..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

Translate

domenica 30 settembre 2012

La verità é un atto rivoluzionario


Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.
Gorge Orwell

Sull’imperialismo

Imperialismo è il processo attraverso il quale una nazione domina un’altra, direttamente, con mezzi politici, o indirettamente, con mezzi economici.
L’imperialismo è cambiato moltissimo, particolarmente negl’ultimi cento anni, dove le forme ed i metodi si sono evoluti per accontentare i bisogni capitalistici in evoluzione.
Per garantire la sicurezza di un stato, ci deve essere una forte economia, e questo si otteneva nel periodo classico dell’imperialismo, tramite la conquista di terre nuove.
Ma l’imperialismo capitalistico moderno si basa principalmente sull’economia, sui profitti e sullo sfruttamento, invece che sulla forza brutale di qualche tempo fa.
L’imperialismo è il “servo” del capitalismo: aumenta la potenzialità dei profitti, grazie allo sfruttamento delle risorse dei paesi meno sviluppati economicamente. Quindi, i paesi forti economicamente avranno materie prime e manodopera  a basso costo, con meno controlli e leggi che tutelano l’ambiente ed il lavoratore.
Inoltre, avere un impero significa che beni prodotti a basso prezzo possono “invadere” il mercato, tagliando le gambe a contadini e artigiani nei paesi del terzo mondo.
L’imperialismo è un buon modo per creare mercati privilegiati per i propri prodotti.
Visto che il capitalismo, proprio per natura, si basa sulla crescita, deve espandersi per sopravvivere.
Quindi, il capitalismo è imperialistico per natura. Nelle società pre-capitaliste, c’era una sostanziosa resistenza ai capitalisti stranieri che promuovevano il mercato libero.
Però, il desiderio della gente “primitiva” di essere lasciata in pace era raramente rispettato, e furono “civilizzati per il loro bene”.
L’imperialismo ha sempre servito il capitale.
Se non fosse così, i capitalisti si sarebbero opposti all’imperialismo.
Questo (insieme alla resistenza interna) aiuta a spiegare la fine della colonizzazione. Non c’è modo migliore della colonizzazione, per ottenere manodopera e materie prime a costi bassissimi o gratuiti. Appena che i costi sorpassavano i benefici, l’imperialismo coloniale si trasformò nella “colonizzazione” di multinazionali, influenza politica e minacce di forza.
Mentre cresceva il capitale, il bisogno di espansione dei mercati esteri, causò il legame con le nazioni. Visto il gran numero di nazioni capitalistiche in concorrenza, la tensione portò a conflitti d’interesse tra di loro. La competizione internazionale tra paesi sviluppati portò ad entrambe le guerre mondiali. Guerre capitaliste, combattute dalla classe operaia!
Dopo queste guerre, i paesi europei hanno ceduto alle pressioni degli Stati Uniti e dei movimenti per l’indipendenza di vari paesi, e la colonizzazione gradualmente finì (non che gli USA fecero questi gesti in modo altruistico, ma soltanto perché, con una mossa unica allargavi il mercato mondiale nei paesi meno sviluppati e indebolivi i paese più sviluppati, che quindi sarebbero diventati più dipendenti verso gli USA economicamente). Questo processo fu accompagnato dall’espansione oltre la “nazione” nella forma di corporazioni multinazionali.
Oggi, invece di regnare direttamente in vari paesi (che costerebbe troppo), forme indirette di dominazione sono preferite, con la forza usata soltanto come soluzione finale, se gli interessi vengono messi in crisi. Vietnam, la guerra del golfo ed i finanziamenti ai contras in Nicaragua sono esempi di questo utilizzo di forza imperialistica.
Il potere politico ed economico è usato solitamente per tenere i mercati liberi per le corporazioni, mentre l’intervento militare viene usato soltanto come “ultima spiaggia”.
Chiaramente, anche l’USSR ha partecipato ad avventure imperialiste, e per motivi leggermente diversi. La repressione dei paesi circostanti, fu un tentativo dell’imperialismo sovietico di mantenere la difesa di ciò che aveva dal “pericolo dall’ovest”.
La prima fase dell’imperialismo fu quando la crescita dell’economia capitalista nazionale iniziò a rallentare.
Quindi l’imperialismo fece aumentare l’area sfruttabile.
Una volta che i poteri economici avessero “plasmato” il pianeta a loro immagine, iniziava la competizione sfrenata per aumentare le vendite e per i costi dei prodotti, portando i forti paesi economici ad uno scontro. Crescevano gli eserciti in un tentativo di fare paura, ma chiaramente, questa tensione portò alla prima guerra mondiale.
“La guerra per finire tutte le guerra”, fu lo slogan grottesco della classe dominante.
Dopo la prima guerra mondiale, l’identità delle nazioni fu molto più chiara, e portò all’aumento degli interventi degli stati per mantenere la crescita del capitalismo.
L’avvento del fascismo in Italia e Germania, ed i tentativi degli USA e Gran Bretagna di risanare l’economia, furono esempi di questo interventismo.
Questi metodi di protezione aumentarono e la crescita del capitale si fermò.
Un’altra guerra era chiaramente all’orizzonte.
Dopo la seconda guerra mondiale, le corporazioni multinazionali iniziarono l’invasione del mondo occidentale, debole dallo sforzo bellico, e del terzo mondo, ora indipendente, ma molto debole economicamente.
Quindi l’imperialismo riuscì a rimanere intatto, con gli Stati Uniti che distribuivano finanziamenti grossissimi a mediocri dittatori di destra, con lo pseudonimo di “aiuto estero”. Il denaro per gli “aiuti esteri” arriva direttamente dallo stato, e quindi, indirettamente dagli operai.
Ironicamente, con “aiuto estero” si  intende quando la gente povera d’un paese ricco, finanzi la gente ricca dei paesi poveri, per assicurare che gli investimenti di quest’ultimi continuino nei paesi poveri, per la gente povera di questi paesi!!
La globalizzazione non ha portato la fine dell’imperialismo, perché gli interessi del capitale privato hanno sempre bisogno di difesa.
Grazie alla mobilità del capitale, le corporazioni possono ottenere dei grossi privilegi agli stati, usando la minaccia di spostarsi altrove.
La globalizzazione porterà ad un cambiamento dell’imperialismo, grazie ai cambiamenti del capitalismo. L’unico vero cambiamento sarà che i governi di nazioni imperialiste dovranno rendere sempre più conto al capitale e sempre meno al popolo. 

sabato 29 settembre 2012

Sulla proprietà

Il capitalismo è contraddistinto da due elementi fondamentali: la proprietà privata ed il lavoro salariato, anche se senza proprietà privata verrebbe a mancare il fondamento dello sfruttamento del lavoro salariato. Inoltre, la proprietà dei mezzi di produzione è solo possibile se esiste uno stato, con i suoi apparati di coercizione a disposizione dei proprietari. La proprietà privata è la radice della coercizione, della gerarchia autoritaria e dell’èlite privilegiata. Come con la monarchia, il lavoratore è la vittima del capitalista, dovendo obbedire agli ordini, alle leggi e decisioni.

“Il primo uomo che recintò un pezzo di terra e disse “questo è mio”, trovando gente abbastanza ingenua da credergli, era il vero fondatore della società civile. Quanti crimini, guerre, omicidi, quanti misteri ed orrori potevano essere risparmiati all’umanità, se quell’uomo che vide erigere la prima steccata o riempire il primo fossato, avesse urlato agli altri uomini, “ Attenti ad ascoltare quest’impostore; siete persi che avete scordato che i frutti della terra sono di tutti e che la terra non è proprietà di nessuno.”
J.J Rousseau

Per capire bene la proprietà privata, bisogna distinguere tra una “proprietà” ed un “possesso”.
La “proprietà” è un monopolio su certi oggetti o privilegi protetti dallo stato, che potrebbero essere usati per lo sfruttamento d’altri.
Un “possesso”, d’altra parte, è l’occupazione di certi oggetti che non possono essere usati per sfruttare altri (l’auto, il frigo, lo spazzolino da denti!! ecc).
Per esempio, la casa dove uno vive è un possesso, invece se uno affitta questa casa ad altri, diventa una proprietà. Come, se uno usa un trapano per lavorare, questo trapano è un possesso, ma se assume un altro per usare il trapano, sistematicamente, il trapano diventa una proprietà. Anche se inizialmente, potrebbe essere difficile distinguere, questa distinzione aiuta moltissimo a capire la natura del capitalismo. Si tende ad usare la parola “proprietà” per tutto, dallo spazzolino da denti alla multinazionale, ma sono due cose diverse e con impatti sociali molto diversi. La differenza tra una proprietà ed un possesso si può vedere dai tipi di relazioni autoritari che generano. Per esempio, sul posto di lavoro, si capisce subito chi determina come debbano essere usati gli “oggetti” e chi effettivamente li debba usare. Questo porta ad un sistema quasi totalitario.
Nella società anarchica, non esisterebbero proprietà, ma soltanto possessi.
Le case, come i mezzi di produzione, sarebbero possessi di chi li occupa, ma non ci sarebbe mai un diritto di proprietà, come nel sistema attuale.
Kropotkin affermava che lo stato è “lo strumento per stabilire monopoli in favore della minoranza regnate.” Mentre certi di questi monopoli sono visibili, altri non si vedono e  non hanno bisogno della forza per essere mantenuti.
Ci sono quattro tipi di proprietà che sono protetti dallo stato:
1) Il potere di dare credito e denaro (la base del capitalismo bancario)
2) La terra e costruzioni (la base degli affitti)
3) I mezzi di produzione (la base del capitalismo industriale)
4) Le idee ed invenzioni (la base del copyright o “proprietà intellettuali”)
Mantenendo queste forme di proprietà, il capitalismo assicura che le condizioni oggettive dell’economia favoriscano il capitalista, con gli operai liberi soltanto di accettare i contratti di lavoro.
Finché lo stato manterrà il controllo delle quattro condizioni suddette, il lavoratore può soltanto sognare l’emancipazione, ma non avverrà mai. Il sistema attuale non può essere riformato, e quindi va distrutto, perché l’esistenza dello stato, “protettore” del monopolio dei poteri politici, giuridici, legislativi, militari e finanziari, permette l’esistenza dello sfruttamento, le classi sociali, l’oppressione ecc.
Anche certi sostenitori del capitalismo, riconoscono che la proprietà privata fu creata con la forza. Ma queste ammissioni contraddicono l’esistenza stessa della proprietà. L’utilizzo della forza rende illegittimo l’acquisizione di un oggetto. Il furto e vendita di un oggetto non rende la proprietà di un oggetto legittimo, tranne quando è acquistato in buon fede, ma certamente, questo non è il caso. Quindi, se l’iniziale acquisizione dell’oggetto era illegittimo, tutti i diritti seguenti sono pure loro illegittimi.
L’appropriazione della terra necessita di uno stato che ne difenda il diritto. Senza uno stato, il popolo potrebbe liberamente usufruire delle risorse della terra per soddisfare i loro bisogni ed esigenze. Quindi, il privilegio e la proprietà sono la conseguenza dello stato.
Ci sono due tipi di libertà; “libertà da qualcosa” e “libertà di fare”.
“La libertà da qualcosa” significa non essere soggetto a dominazioni, sfruttamenti, repressioni o forme di degradazione e umiliazione. Invece, “la libertà di fare” significa essere in grado di sviluppare ed esprimere i propri talenti, abilità e potenzialità nel modo più completo. Entrambi i tipi di libertà implicano il bisogno di autogestione, responsabilità ed indipendenza.
Quindi, il capitalismo e la proprietà privata sono la negazione della libertà.

venerdì 28 settembre 2012

Sul terrorismo

Il terrorismo significa il colpire o non preoccuparsi nel colpire ed uccidere persone innocenti. Per esistere, l’anarchia ha bisogno della gente comune, e difficilmente convinci le persone delle tue idee uccidendole!! Oltretutto, l’anarchia è l’autoliberazione.
La libertà non può essere raggiunta da una minoranza che uccide “per” gli altri. L’anarchismo cerca la libertà, e non si può cercare la liberazione senza rispetto della libertà dell’uomo.
Il mezzo determina il fine, ed il terrorismo proprio per natura contraddice il principio dell’anarchia. Non la morte dei borghesi, ma la morte della borghesia.
Perché gli anarchici sono spesso associati con la violenza?
Un motivo è, che la stampa indica certi terroristi come anarchici, quando anarchici non sono. Per esempio, il gruppo tedesco Bader-Meinhoff, fu spesso chiamato “anarchico” mentre si autoproclamavano Marxisti-Leninisti.
Ciò non vuol sostenere che gli anarchici non hanno mai commesso atti violenti. Tra il 1880 ed il 1900, anarchici uccisero vari esponenti della classe regnante (famiglie reali, politici ecc.). Era il periodo della “propaganda del fatto”, dove si rivendicava le sofferenze degli operai e si propagandava la rivolta per mezzo d’azione diretta. Ma la propaganda del fatto” ebbe inizio come azione diretta dopo l’uccisione di 20000 comunardi della comune parigina da parte dello stato francese. Sarà pura coincidenza, che le rivendicazioni anarchiche sono note, mentre la morte di 20000 comunardi  lo è molto meno?
Trovo molta ipocrisia nelle condanne alla violenza anarchica, quando effettivamente sono soltanto una risposta alle violenze di stato. Per esempio, molti hanno sostenuto il fascismo, mentre gli anarchici lottarono alla morte per eliminarlo, tentando anche la vita di Mussolini e Hitler. Sembra quasi che chi sostiene dittature sanguinose non è né “violento” né un “terrorista”, mentre gli anarchici che lottano per la libertà, sono violenti perché resistevano a questi regimi!!
I cristiani, i marxisti, gli indù, i repubblicani, i musulmani, i fascisti, gli ebrei, i nazionalisti e patrioti hanno tutti commesso atti terroristici, dimostrando che non si tratta di una caratteristica anarchica.
Io non condivido gli atti violenti fatti da qualche anarchico, ma non voglio nemmeno “condannare” un atto violento a scapito d’altri fatti violenti. Oltretutto, gli atti violenti anarchici sono da sempre per mano individuale, e mai per ordine di qualche gruppo o associazione. La violenza è violenza, ed è uguale per tutti. Cambia soltanto l’uso che ne fai: c’è chi opprime con la violenza e chi vuole liberarsi con la violenza.
L’anarchismo ha soltanto bisogno di un momento di violenza per finire tutte le violenze: la rivoluzione.
L’educazione e l’evoluzione non potranno mai bastare. I privilegiati non cederanno mai volontariamente i loro privilegi, e li difenderanno con la forza. Solo in questo momento, le masse devono usare la violenza. Ricordando sempre che la rivoluzione è contro l’autorità e non contro le persone.
Nulla di materiale va distrutto, perché la vita deve continuare durante e dopo la rivoluzione, altrimenti la rivoluzione sarà persa già in partenza. Niente rappresaglie o uso esagerato della violenza, altrimenti entriamo nella vendetta ed odio, e non voglio fare parte di questo.
Come disse Malatesta, se devo vedere alzare la forca in piazza, preferisco perdere.”
Serve soltanto una rivolta popolare di massa contro le oppressioni legali delle più grosse “violenze” mai esistite: lo stato e la proprietà privata.

Il mondo come ora lo conosciamo sarà distrutto -SUBCOMANDANTE MARCOS-

Il mondo come ora lo conosciamo sarà distrutto.
Sconcertati e malconci, non potranno rispondere niente ai propri vicini quando gli domanderanno “Perché?” Prima, ci saranno mobilitazioni spontanee, violente e fugaci. Poi un riflusso che permetterà loro di tirare un respiro di sollievo. Ma, poi arriveranno nuove sollevazioni,  organizzate, perché vi parteciperanno collettivi provvisti di identità. Allora, vedranno che i ponti che hanno distrutto, credendo che fossero stati costruiti per aiutare i barbari, non solo sarà impossibile ricostruirli, ma si accorgeranno che quei ponti c’erano anche per essere aiutati.
E loro diranno che verrà un'epoca di oscurantismo, ma non sarà altro che semplice rancore, perché la luce che volevano fermare e gestire non servirà assolutamente a quei collettivi che hanno fatto luce propria, e con essa ed in essa camminano e cammineranno.
Il mondo non sarà più lo stesso mondo.
Nemmeno sarà migliore. Ma si sarà dato una nuova opportunità di essere il luogo in cui sia possibile costruire la pace con lavoro e dignità, e non un continuo andare controcorrente in un incubo senza fine. Allora, messo in poesia, in una scritta su un muro distrutto si leggeranno le parole di Bertold Brecht:"Voi, che emergerete dalla marea nella quale noi siamo annegati, ricordate quando parlate delle nostre debolezze, anche i tempi bui ai quali voi siete scampati."
Abbiamo camminato, cambiando più spesso i paesi delle scarpe, attraverso le guerre di classe, disperati, quando c'era solo ingiustizia e nessuna rivolta. Eppure sappiamo che anche l'odio verso la bassezza distorce i tratti del viso. Anche l'ira per le ingiustizie rende la voce rauca. Purtroppo, noi, che volevamo preparare il terreno per la gentilezza non potevamo essere gentili. Ma voi, quando sarà venuto il momento in cui l'uomo sarà amico dell'uomo, ricordate noi con indulgenza.

giovedì 27 settembre 2012

1982. L’estate di Frank

Misero il palco sulla linea del centrocampo ed il pubblico in curva nord. Troppo distante per vedere qualcosa, anche nei maxi schermi, maxi per l’epoca.
Ero seduto sull’ultimo gradone ed il basso pompava così forte che mi vibrava il culo. Qualcuno scavalcò la recinzione e si andò a sedere davanti la porta. Subito la polizia in tenuta da sommossa (casco e scudo) si dispose davanti al palco. Zappa ripeteva “Easy, easy”. Dopo i primi cinque, sei, si avvicinò alla rete un altro gruppo di dieci, quindici persone.
In un attimo saltarono e lì iniziarono i lacrimogeni. Uno, due, tre, atterrarono tutti in mezzo alla gente sugli spalti. In un attimo, il pubblico si mosse per raggiungere l’uscita.
Anche la gente in campo cercò di tornare sui propri passi, ma c’era la rete! Quelli più lesti si buttarono letteralmente dall’altra parte, ma chi non ci riuscì ne prese un fracco. Ma tante! Quando sentì le urla, mi misi ad urlare anch’io.
“Bastardi!” urlava la curva, ma fu un attimo: continuarono a piovere lacrimogeni e tra spintoni e urla di panico riuscì a scendere per le scale. Lì c’era la sorpresa: porte chiuse ed una decina di sbirri ad aspettarci.
Quando aprirono, il flusso in qualche modo li travolse, si aprirono a raggiera, ma non smettevano di calare manganellate. Vidi la ragazza davanti a me tenersi una mano sulla nuca. Perdeva sangue.
La prossima toccava a me, pensai. Quando mi trovai di fronte lo sbirro, lo sentii urlare come un disperato. Fece un passo per venirmi incontro, il manganello alto sul casco.
Io feci un passo ed un doppio passo, come avevo imparato alla scuola di rugby e gli sfilai di fianco giusto il tempo per sentire il manganello che affondava nell’aria dietro di me. “Figlio di buttana” urlai, mentre correvo. Passai vicino agli enormi tir di Zappa, mi tenni largo dai punti in cui se le davano di santa ragione, vidi un spazio tra i pullman disintegrati degli sbirri e mi ci fiondai. Mi fermai solo quando arrivai di fronte casa. Solo allora mi resi conto che avevo gli occhi inondati di lacrime. Lacrime di rabbia.
Avevo aspettato per mesi quel concerto, Zappa aveva suonato si e no venti minuti.
Avevo diciotto anni ed una bella collezione in vinile di Zappa e Mothers of Invention, oltre alla convinzione che a Palermo non sarebbe mai cresciuta né erba né lavoro.
Andrea Pisciotta


Dopo trentanni dallo storico concerto di Frank Zappa tenuto a Palermo il 14 luglio del 1982, Salvo Cuccia realizza un documentario, omaggio al grande musicista statunitense dalle origini sicule.
Insieme ai figli di Zappa, Dweezil e Diva, e all’amico Massimo Bassoli, Cuccia ripercorre le tappe del viaggio intrapreso dallo stesso Frank verso Partinico, il paese d’origine da dove era emigrata verso gli Stati Uniti la famiglia del nonno.
 

mercoledì 19 settembre 2012

Christiania, città anarchica

Era il 26 settembre 1971 quando a Copenaghen, nel distretto di Christianshavn, nasceva Christiania, 34 ettari di terra autogestita da una comunità indipendente. L'occasione arrivò allorquando il reparto militare di stanza a Christianshavn lasciò la caserma. Anarchici, squatters, artisti, non persero tempo. Ancora una volta, l'ennesima, il mondo potè assistere alla realizzazione di quella che, erroneamente, molti chiamano ancora utopia.
E infatti, ancora oggi, nonostante tutte le realtà anarchiche (storiche e attuali) alcune persone pensano che l'anarchia sia utopia (non-luogo), che l'anarchia non si possa realizzare, che sia sinonimo di caos e di violenza, che l'anarchia non ammetta regole, e via discorrendo. Tutte sciocchezze diffuse dal sistema! Aprite gli occhi. Christiania è lì, presente come voi stessi davanti al vostro specchio. Christiania, come le altre realtà anarchiche, è lo specchio della vostra coscienza. L'anarchia non solo è possibile, ma doverosa e urgente!
Gli abitanti di Christiania iniziarono fin da subito a costruire case, laboratori, negozi, saune, vivai, ristoranti, teatri, gallerie d'arte, opere di utilità collettiva. Tutto viene gestito autonomamente, senza alcuna gerarchia, senza sindaci, senza sbirri, senza direttori, senza presidenti, senza alcuna autorità. E grazie alla mancanza di qualsiasi tipo di autorità, anche a Christiania non esiste alcun crimine (riflettete su questo). Un esempio fra i tanti, di cui -guarda caso- nessun medium di regime parla.
E lo Stato danese? Inizialmente lo Stato ha lasciato fare, ma dopo aver constatato che Christiania stava prosperando nella sua 'libertà degli eguali', tentò il colpaccio e ordinò lo sfratto delle famiglie. Ma fu inutile, gli abitanti ebbero la meglio e lo Stato dovette riconoscere la libertà di questo esperimento sociale, ormai divenuto più che un semplice esperimento. In vari periodi, e a più riprese, lo Stato ha tentato di attaccare Christiania, lo ha fatto e lo fa ancora nei modi che gli sono propri e consoni: introducendo clandestinamente droghe pesanti, introducendo clandestinamente criminalità, istituendo un corpo speciale di polizia con 'incarico Christiania' (una pattuglia di 70 energumeni), ma gli abitanti sono sempre riusciti a mantenere la loro indipendenza, la loro pace, la loro libertà.
A Christiania non esistono tasse, perché non esiste uno Stato, non c'è una piramide di caste da mantenere, i servizi sono efficientissimi ed esemplari.
Christiania ha deciso di pagare alla Danimarca soltanto l'acqua e l'elettricità. Tutte le decisioni riguardanti la gestione sociale vengono prese in assemblee, non esiste quindi nessuna democrazia rappresentativa e nessuna dittatura (che sono la stessa cosa). E' un errore credere che l'essere umano non sia in grado di prendere decisioni all'unanimità e in autonomia, poiché Christiania con il suo metodo anarchico basato sulla 'sintesi' e la non-delega, dimostrano il contrario. Infatti, è sufficiente vivere in un contesto non gerarchizzato per essere tutti d'accordo sui vari metodi di mantenimento della libertà (bisogno naturale). Le decisioni che per molti 'democratici' sembrano inarrivabili, assurde, utopiche, per le persone libere sono invece logiche e naturali, sovente di facile attuazione. Perciò la città funziona in modo eccellente, c'è un servizio sanitario impeccabile, scuole, nettezza urbana con riciclaggio dei rifiuti, giornali, biblioteca, casa editrice, radio e televisione, giardini, frutteti, servizio di manutenzione edifici, la posta, il forno, moneta propria ed emissione di francobolli, eccetera. Esiste anche un vero e proprio distretto culturale, il più completo di Copenaghen, con teatro, musica, film, video sperimentali, sport, ecc.
Come anarchia insegna, le leggi esistono, e sono quelle umane e naturali, variabili, poiché variabili sono le necessità, vengono fatte e disfatte nell'interesse comune di portare reale beneficio alla collettività. Ma le leggi dell'anarchia non calano mai dall'alto e non sono coercitive, assolute, imposte da un'autorità, e dato che le regole le decidono e le approvano tutti, non c'è alcun bisogno di commettere crimini, non esistono di conseguenza sbirri e galere. Perciò non è assolutamente vero che normalissime persone, in un contesto anarchico, producano disordine e violenza. Semmai è esattamente il contrario.
L'essere umano è teso naturalmente alla cooperazione, pena l'autodistruzione della specie, e noi sappiamo che lo scopo degli esseri viventi è quello di conservare la specie. Sulla base di questo principio naturale, le regole e le leggi non possono essere imposte coercitivamente da qualcuno, da una casta di giudici, da una casta di deputati, da una minoranza su una maggioranza (ma neanche da una maggioranza su una minoranza). A Christiania, come nelle altre realtà anarchiche, ci sono perciò regole fondamentali adattate a quella specifica comunità e agli specifici bisogni del singolo (in quanto elemento costitutivo della comunità). Una delle regole presenti a Christiania, decisa all'unanimità sulla base della sua effettiva utilità collettiva, è quella di vivere la propria casa per almeno sei mesi. Altre regole volute da tutti e per il bene di tutti sono: niente droghe pesanti, niente armi, niente automobili. Sarebbe questo il disordine di cui si blatera circa l'anarchia?
Quale futuro? Naturalmente roseo, se non fosse per i nuovi attacchi da parte dello Stato, il quale ha già fatto ripartire la sua nuova ondata malefica e violenta di 'sedicente legalità'. Infatti la Danimarca ha già tolto a Christiania lo status speciale di Città Libera. E con la scusa degli scontri del 2007 tra black bloc e polizia, il primo edificio del quartiere è stato demolito dalle ruspe di Stato. L'obiettivo è principalmente la distruzione delle prove che l'anarchia funziona benissimo, e in secondo luogo lo smantellamento della libertà dei cittadini, così come viene smantellata ogni giorno, ogni secondo, là dove esistono Stati e governi.
Resisti ancora, Christiania, e auguri!


Mauro Rostagno, la sua “lotta continua”

Era nato il 6 marzo 1942, denunciava la criminalità organizzata, difendeva gli ultimi. È stato ucciso il 26 settembre 1988 a 46 anni. Dopo infiniti depistagli, finalmente viene esaminata la pista mafiosa.
Dal 2 febbraio 2011 ad oggi sono 32 le udienze del nuovo processo a Trapani per l’omicidio di Mauro Ristagno. Questa volta è la Dda di Palermo ad occuparsene perché è rimasta solo una pista: quella mafiosa. Quando si parla di Ristagno sento che non basta dire a che punto sia il processo e cosa si sia detto all’udienza. Bisogna per prima cosa chiedere scusa. Rischiando di essere ripetitivi bisogna ammettere, ogni volta, che è stato un capo espiatorio. Era di Lotta Continua, tra i pochi ad essere sfuggito all’integrazione. Difendeva gli ultimi, i “tossici”.
Denunciava in televisione collusioni di cui non voleva parlare nessuno, perché Trapani si temeva fosse specchio di ciò che accadeva altrove. E poi mille esperienze, tutte eccentriche: a Trento l’Università, a Milano il Macondo, a Palermo il sostegno dei poveri delle periferie. Poi in India, dove diventa un arancione e cambia nome, Sonatano, eterna beatitudine. E poi nel 1981 vicino a Trapani fonda la comunità Saman, una comune arancione, tramutata poi in comunità terapeutica per il recupero di tossicodipendenti.
A metà degli anni ’80 inizia a lavorare come giornalista per Radio Tele Cine e attacca la mafia trapanese. Il 26 settembre 1988 è vittima di un agguatonon lontano dalla sede della Saman: viene colpito da otto colpi alla testa e alla schiene. Aveva 46 anni e pagava con la vita il suo impegno. Ma la morte sembrò quasi non essere sufficiente.
Qualche mese prima dell’agguato, Ristagno riceve una comunicazione giudiziaria. Il pentito “politico” Leonardo Marino si era autoaccusato dell’omicidio del commissario Calabresi e individuava nei vertici di Lotta Continua i mandanti dell’assassino.
Ristagno non sarà mai indagato, ma l’inchiesta gli dà notorietà: le testate nazionali lo intervistano e lui, per la prima volta, può raccontare gli affari della mafia trapanese che così supera la linea d’ombra, gli angusti confini della provincia.
Ristagno diventa pericoloso perché Trapani non vuole pubblicità. Così Cosa Nostra decide di eliminarlo in fretta.
E il copione si ripete. La pista mafiosa, benché evidente, non viene seguita. Come per Giuseppe Fava, Giancarlo Siani, Don Peppino Diana, la prima pista è quella passionale. Poi omicidio tra amici, poi ancora omicidio legato a Lotta Continua.
E il 7 luglio 1996, quando vengono arrestati sei appartenenti alla comunità Saman e Chicca Roveri, compagna di Ristagno, la stampa, quasi unanime, sbatte il “mostro” in prima pagina. Perché tanta violenza negli attacchi? Perhè il sospetto perenne? Mauro Ristagno incarnava dell’esperienza degli anni Settanta le lotte nonviolente in difesa dei diritti civili.aveva compreso che l’unico posto possibile era accanto agli ultimi.
Aveva compreso che un paese civile è un paese che recupera, non un paese che condanna, reclude e abbandona, come è diventato il nostro. Basta guardare lo stato in cui versano le carceri italiane. Mauro ci ha sbattuto in faccia in modo insopportabile la nostra schiavitù e la sua libertà. E per questo non bastava la morte, di Mauro bisognava distruggere tutto, anche il ricordo.






lunedì 17 settembre 2012

Dolcino e Margherita

Nell’anno giacomita 1260, un negoziante di Parma, Gherardo Segarelli, rinuncia ai suoi beni e fonda la setta degli apostolici. Alla morte di Gennaro Gegarelli, bruciato a Parma il 18 luglio 1300, un francescano dissidente, Dolcino da Novara, prende la testa degli Apostolici.

Dolcino e la sua compagna Margherita organizzano una comune contadina in cui, sotto il discorso millenarista, si delinea un programma di sopravvivenza collettivista che trova adesione fra le popolazioni delle Alpi, da Trento al Piemonte. Attorno alla coppia, gli apostolici sono chiamati a formare il nucleo di un mondo nuovo dove i beni di sussistenza sono messi in comune, la proprietà è abolita ed il matrimonio, che riduce la donna ad un oggetto di appropriazione, soppresso (ciò che la rimozione degli inquisitori traduce in termini di “stupro collettivo”).

Grazia al fondamentale aiuto, alla solidarietà delle popolazioni montane che li avevano accolti, ala sostanziale adesione che questa popolazioni avevano dimostrato alle loro idee antiautoritarie, per oltre due anni riuscirono a fronteggiare e sconfiggere gli eserciti sempre più potenti inviati dalla chiesa e dagli stati.

Furono infine sconfitti e tutti uccisi con l’eccezione di Dolcino e Margherita.. Fu chiamato Carnasco, quel piccolo ruscello. Il giovedì santo del 1307, la sua acqua divenne rossa come sangue, il sangue dei ribelli, il sangue degli eretici. Dolcino e margherita furono catturati vivi. Lo sarebbero rimasti per poco. La loro morte era già scritta, fu solo rimandata. Sarebbe stata molto più atroce, il 2 luglio 1307, dopo infinite torture, furono messi al rogo.

Le idee antiautoritarie dolciniane comunque resisteranno. Dolcino, Margherita e gli apostolici diverranno simboli di libertà ed emancipazione fino ad i giorni nostri, e la memoria popolare non li dimenticherà.

Nel 1907, per il seicentesimo anniversario della morte di Dolcino, alla presenza di una folla di diecimila persone riunitesi sui luoghi dell'ultima battaglia, un obelisco alto dodici metri fu eretto in memoria dei dolciniani. Nonostante il successo ottenuto nella ricorrenza non vi fu alcuna reale adesione popolare al "mito di Dolcino" e già l'anno successivo, nel 1908, le celebrazioni andarono pressoché deserte.
Nel 1927 l'obelisco fu abbattuto da un gruppo di fascisti. La volontà di riedificare il monumento acquistò grande valore simbolico dopo la caduta del regime fascista e nel 1974 un monumento più piccolo fu edificato nello stesso punto del monte Rubello. Da allora ogni anno, nella seconda domenica di settembre, viene organizzato un convegno dolciniano.
Nel 1977 Dario Fo e Franca Rame fecero tornare in auge, con la commedia teatrale Mistero Buffo, nella giullarata di Bonifacio VIII, la leggenda di fra' Dolcino e del suo maestro, visti come precursori del socialismo. Nel 1980 Umberto Eco inserì nella trama del celebre romanzo Il nome della rosa due personaggi (il cellario Remigio da Varagine e il suo aiutante Salvatore) che vengono giudicati (ed infine condannati al rogo) per il loro passato di seguaci dolciniani.

 

I cristiani sostengono che ebrei e mussulmani sono destinati all’inferno perché eretici.

Gli ebrei sostengono che cristiani e mussulmani sono destinati all’inferno perché eretici.

I mussulmani sostengono che cristiani ed ebrei sono destinati all’inferno perché eretici.

Non importa di che religione siate, andrete comunque all’inferno.

 

“Eresia” – dal greco haìresis, a sua volta dal verbo hairèo, “afferrare, prendere, scegliere”.

Dunque l’eretico è colui che sceglie, colui che è in grado di valutare, colui che in definitiva ha il coraggio di dissociarsi, di contrapporsi al pensiero comune, al pensiero dominante.

Eretici erano Dolcino e Margherita e i loro seguaci che resistettero, si contrapposero al potere fino alla morte.

Eretici siamo tutti noi che scegliamo, che resistiamo, che ci contrapponiamo al pensiero globale, al potere degli stati, delle religioni, delle finanze, al potere della merce, al potere dello spettacolo, della finzione.

Eretici siamo tutti noi che scegliamo di vivere in contrapposizione ad una logica di morte.

 





 

La mia solidale coscienza globale

Sono il residuo di un genocidio consumato dallo stesso nemico che nel corso dei secoli ha distrutto quasi del tutto la mia terra. Nelle vesti di multinazionali dell’atomo, dello sfruttamento idroelettrico, turistico, del militarismo e dei suoi poligoni, con l’inquinamento radioattivo, chimico, da carburazione industriale e metropolitana, l’ipersfuttamento boschivo e agricolo è responsabile storico della rapina della mia terra e del mio lavoro. È nella presa di coscienza del mio essere sfruttato, schiavo, ed espropriato, che semplicemente sono andato sino in fondo nel tentativo della mia liberazione e nel tentativo di contribuire con tutto me stesso alla liberazione della mia terra che ha ospitato e nutrito i miei avi.
La mia solidale coscienza globale. Coscienza della globalità del nemico e della sua guerra di sfruttamento e sterminio totale, non poteva che dirmi che la lotta contro di lui è un dovere per e su qualsiasi terra che mi ospita. Solo così riaffermo, comunque e ovunque la mia quotidiana e umana dignità. Responsabile, solidale, e comune con le mie sorelle e fratelli di ogni razza e lingua, oppresse e oppressi, sfruttate e sfruttati; solo così affermo la mia solidarietà con coloro che lottano, in qualsiasi modo lottino, solo così affermo la mia responsabilità, l’amore naturale e scontato per i nostri figli e per tutti i viventi di questo meraviglioso pianeta.

domenica 16 settembre 2012

Non tutte la talpe fanno dei danni - Matching Mole


Due talpe assonnate, con tanto di occhiali e vestaglia, sbucano da due buche del terreno ritrovandosi faccia a faccia. Così si presenta la copertina del primo omonimo album dei Matching Mole, gruppo che sfrutta per il nome un gioco di parole: «unione di talpe» inglesizza, in realtà, Machine Molle, titolo francese del romanzo di Burroughs The Soft Machine, ossia la band che ha dato la fama a Robert Wyatt. Verso la fine di ottobre del 1971 il batterista e cantante, nel pieno di quella creatività che miracolosamente lo conforta ancora, sentendosi inadatto ad una formazione sempre più proiettata verso il jazz, fonda i Matching Mole e si mette a scrivere in maniera compulsava, a punto che il primo l’album Matching Mole è, in gran parte, sua opera compositiva esclusiva nonostante i compagni di cordata di altissima scuola: alla chitarra Phil Miller, alle tastiere David Sinclair, al basso Bill MacCormick. La crema di Canterbury, insomma, per un album splendido in cui Wyatt domina fino a poter quasi parlare di un disco solista (che in realtà c’è stato qualche mese prima: The End Of An Ear). Matching Mole è un album tanto più epocale perché, nel rivelare finalmente appieno il talento di Robert Wyatt, tiene ancora lontana quell’atmosfera irresistibile, che caratterizzerà la pietra miliare Rock Bottom.
Prima di quello, però, c’è il tempo per la replica di gruppo, Matching Mole’s Little Red Records. «Il libretto rosso dei Matching Mole» si presta in copertina a un’altra presa in giro, con i musicisti nei panni dei soldati determinati a liberare l’isola di Taiwan, come da manifesto della Repubblica Popolare Cinese. C’è un cambiamento in formazione, con la fuoriuscita di Sinclair sostituito da David McRae. Il secondo album vede una totale coesione di gruppo: Wyatt preferisce concentrarsi sui testi e il canto (ovviamente stralunato: si ascolti Gloria Gloom), lasciando ai talentuosi compagni carta bianca per la composizione delle musiche.
Nell'autunno del 1972 Wyatt scioglie la band. In seguito avrebbe dichiarato che non si sentiva tagliato per fare il leader di una band, e che inoltre si erano presentati problemi con l'abuso di alcolici e di organizzazione che non ha saputo risolvere. Dopo due mesi a Venezia passati a comporre nuovo materiale, Wyatt torna in patria ed in primavera rifonda il gruppo rivoluzionandone la formazione, oltre a McCormick al basso, vi sono Gary Windo al sassofono e Francis Monkman alle tastiere. Quando i lavori per registrare il nuovo album sono a buon punto, il 1º giugno 1973, durante la festa di compleanno di Gilli Smyth, Wyatt cade da una finestra del terzo piano di un palazzo, rimanendo paralizzato dalla vita in giù. In seguito all'incidente è costretto su una sedia a rotelle e, non potendo più garantire la sua presenza in una band, abbandona il progetto Matching Mole. I brani che dovevano far parte del terzo album del gruppo verranno utilizzati per il suo secondo lavoro solista, l'apprezzato Rock Bottom del 1974.
Si chiude un’era e se ne apre un’altra, persino più importante. Il sound dei Matching Mole sarà contraddistinto dalle contaminazioni della fusion, ma lascerà grande spazio alla ricerca di nuove frontiere musicali ed alle capacità di improvvisazione degli artisti, permettendo a Wyatt di esprimere al meglio il suo talento vocale, e specialmente il loro primo album, resta consegnata alla storia del rock;

Discografia

1972 - Matching Mole
1972 - Little Red Record
1995 - BBC Radio 1 Live in Concert, (live del 1972)
2001 - Smoke Signals, (live del 1972)
2002 - March, (live del 1972)




Chi racconta la Storia?

Qualche giorno fa mi son voluto documentare un po’ di più sulla figura di Felice Orsini; vecchi ricordi scolastici, confermati dalla visione del film del 2010 “Noi credevamo” di Mario Martone, mi indicavano Orsini come l’esecutore dell’attentato a Napoleone III nel 1858. Per amore della Storia voglio ricordare che l’attentato nasceva nell’ambiente dei fuoriusciti italiani in Inghilterra; mente del complotto era stato Felice Orsini, membro di società segrete fin dal 1844 e già deputato alla costituente della Repubblica Romana nel 1849. Scampato alla repressione restauratrice aveva aderito alla mazziniana «Giovine Italia» e, per conto di Mazzini, aveva guidato numerosi moti rivoluzionari (Sarzana, Magra, Valtellina e Milano) tutti falliti. Nel 1857 Orsini ruppe i legami con Mazzini e cominciò a preparare l'assassinio di Napoleone III. Cause scatenanti dell'odio verso il monarca francese furono l'aver affossato la neonata Repubblica Romana e l'avere rotto il giuramento che lo legava alla Carboneria. La sera del 14 gennaio 1858, dopo averle progettate, confezionò cinque bombe con innesco a fulminato di mercurio, riempite di chiodi e pezzi di ferro, poi divenute una delle armi più usate negli attentati anarchici, col nome di "Bombe all'Orsini" insieme a Giuseppe Pieri, Carlo Di Rudio e Antonio Gomez, riuscì a scagliare tre bombe contro la carrozza dell'imperatore, giunta tra ali di folla all'ingresso dell'opéra di rue Le Peletier. L'attentato provocò una carneficina, con 12 morti e 156 feriti, ma Napoleone fu protetto dalla carrozza blindata e rimase illeso, così come l'imperatrice Eugenia, anche se sbalzata sul marciapiede e completamente coperta dal sangue delle vittime. Orsini e i suoi complici, favoriti dal panico scatenatosi, riuscirono a fuggire, ma vennero arrestati dalla polizia poche ore dopo, nei rispettivi alberghi. Nel processo che seguì, Orsini e Pieri vennero condannati a morte in quanto colpevoli di avere attentato alla vita del re, mentre agli altri cospiratori fu comminato l'ergastolo.
Esaurita la curiosità storica, nel libro che avevo in mano mi cade l’occhio su questa frase: “Orso Teobaldo Felice Orsini fu un patriota e scrittore italiano, noto per aver causato una strage, nel tentativo di assassinare l'imperatore francese Napoleone III”. Rimango sbigottito dalla parola “patriota” ….. ma come, fa fuori 12 persone ne ferisce più di 150 ed è un patriota mentre Gaetano Bresci che uccide solo Re Umberto I viene additato come terrorista?! Le insurrezioni, le rivoluzioni non sono mai state fatte e non si faranno mai con il lancio di petali di rose, ma con le armi e col sangue; nascono dallo sfruttamento, dal malcontento popolare; Orsini e Bresci hanno agito per lo stesso nobile scopo, combattere i repressori per la libertà e l’uguaglianza. Ma allora perché questa distinzione? Esistono bombe buone e bombe cattive? Certo che no, le bombe sono tutte uguali, quello che cambia è chi ti racconta e come racconta la Storia.
Chi comanda, chi governa manipola la storia. Naturalmente non può cambiare i fatti, ma li fa vedere sotto un’ottica diversa raccontandola a modo suo. Un esempio tipico è Mazzini: essendo repubblicano è stato perseguitato, condannato ed esiliato da Vittorio Emanuele II, le condanne subite in diversi tribunali d'Italia lo costrinsero alla latitanza fino alla morte, additato come elemento pericoloso, oggi si direbbe terrorista, e i libri di storia lo trattarono come tale. Questo fino al 2 giugno 1946 quando le cose son cambiate grazie alla vittoria della repubblica sulla monarchia nel 1° referendum popolare, da quel momento Mazzini viene rivalutato, non più criminale ma patriota tanto che, dopo qualche settimana, la sua mummia, fu sistemata ed esposta al pubblico in occasione della nascita della Repubblica Italiana.
Ci sono anche degli esempi attuali: durante il primo governo Berlusconi, la destra andando al potere, ha tentato di far passare come atto terroristico l’attentato di via Rasella a Roma fatto dai partigiani nel 1944, quasi volendo giustificare poi la rappresaglia nazista con l’eccidio delle Fosse Ardeatine; se non ricordo male è stato fatto un processo per l’attentato che fortunatamente si è risolto con un nulla di fatto, evitando di infangare i nomi dei partigiani. E lo stesso Berlusconi, non ha tentato varie volte di santificare il suo compare Bettino Craxi? E son sicuro che se la seconda guerra mondiale fosse finita in modo diverso con la vittoria dei nazi-fascisti, i partigiani sarebbero stati colpevolizzati di terrorismo e coperti di infamia.

Questo sta a dimostrare che è il popolo che fa la storia ma sono i governanti che la raccontano.