del brano nei tre movimenti: il primo di 30 secondi, il secondo di 2 minuti e 23 secondi, il terzo di 1 minuto e 40 secondi; il totale dei secondi di silenzio, ossia 4 minuti e 33 secondi, dà il titolo all'opera. Nelle intenzioni dell'autore, la composizione si presume consistere dei suoni emessi dall'ambiente in cui viene eseguita, dando una idea dell'importanza dell'ambiente stesso, sebbene sia generalmente percepita come "quattro minuti e trentatré secondi di silenzio".
4′33″ è la composizione più famosa e controversa di Cage Concepita attorno il 1947–1948, mentre il compositore stava lavorando alle sue sonate e interludi, essa è diventata per Cage l'epitome della sua idea di ciò che costituisce, o che può costituire, la musica. In un'intervista del 1982, come in molte altre occasioni, Cage ha affermato che 4′33″ è stata la sua opera più importante.
4’33” è l'apice di una serie di composizioni di Cage dove il silenzio ha conquistato un ruolo sempre più importante. Il Duetto per due flauti, scritto nel 1934, inizia con un silenzio, mentre Waiting, pezzo per piano scritto pochi mesi prima di 4’33”, è principalmente dominato dal silenzio, interrotto soltanto da un breve ostinato. Un'esperienza importante per la realizzazione del pezzo fu la visita alla camera anecoica dell'Università di Harvard. In questa camera, Cage avrebbe dovuto udire il silenzio più totale; invece riuscì a sentire due rumori, uno acuto e l'altro più grave. Un ingegnere gli spiegò allora che aveva ascoltato il proprio apparato cardiocircolatorio e nervoso in funzione; da ciò Cage dedusse che il silenzio perfetto è in realtà un'utopia, e il rumore domina in ogni istante della nostra vita.
Secondo Cage, 4’33” non è per nulla un'opera silenziosa, in quanto il vero centro di attenzione dovrebbero essere i rumori casuali che si sentono durante il silenzio dei musicisti, al pari di quelli dati dalla caduta di un oggetto, dal ronzio di un insetto o dal respirare degli spettatori. La durata particolare della composizione, invece, è probabilmente un riferimento allo zero assoluto: infatti, quattro minuti e trentatré secondi corrispondono a 273 secondi, e lo zero assoluto è posizionato a -273.15 °C, temperatura irraggiungibile, come il silenzio assoluto.
La prima di 4’33” si tenne a Woodstock, New York, il 29 agosto 1952, durante un recital di musica per pianoforte contemporanea. David Tudor si sedette al pianoforte, aprì il coperchio della tastiera e lo richiuse immediatamente, ripetendo il gesto per segnalare l'inizio e la fine di ciascun movimento. Cage stesso, riguardo quest'esecuzione e la reazione del pubblico, disse:
«Non hanno capito. Non esiste il silenzio. Alcuni credevano fosse silenzio, poiché ignoravano come ascoltare, in realtà c’erano tantissimi suoni accidentali. Durante il primo movimento si poteva sentire il vento che soffiava dall'esterno. Durante il secondo movimento gocce di pioggia cominciavano a picchiettare sul tetto, e durante il terzo la gente stessa produceva ogni genere di suono interessante parlando o uscendo dalla sala.»
Nel dicembre 2010 si tenne una campagna per far diventare 4’33” il pezzo musicale più venduto dell'anno, per impedire al vincitore della settima edizione di X Factor inglese di raggiungere la cima degli UK Single Charts. Inizialmente l'iniziativa fu sostenuta da un gruppo di Facebook, ma ben presto ebbe ampia diffusione. Ciò, tuttavia, non impedì il fallimento della campagna: 4’33” raggiunse soltanto il numero 21 della classifica.
Nel 1958 Cage partecipò al telequiz Lascia o Raddoppia in qualità di esperto di funghi, vincendo 5 milioni di Lire. Durante lo spettacolo si esibì in un concerto chiamato "Water Walk", sotto gli occhi sbigottiti di Mike Bongiorno e del pubblico italiano, in cui gli "strumenti" erano, tra gli altri, una vasca da bagno, un innaffiatoio, cinque radio, un pianoforte, dei cubetti di ghiaccio, una pentola a vapore e un vaso di fiori.
Memorabile il dialogo che ci fu tra il presentatore e Cage quando questi si congedò, vittorioso:
M.B.: "Bravissimo, bravo bravo bravo bravo. Bravo bravissimo, bravo Cage. Beh, il signor Cage ci ha dimostrato indubbiamente che se ne intendeva di funghi... quindi non è stato solo un personaggio che è venuto su questo palcoscenico per fare delle esibizioni strambe di musica strambissima, quindi è veramente un personaggio preparato. Lo sapevo perché mi ricordo che ci aveva detto che abitava nei boschetti nelle vicinanze di New York e che tutti i giorni andava a fare passeggiate e raccogliere funghi".
J.C.: "Un ringraziamento a... funghi, e alla Rai e a tutti genti d'Italia".
M.B.: "A tutta la gente d'Italia. Bravo signor Cage arrivederci e buon viaggio, torna in America o resta qui?".
J.C.: "Mia musica resta".
M.B.: "Ah, lei va via e la sua musica resta qui, ma era meglio il contrario: che la sua musica andasse via e lei restasse qui".


martedì 1 gennaio 2013

Giuseppe e Delfina

Il 2 gennaio di 10 anni fa è deceduto il compagno Giuseppe Ruzza di Gattinara. Questo blog vuole ricordarlo con la speranza che altri compagni lo ricordino allo stesso modo se non con più forza e con più documentazioni, affinché la memoria di chi ha portato avanti e seminato l’ideale anarchico, non vada persa.
L’attività instancabile di Beppe, iniziò da giovane militando in un gruppo di partigiani quasi esclusivamente anarchici, durante gli anni della resistenza, che si distinsero per la chiarezza delle loro idee nella lotta contro in nazi-fascismo. Finita la guerra operò affinché gli ideali del vero comunismo, quello anarchico, si diffondessero nella Valsesia attraverso la propaganda spicciola del volantinaggio e di un giornale da lui redatto chiamato “L’Agitatore”.
Venne arrestato negli anni ’50 dal regime democristiano, per aver sostenuto un gruppo di fuoriusciti combattenti spagnoli braccati dalla polizia franchista.
Uscito di galera dopo circa sette anni di prigionia, costituì una cassa raccolta fondi per il sostegno dei compagni detenuti; da Valpreda in poi, insieme alla sua compagna Delfina Stefanuto, scomparsa per emorragia celebrale pochi mesi prima di lui (nell’aprile del 2002) mentre in ospedale lo stava assistendo, fu sempre a fianco dei compagni sequestrati dal regime.
Anche fuori dalla Valsesia partecipò attivamente a numerose iniziative. A Vercelli lo ricordiamo per aver subito un’aggressione fascista e una intimidazione da parte di alcuni esponenti dell’allora Partito Comunista che lo accusarono durante una manifestazione del 1° maggio di non c’entrare niente con suddetta commemorazione!
Aprì sedi anarchiche a Gattinara, dove trovarono riferimento anche compagni di varie organizzazioni di estrema sinistra ed ex partigiani della Valsesia. Per questi motivi, durante i così detti anni di piombo, venne nuovamente arrestato per complicità e fiancheggiamento di fantomatiche bande armate. L’accusa contro di lui si sgretolò e dopo pochi mesi tornò libero e riprese la solita attività propagandistica fino al 2001, quando cominciò una sua nuova battaglia, quella contro i danni della vecchiaia e di una vita sofferta che lo arrestarono definitivamente.
Le sua compagna Delfina. fin da bambina, costretta alle parate delle “Piccole italiane”, aveva in odio il fascismo, tanto che a 14 anni entrò in contatto con le formazioni clandestine e ben presto divenne una giovane staffetta, indispensabile per mantenere i contatti e i rifornimenti con i partigiani combattenti che avevano le loro basi sulle alture della Valsesia, della Val d’Ossola e delle numerose posizioni fortificate dei dintorni. In quei frangenti conobbe Giuseppe.
Operaia tessile dopo la Liberazione, ben presto venne fatta oggetto dell’ostracismo padronale perché aveva osato difendere i diritti suoi e delle sue compagne di lavoro. Negli anni 50, dopo l’arresto di Giuseppe, Delfina entrò in contatto con il mondo dei detenuti, con i quali avrebbe continuato un’attiva solidarietà per il resto della sua vita. Con il ritorno alla libertà di Giuseppe, l’attività solidale verso i detenuti si alimentò con le iniziative del Circolo “Scribante” e con la stampa de “L’Agitatore” e ciò non poté mancare di dar fastidio all’ordine costituito. Così, anche lei insieme a Giuseppe, nel 1983 venne arrestata e, pur in assenza di prove che potessero trattenerli in carcere, dovette passare quasi un anno prima che fossero loro concessi gli arresti domiciliari e infine rimessi in libertà.
Per le loro attività, per le loro lotte, per le loro ingiustizie subite, per la loro generosità e per la loro solidarietà, Giuseppe e Delfina continueranno a rimanere nei cuori di tutti i compagni che li hanno conosciuti.