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domenica 27 maggio 2012

La Comune di Parigi, primo autogoverno popolare

Lo sfondo storico
Nella seconda metà dell’ottocento il nazionalismo autoritario francese, che rifletteva le ambizioni della borghesia arricchitasi a spese del popolo ed il parassitismo della corte imperiale, aveva spinto i francesi in una serie di guerre per estendere i confini della Francia. Cominciò una sanguinosa guerra con la Prussia, governata da Bismark, una potenza europea in ascesa che doveva ancora completare la sua unificazione nazionale e che vedeva nella Francia l’ostacolo ai suoi progetti.
Il 2 settembre 1870 l'imperatore Napoleone III, sconfitto nella battaglia di Sedan, si arrese ai prussiani. Due giorni dopo i repubblicani di Parigi con una rivoluzione incruenta decretarono la fine dell’impero e proclamarono la nascita della Terza Repubblica. Sotto la guida di un governo provvisorio resistettero al nemico sino al gennaio del 1871, quando la capitale fu costretta a capitolare dopo un assedio di quattro mesi. I parigini avevano resistito combattendo con un corpo di volontari armati, la Guardia Nazionale.
Nelle elezioni del febbraio '71 vinsero i conservatori eleggendo Adolphe Thiers, tipico rappresentante della Francia moderata, che voleva riappacificarsi con la Prussia accettando le durissime condizioni di Bismark (che prevedevano l'ingresso delle truppe tedesche nella capitale).
La borghesia però non aveva fatto i conti con gli gente che non volevano farsi mettere il piede sul collo, considerandosi solo in stato di armistizio con i prussiani. Dopo il crollo dell'impero e la resa alla Prussia di Bismark, la Guardia Nazionale infatti aveva conservato il suo armamento ed eletto un Comitato Centrale.
Lo scontro fra Parigi rivoluzionaria e patriottica e la borghesia conservatrice e traditrice era inevitabile. La rottura definitiva con Thiers si ebbe quando il governo, che aveva sede a Versailles, pretese la consegna delle armi e, in particolare, dei cannoni installati sull'altura di Montmartre.
Nel marzo del 1871, mentre il governo di Thiers stava ancora negoziando una pace ingiusta con Bismark, i parigini, che avevano acquistato una determinazione ed una autonomia politica assai più elevata che nel passato, insorsero e dettero l'assalto al potere borghese prendendo nelle loro mani il potere politico.
Il 26 marzo fu eletta ed il 28 proclamata la Comune che nel giro di poche settimane realizzò il più radicale ed avanzato esperimento di democrazia rivoluzionaria e libertaria fino ad allora realizzato. Una sfida all’ordine politico e sociale della borghesia che dominava incontrastata in Europa.

Composizione di classe e programma
Da chi era composta la Comune? il movimento parigino era composto quasi esclusivamente di operai o di rappresentanti degli operai e degli strati popolari. Gli abitanti dei quartieri ricchi avevano infatti abbandonato i quartieri "bene" della capitale.
Il Consiglio della Comune era un governo composto da "uomini qualsiasi", semplici operai, piccoli impiegati ed artigiani, assolutamente sconosciuti ai più. Non c'erano personaggi famosi, professionisti affermati, imprenditori, alti ufficiali, politici di professione. Erano cittadini che non si subordinavano alla volontà del potere, dei capitalisti, dei preti, dei ricchi ma obbedivano soltanto alla volontà del popolo, e lavoravano per affermare gli obiettivi decisi dalle masse.
La Comune non fu un organismo di tipo parlamentare come quelli che siamo abituati a vedere negli stati borghesi. Essa riuniva in se l’aspetto legislativo e quello esecutivo.
I suoi membri appartenevano a diverse correnti politiche. La maggioranza era costituita seguaci del rivoluzionario Louis-Auguste Blanqui, socialisti più per istinto di classe che per coscienza scientifica. La minoranza era invece composta prevalentemente da seguaci di Pierre-Joseph Proudhon, membri della sezione francese dell'Associazione internazionale dei lavoratori. Altri erano giacobini, altri erano ancora erano rivoluzionari indipendenti, o radicali.

Nei suoi primi giorni di vita la Comune propose misure a beneficio dei lavoratori e votò provvedimenti quali:
- l'abolizione dell’arruolamento obbligatorio e dell’esercito permanente e la sua sostituzione con una struttura armata popolare, la Guardia Nazionale, composta da tutti i cittadini abili alle armi;
- l'elezione per tutti gli impieghi amministrativi, giudiziari, educativi con suffragio generale degli interessati e diritto permanente di revoca;
- la retribuzione di tutti gli incaricati di un servizio pubblico con stipendio non superiore al salario di un operaio qualificato;
- la totale separazione della Chiesa dallo stato, l’abolizione dei versamenti statali a scopi religiosi, l’esproprio di tutti i beni ecclesiastici e la proibizione di crocefissi, preghiere e immagini sacre nelle scuole;
- la collettivizzazione delle fabbriche abbandonate dai padroni, che dovevano essere riunite in società cooperative;
- l'occupazione degli appartamenti liberi, la sospensione delle sentenze di sfratto e morosità ed il condono di tutti gli affitti dall’ottobre 1870 fino all’aprile 1871, stabilendo che quelli già pagati valevano come acconto per il futuro;
- la radicale riforma dell'insegnamento, che prevedeva l'istituzione dell'istruzione gratuita, laica ed obbligatoria e la diffusione di scuole femminili e professionali;
- l’abolizione del lavoro notturno dei fornai, l’abolizione delle multe e delle riduzioni dei salari;
- l’abolizione dei "caporali" dell’epoca, cioè di sensali nominati dalla polizia che effettuavano la registrazione degli operai e li sfruttavano;
- la rimessa ai depositanti di tutti gli oggetti del Monte di Pietà che non avessero un valore superiore ai 25 franchi e la sospensione delle vendite;
- l'abolizione del giuramento politico e professionale.
Questi provvedimenti, che hanno un chiaro carattere anarchico e mantengono per molti aspetti una straordinaria attualità, furono adottati in poche settimane e per giunta in una città assediata da due eserciti. A questi si aggiunsero gli altri decreti concernenti i servizi pubblici, l'approvvigionamento di Parigi assediata, le ambulanze, l'assistenza pubblica, la direzione dei musei e della biblioteca. La Comune fu volta verso l'emancipazione completa delle donne che ebbero un ruolo molto importante in quel periodo di lotta. Fu tra l’altro soppressa ogni distinzione tra figli legittimi e naturali, tra sposati e conviventi.
La Comune prese anche iniziative simboliche come l'incendio della ghigliottina sotto la statua di Voltaire, la distruzione della cappella costruita a "riparazione" della esecuzione di Luigi XV, la conferma di tutti gli stranieri eletti nelle loro cariche, per sottolineare il carattere internazionalista della insurrezione. Infine l'abbattimento della colonna Vendome, costruita con il bronzo fuso dei cannoni di Napoleone, simbolo dello sciovinismo e della istigazione all’odio fra i popoli.
Certo, la Comune non fu che un inizio, poiché mancò il tempo per il suo sviluppo. Ma quale inizio! Ancora oggi il suo esempio positivo ci mostra quali devono essere i caratteri della convivenza e del mutuo appoggio, quali enormi potenzialità ha il popolo nel momento in cui crea un stato di autogestione e di partecipazione attiva alla vita sociale, diverso e superire rispetto al corrotto potere borghese.

La repressione
Di fronte al primo "assalto al cielo" degli sfruttati la classe dominante, terrorizzata da tanta consapevolezza e volontà di lotta preparò ed attuò la sua vendetta, per infliggere una punizione furiosa e crudele a chi aveva osato levarsi in piedi contro il suo potere con obiettivi e rivendicazioni indipendenti e liberi. Per prima cosa Il governo Thiers ottenne dal vecchio nemico Bismark la restituzione dei prigionieri di guerra e li riorganizzò in vista della repressione, procurandosi di poter passare sul territorio controllato dai prussiani. Per sei settimane a partire dal 2 aprile Parigi fu bombardata dalle forze controrivoluzionarie che fino a poco prima avevano strepitato contro la profanazione della città. Le sue difese furono piegate all'inizio di maggio.
Alla fine del mese di maggio, decine di migliaia di soldati comandati dal generale Mac Mahon, gli stessi che si erano arresi ai nemici prussiani, sferrarono un attacco decisivo contro Parigi e in una settimana (21/28 maggio), ricordata come la "Settimana di sangue", riuscirono a sconfiggere i comunardi.
Nonostante la disparità delle forze la Comune fu difesa strada per strada, barricata per barricata. Gli eroici difensori della Comune risposero finché poterono colpo su colpo. Indietreggiando incendiarono il palazzo delle Tuileries e l'Hòtel de Ville, uccidendo gli ostaggi che più rappresentavano il potere conservatore e repressore, come alti ufficiali o l'arcivescovo di Parigi. La controrivoluzione borghese fu spietata, anche dopo la caduta delle ultime resistenze. I versagliesi compirono un vergognoso massacro, fucilando chiunque avessero catturato, compresi donne e bambini, compiendo innumerevoli esecuzioni sommarie (circa trentamila persone vennero passate per le armi senza alcun processo).
Al cimitero di Père-Lachaise circa 5000 persone furono mitragliate in un sol giorno. Diverse decine di migliaia furono i condannati e i deportati ai lavori forzati, molti dei quali poi vennero assassinati. Parigi perse almeno centomila suoi figli.

La fine
Il 21 maggio 1871, dopo un mese di assedio, la controrivoluzione entra a Parigi. Dopo una settimana di durissima repressione (la «settimana di sangue»), domenica 28 maggio la Comune capitola definitivamente. Mentre a La Roquette vengono fucilati 1.900 comunardi, l'ultimo quadrilatero di Belleville, dove combattono anche i delegati Théophile Ferré, Charles Gambon ed Eugène Varlin, cade alle due del pomeriggio, quando dalla barricata di rue de Ramponneau un anonimo comunardo, che ha resistito da solo per un quarto d'ora, spara l'ultima fucilata e si dilegua.
Finisce in questo modo il primo esperimento socialista ed anarchico della storia moderna: la Comune di Parigi.
Bisogna notare che dopo questa esperienza la città fu sventrata con interventi urbanistici radicali: strade larghe per rendere difficile il blocco con barricate. Tutte le altre metropoli europee adottarono in seguito simili "accorgimenti" utili ai governanti per difendere militarmente il suo potere. La chiesa da parte sua costruì la cattedrale del Sacro Cuore per celebrare l’assassinio di quei "criminali che opprimevano Parigi".
La repressione sanguinaria contro la Comune mostrò la volontà della borghesia (che si compattò nell’occasione in unico fronte internazionale) di dare un colpo definitivo al movimento rivoluzionario del proletariato. Mostrò per la prima volta di quali nefandezze, di quale violenza reazionaria è capace la classe dominante quando il proletariato mette in pratica i suoi diritti e le sue aspirazioni.

Cosa rappresenta la Comune
La semplice esistenza di un governo popolare sia pure in una sola città ricordava a tutti gli sfruttati che il regime ingiusto ed oppressivo poteva essere abbattuto, che i lavoratori potevano essere i padroni della società, facendo a meno dei governanti.
La Comune ha rappresentato il primo esempio di autogoverno libero (libertario) e democratico (si dice che fu nelle barricate parigine che si videro sventolare le prime bandiere nere.)
In effetti la Comune ha rappresentato il primo esempio società anarchica. Fu il primo riuscito tentativo del popolo di rovesciare il sistema di sfruttamento e di oppressione e di impossessarsi del potere per operare una profonda trasformazione sociale.
La vicenda della Comune dimostra che il popolo non può semplicemente impadronirsi della vecchia macchina statale borghese, repressiva e sfruttatrice, bensì deve costruire una società radicalmente nuova sulle macerie del vecchio ordinamento.
La Comune non aveva altra forza che non fosse la grande autorità morale, il consenso del popolo che per la prima volta era davvero l’unico sovrano. Tutto si faceva per strada, nei comizi, senza diplomazia segreta e senza gli intrighi parlamentari e di corridoio.
Certamente i comunardi parigini speravano che il loro esempio fosse imitato dalle altre città francesi. Ma gli appelli lanciati da Parigi agli altri comuni di Francia perché si associno alla capitale in una libera federazione caddero nel vuoto A Lione, Marsiglia, Tolosa i tentativi furono repressi.
Non fu possibile andare più in là con i soli appelli, provocando un moto generalizzato ed alleandosi con la campagna, a causa della situazione oggettiva che c'era nella Francia di allora, occupata da truppe straniere e sottoposta alla egemonia dei moderati.
Due mesi di tempo allora furono necessari alla borghesia francese per riorganizzare le sue forze e procedere alla controrivoluzione, sotto la sguardo compiaciuto dei rivali tedeschi che ovviamente lasciarono mano libera a Thiers, preoccupati del fatto che anche in casa loro gli operai avrebbero potuto seguire l’esempio.
Come sarebbe stato possibile ribaltare le sorti della rivoluzione? In un solo modo. Non accontentandosi della vittoria a Parigi e passando subito all’offensiva, cioè puntando decisamente su Versailles, scatenando quella guerra civile che Thiers aveva nei fatti già cominciato; perseguendo tenacemente nel vivo dello scontro una alleanza, sotto la direzione del proletariato urbano, con la massa dei contadini oppressi dal capitalismo (erano circa i due terzi della popolazione) sulla base un programma rivoluzionario che li liberasse dal peso delle ipoteche, delle imposte, dell’usura.
Un grave errore delle Comune fu quello di non impadronirsi delle riserve monetarie, i tre miliardi della Banca di Francia. Si lasciò così una potente arma nelle mani del governo di Versailles, che valeva più di ogni altro ostaggio.
La Comune vive e vivrà sempre nel cuore degli anarchici. È stato il primo esempio di autogestione di massa. Per la prima volta una intera città ha fatto a meno dei governanti, organizzandosi in assemblee popolari dove si decideva democraticamente lo svolgimento delle attività comuni. Dal 18 marzo al 28 maggio del 1871 i comunardi hanno dimostrato che si può fare a meno di parlamentari e di cariatidi che si attaccano alla poltrona del comando difendendola con leggi opprimenti, servendosi di esercito e forze dell’ordine …il loro ordine! Una società libertaria è possibile, d'altronde anche in Spagna nel 1936 è stato provato, ed anche qui l’idea di libertà e di uguaglianza è stata repressa con una violenza inaudita.

Contro tutte le guerre!

sabato 26 maggio 2012

Esaminiamo l’aggettivo “rivoluzionario”

L’Italia degli anni Settanta sfornò una quantità di tali militanti. Oggi questo attributo è vago e subordinato a quello di terrorista. Oggi siamo nell’epoca di chi chiama terrorista pure una banda di tifosi che si scontrano con la polizia. Delirio o farsa, è che lo fa un magistrato.
Allora bisogna occuparsi di aggettivi. Terrorista è il bombardamento aereo di una città. Non ha altro scopo fuori di quello di procurare strage a casaccio e seminare terrore tra indifesi e inermi. Il terrorismo comincia a Guernica nel 1937, sotto le bombe sganciate dalle ondate di attacchi della divisione Condor della Luftwaffe sopra un obiettivo civile che non aveva nulla di strategico, in un giorno di mercato. Rispetto a questo terrorismo, tutto quello che oggi va sotto questo nome è sfumatura.
In Italia c’è stato il terrorismo ed è stato di Stato. È stato di Stato: uno Stato al quadrato. Alimentato da apparati interni alle pubbliche istituzioni, con esplosivo scoppiato sui treni, in piazze, dentro banche: è rimasto impunito. Consiglio perciò questa facile distinzione: considerate terroristi gli impuniti di stragi. La loro impunità garantisce l’aggettivo.
Secondo termine da definire: rivoluzionario. Non ha niente da spartire con lo scalmanato, il ribelle, l’attaccabrighe, il clandestino. È stata una lunga specializzazione pubblica, dal basso, che si è urtata contro tutti i poteri costituiti, senza mediazione.
Il Partito Comunista italiano non fu mediatore, ma nemico storico e giurato di tutto quello che si muoveva fuori di sé alla sua sinistra. La Terza Internazionale, apparato sovietico che legava a sé tutti i partiti comunisti, lo aveva dimostrato eliminando fisicamente gli anarchici durante la guerra civile spagnola. Il PCI veniva da questa lezione e la proseguiva. In tutto l’arco parlamentare non c’era un cane che mediasse tra le istituzioni e i rivoluzionari italiani degli anni Settanta.
Ma le lotte sociali dei rivoluzionari non avevano obiettivi estremisti. Si organizzavano autoriduzioni collettive, si organizzavano occupazioni di case lasciate vuote da speculatori, per chi non aveva un tetto, si lottava in fabbrica per migliorie di ambiente e sicurezza, nell’esercito contro l’arretrato trattamento del soldato di leva. I rivoluzionari puntavano a obiettivi pratici e moderati. Ma la repressione contro di loro fu massiccia e smisurata, così da trasformarli lentamente in rivoluzionari a tempo pieno. I militanti della sinistra rivoluzionaria italiana sono stati i più incarcerati per motivi politici di tutta la storia d’Italia; molto più in termini di detenzione dei prigionieri del ventennio fascista.
Questo è per aggiornare un po’ il vocabolario.

Placido Rizzotto


 

(Corleone, 2 gennaio 1914 – Corleone, 10 marzo 1948) è stato un sindacalista, rapito e ucciso a 34 anni dalla mafia per il suo impegno, a partire dal 1945, a favore del movimento contadino contro la mafia e il latifondo per l'occupazione delle terre. Da segretario della Camera del lavoro di Corleone, organizza la rivolta per l’occupazione delle terre che erano in mano ai mafiosi, sostenuti dal boss nascente Luciano Liggio.
Primo di sette figli, perse la madre quando era ancora bambino. In seguito all'arresto del padre, con l'accusa di far parte di un'associazione mafiosa, fu costretto ad abbandonare la scuola per occuparsi della famiglia. Durante la seconda guerra mondiale prestò servizio nel Regio Esercito sui monti della Carnia, in Friuli Venezia Giulia. Dopo l'8 settembre si unì ai partigiani delle Brigate Garibaldi come socialista.
Rientrato a Corleone al termine della guerra, iniziò la sua attività politica e sindacale. Ricoprì l'incarico di Presidente dei reduci e combattenti dell'ANPI di Palermo e quello di segretario della Camera del lavoro di Corleone. Fu esponente di spicco del Partito Socialista Italiano e della CGIL. Venne rapito nella serata del 10 marzo 1948, mentre rientrava da una riunione politica con alcuni compagni di partito. Mentre veniva assassinato, il “pastorello” Giuseppe Letizia assistette al suo omicidio di nascosto e vide in faccia gli assassini e per questo venne ucciso con un'iniezione letale fattagli dal boss e dottore Michele Navarra, il mandante del delitto di Placido Rizzotto.
Le indagini sull'omicidio furono condotte dall'allora capitano dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. Sulla base degli elementi raccolti dagli inquirenti, vennero arrestati Vincenzo Collura e Pasquale Criscione che ammisero di aver preso parte al rapimento di Rizzotto in concorso con Luciano Liggio. Grazie alla testimonianza di Collura fu possibile ritrovare alcune tracce del sindacalista ma non il corpo, che era stato gettato da Liggio nelle foibe di Rocca Busambra, nei pressi di Corleone. Criscione e Collura, insieme a Liggio che rimase latitante fino al 1964, furono assolti per insufficienza di prove, dopo aver ritrattato la loro confessione in sede processuale.
A 64 anni dalla sua scomparsa, la polizia scientifica di Palermo è riuscita ad attribuire a Placido Rizzotto, alcuni resti ossei ritrovati il 7 settembre 2009 proprio nel posto in cui il cadavere di Rizzotto venne gettato dal boss di Corleone Luciano Liggio.Una scoperta eccezionale dopo anni di appelli da parte della famiglia Rizzotto, che ha chiesto di far luce sulla scomparsa dei resti che erano stati recuperati nel 1949 durante le indagini condotte da Dalla Chiesa. "A Corleone - ha più volte ribadito il nipote di Rizzotto, che porta lo stesso nome del sindacalista - i mafiosi hanno tutti una tomba nel cimitero. Placido Rizzotto ancora no". Il 9 marzo 2012 l'esame del DNA, comparato con quello estratto dal padre Carmelo Rizzotto, morto da tempo e riesumato per questo scopo, ha riscontrando una compatibilità del 76 per cento, ritenuta elevatissima in casi come questo, confermando che i resti trovati il 7 settembre 2009 presso le foibe di Rocca Busambra a Corleone appartengono a Placido.
Il 16 marzo 2012, lo Stato che per anni lo aveva dimenticato tramite il Consiglio dei Ministri ne ha deciso i Funerali di Stato, svolti a Corleone il 24 maggio 2012 alla presenza del Presidente della Repubblica.

La sua vita è stata raccontata al cinema nel film Placido Rizzotto di Pasquale Scimeca uscito nel 2000 e girato nel paese madonita Isnello. La pellicola è stata al centro di polemiche per non aver fatto alcun riferimento alla militanza politica di Rizzotto nel Partito Socialista Italiano ed accusata di aver costruito l'immagine di un Rizzotto comunista. Emanuele Macaluso ed altri intellettuali d'area socialista hanno più volte ribadito la convinta adesione di Placido Rizzotto ai valori del socialismo democratico, testimoniata durante tutta la sua attività politica ( … mi chiedo che importanza può avere l’adesione politica di un uomo che ha sacrificato la sua vita per combattere la mafia, senza rendersi conto che Placido Rizzotto ha aderito, in primo luogo, alla lotta contro lo sfruttamento e per l’uguaglianza dei lavoratori. I bigotti dei politici non capiscono che non è importante se hai e quale tessera di partito hai, ma che è importante la lotta, l’azione per il bene e l’interesse sociale.) …

Carlo Lucarelli ne ha parlato in Terra e libertà Storie di bande criminali, di mafie e di persone oneste.


La vita di Rizzotto è anche brevemente narrata nella mini serie TV Il capo dei capi.

La cooperativa siciliana Libera Terra produce e commercializza due vini denominati Placido Rizzotto Bianco e Placido Rizzotto Rosso provenienti da vigne confiscate alla mafia.

venerdì 11 maggio 2012

Presentazione


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